2022-04-15
Il rischioso gioco di Crédit Agricole. Socio e controparte di Banco Bpm
L’istituto francese punta a polizze e soldi del Nord Italia. In vista l’unione bancaria che potrebbe favorire i transalpini.Alla fine i francesi di Crédit agricole non l’hanno presa nemmeno tanto alla larga. A pochi giorni dal blitz su Banco Bpm appare chiaro che il boccone succulento sia il pacchetto delle polizze che costituiscono la cosiddetta «bancassurance» con le relative fabbriche prodotto. Banco Bpm ha annunciato a inizio settimana l’esercizio dell’opzione di acquisto della quota dell’81% di Bipiemme Vita, joint venture bancassicurativa con Covea, a un costo stimato di 310 milioni di euro.La banca in questo modo ha accelerato sull’internalizzazione del business assicurativo. Ieri, però, Reuters ha diffuso una agenzia confermando quanto era già nell’aria. Anche Crédit agricole intende fare un’offerta per una partecipazione di maggioranza del business bancassicurativo di Banco Bpm. La Banque Verte è pronta a competere con Axa o altri possibili pretendenti per prendere una quota di controllo una volta che Banco Bpm avrà preso la piena proprietà delle attuali partnership. Mentre il Crédit Agricole mirava a impegnarsi in colloqui sul business che è valutato in circa 1,5 miliardi di euro, è probabile che Banco Bpm inizi un processo di gara formale coinvolgendo altri attori interessati, riporta l’agenzia citando fonti a conoscenza. «Colloqui esclusivi tra Crédit agricole e Banco Bpm solleverebbero questioni normative tra parti correlate», scrive l’agenzia. Toccando uno dei tasti delicati della scalata dei francesi a Banco Bpm. La banca guidata in Italia da Giampiero Maioli ha comunicato d’improvviso di aver acquistato il 9,2 dell’istituto lombardo veneto. È riuscita nell’impresa di non destare sospetti né interventi della Consob grazie all’aiuto dell’advisor Jp Morgan che ha portato notte tempo un pacchetto di oltre il 6%. In questo modo i francesi sono diventati i primi azionisti senza sollevare clamore e fermandosi giusto sotto la quota del 10. Soglia oltre la quale scatterebbe il potenziale esercizio del golden power. I manager dovrebbero comunicare al governo obiettivi e strategie per ottenere l’ok. Al tempo stesso scoprirebbero le carte rispetto agli avversari, le altre banche italiane. Ma la soglia del 10 è un confine importante ai fini dello statuto dell’istituto. Sopra, le regole che definiscono le parti correlate sono molto più rigide. Invece con un bel 9,2%, Crédit agricole può vedere tutto ciò che si muove attorno alla banca e al tempo stesso essere socio e contro parte. Ciò che si verificherà nella eventuale trattativa per costituire la joint venture sulle polizze, uno dei tre pilastri che oggi consentono alle banche di marginalizzare. Il primo è quello del credito al consumo. Che Banco Bpm già condivide con i francesi Agos. L’altro è l’asset management e nel caso specifico ci riferiamo ad Anima. Il terzo è appunto il comparto delle polizze vita. Questo mondo - non vale solo per l’Italia - è composto da partnership delicate e di lunghissimo termine. In molti casi consentono alla banca di portare a casa al momento della stipula ingente capitale (fee upfront, ndr) a fronte però di una cessione alla controparte di margini sula vendita e quindi guadagni. Il vertice di Banco Bpm, compreso Giuseppe Castagna, aveva più volte fatto sapere al mercato che avrebbe internalizzato la cosiddetta «fabbrica prodotto», dimostrando implicitamente di non aver bisogno di capitalizzare nel breve e di puntare a far soldi nel lungo termine. Adesso sembrano cambiati gli obiettivi: sarebbe interessante capire se l’eventuale gara sarà vinta da Crédit agricole e a quali condizioni. Il tutto in un momento complesso perché il Consiglio è sotto revisione e il piano del 2020 scade appunto l’anno prossimo. Vale la pena ricordare che all’ultima assemblea dell’istituto guidato da Castagna ha votato soltanto il 35,5% delle azioni totali. Tra queste, i voti favorevoli sono stati l’82%, ma - tradotti sul totale - non si supera il 29%. È chiaro che i francesi da soli con il loro 9,2% (almeno se in futuro saranno rispettate le proporzioni) peseranno da soli un terzo del voto. Per tutti questi motivi, poco importa quanto i nuovi soci del comparto polizze saranno disposti a mettere sul piatto: conta cosa vorranno fare del futuro di tutte queste marginalità che toccano il cuore del Paese produttivo. Al tempo stesso la Consob dovrebbe chiedersi chi ha fornito al Messaggero l’informazione sensibile mirata a far saltare l’Opa dell’italiana Unicredit. Perché quella soffiata ha consentito ai francesi di superare Unicredit (azzoppata anche per la guerra in Ucraina) in questa gara a gestire la ricchezza del Nord Italia. L’interrogativo ha duplice valore, perché in ballo c’è una questione ben più ampia e che non riguarda certo soltanto Banco Bpm.Il trattato del Quirinale firmato in tutta fretta dal governo prevede che vengano istituiti numerosi tavoli di lavoro. Uno di questi riguarda l’Unione bancaria. L’obiettivo è trovare tra Roma e Parigi un testo condiviso per poi portare a Bruxelles una istanza unica e fare lobby in modo sinergico. I temi bollenti sono la definizione di rischio zero per i titoli di Stato (a cui i Paesi del Mediterraneo si sono sempre opposti) e la possibilità di appostare depositi e raccolta fatta in un Paese a beneficio della holding della casa madre. Facile immaginare che succederebbe se le banche francesi potessero usare la ricchezza degli italiani per sistemare in patria le proprie posizioni e non solo per allocare investimenti. Chi ha i soldi comanda. Far comandare un’altra nazione con i propri soldi, però, è un suicidio. È chiaro che nel risiko bancario e soprattutto assicurativo c’è in ballo una fetta di sovranità nazionale. Chi sarà indicato per sedersi al tavolo del trattato del Quirinale? E cosa ne pensa il Mef della sortita di Crédit agricole? Domande scottanti.