2019-11-05
Il Rottamatore non può far finta di niente
Se le accuse fossero confermate, saremmo davanti a reati gravissimi. Ma dal punto di vista politico la posizione della parlamentare renziana Giuseppina Occhionero è già pessima: alla luce delle intercettazioni, pare inverosimile che fosse all'oscuro di tutto. Il capo chiederà le dimissioni? Giuseppina Occhionero, molisana, 41 anni, avvocato, nel 2018 eletta alla Camera nelle liste di Liberi e uguali, ma salita di recente sul carro di Italia viva, il partito di Matteo Renzi, non risulta indagata nella vicenda giudiziaria che ieri ha portato in carcere il suo ex assistente parlamentare, Antonino Nicosia, quarantottenne di Sciacca (Agrigento). Al momento si sa solo che la deputata sarà «presto interrogata» come testimone dai pubblici ministeri di Palermo che conducono l'inchiesta: il procuratore Francesco Lo Voi, l'aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gery Ferrara e Francesca Dessì.Resta il fatto che il caso è più che grave. Nicosia avrebbe avuto incontri in carcere con alcuni boss mafiosi, sfruttando il vantaggio tecnico e «politico» di entrare negli istituti di pena assieme alla deputata, in quanto le visite dei parlamentari e dei loro assistenti non sono soggette a permessi da parte del ministero della Giustizia. Grazie a questo ruolo, secondo l'accusa, Nicosia avrebbe fatto da tramite tra i detenuti e le cosche, ma avrebbe fatto anche business in società con il «boss di Sciacca», Accursio Dimino, intrecciato affari con i clan americani e perfino riciclato denaro sporco.Com'è ovvio, si vedrà in tribunale se tutte queste accuse hanno un fondamento. Anche a essere garantisti a tutto tondo, però, lo scandalo provoca uno sconcerto che si riverbera sulla parlamentare Occhionero. Ci sono intercettazioni, infatti, nelle quali Nicosia definisce il boss Matteo Messina Denaro «il nostro primo ministro» o «San Matteo», ed esprime giudizi sprezzanti su Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i magistrati uccisi dalla mafia cui è stato intitolato l'aeroporto di Capaci: «A quell'aeroporto bisogna cambiare il nome», sostiene Nicosia in una telefonata. E aggiunge: «Non va bene «Falcone e Borsellino»... Perché dobbiamo sempre arriminare (cioè mescolare, ndr) la stessa merda? Sono vittime di un incidente sul lavoro, no?». Ed è vero che, al momento, la Procura di Palermo non individua responsabilità penali per la Occhionero, che dalle carte risulta avere interrotto il rapporto di collaborazione con Nicosia nel maggio scorso. Ma intanto il suo ruolo politico è colpito al cuore. Nell'ordinanza si legge infatti che, «grazie ai rapporti stretti con l'On. Occhionero, il Nicosia è riuscito ad accreditarsi presso diverse strutture penitenziarie e a fare visita a mafiosi detenuti, a scopi certamente estranei a quelli, dichiarati, della tutela dei loro diritti». Anche se tutto questo fosse stato dettato da ingenuità, purtroppo, si tratterebbe di un difetto che in un parlamentare non è ammissibile. Tanto più che stiamo parlando di Cosa nostra.Del resto, nell'ordinanza della Procura di Palermo compare più di una conversazione che rischia di creare problemi alla stessa Occhionero. Il 22 dicembre 2018, per esempio, Nicosia era entrato nel carcere di Trapani, dove aveva incontrato Simone Mangiaracina, boss di Sciacca (Agrigento): al detenuto, secondo l'ordinanza, Nicosia aveva «richiesto informazioni sulle condizioni e sulle intenzioni di Domenico Maniscalco (un imprenditore di Sciacca indagato per mafia, ndr), apprendendo in quella sede che egli era stato appena scarcerato». L'indomani, in una conversazione intercettata con la Occhionero, i pm scrivono che Nicosia «intimava alla parlamentare di evitare di citare, durante le loro eventuali e future conversazioni telefoniche, i nomi dei mafiosi, posto che il riferimento a soggetti del calibro di Mangiaracina avrebbe rischiato di esporre entrambi a possibili ripercussioni giudiziarie». Si leggono parole forti: «Non è che al telefono mi chiedi queste cose, neanche per scherzo», ammoniva Nicosia, «perché vedi che andiamo veramente a finire al Pagliarelli (il carcere di Palermo, ndr)». Non è dato sapere quale sia stata la risposta della Occhionero.Si sa da un'altra intercettazione del 15 febbraio 2019, però, che la deputata renziana era perfettamente al corrente del fatto che il suo collaboratore avesse portato in carcere a Santo Sacco, un altro condannato per mafia considerato vicino a Messina Denaro (lo stesso Nicosia lo definisce più di una volta «il braccio destro di San Matteo») «una lettera scritta su carta intestata della Camera dei deputati, una lettera che, come espressamente previsto […] non è sottoposta né a limitazioni né a controlli». Secondo i magistrati, la Occhionero era pienamente consapevole che Nicosia fosse «addirittura riuscito a procurarsi uno strumento sottratto direttamente dalla legge a qualsiasi verifica, per comunicare con i mafiosi detenuti»: un blocchetto di carta intestata della Camera. Lo scambio intercettato è molto ambiguo: Nicosia rivela alla parlamentare di aver consegnato la carta intestata a Sacco, in carcere. La Occhionero chiede: «Gli è piaciuta?». L'assistente risponde: «Ma certo…». La parlamentare esclama: «Bravo!». E Nicosia aggiunge: «Con la firma sotto perché ho firmato tutte e due, gli ho messo “Onorevole"… e lui questa cosa la porterà in giro come una fidanzata». La Occhionero replica: «Amoooreee», e gli inquirenti aggiungono la postilla esplicativa «in senso di compassione per Sacco».Se tutto questo è vero, se davvero una parlamentare della Repubblica ha pronunciato queste parole, ce n'è abbastanza per chiedere le sue dimissioni.