2021-03-24
Berlino mette le mine sotto il Recovery
Ursula von der Leyen (Ansa)
Lo «Handelsblatt» dà conto delle perplessità della Germania, mentre metà dei Paesi è indietro con le ratifiche Intanto l'Ue fa propaganda sul Sure. Il ministro Daniele Franco ambiguo: uscita graduale dagli aiuti «verso fine anno»Andrea Enria, presidente del consiglio di sorveglianza della Bce, lancia l'allarme sui crediti deteriorati: «Certi istituti non possono resistere sul mercato a lungo»Lo speciale contiene due articoliOrmai il Recovery fund assomiglia sempre più all'armata Steiner, esistente solo sulla carta ma su cui Hitler contava nell'aprile 1945 per liberare Berlino dai sovietici, che in pochi giorni avrebbero invece issato la bandiera rossa sul Reichstag. Se Handelsblatt, principale quotidiano economico tedesco lunedì si è chiesto testualmente se il fondo fallirà, mentre quasi contemporaneamente da Bruxelles è stata messa in onda la propaganda mistificatrice per illustrare i presunti vantaggi dei prestiti erogati con lo strumento Sure, allora la situazione è grave e anche seria.L'articolo citato ha riferito i dettagli del dibattito parlamentare in corso per la ratifica della decisione del Consiglio di dicembre scorso, che stabilisce le modalità di finanziamento del bilancio Ue (Decisione sulle risorse proprie). Ogni Stato membro dovrà contribuire al bilancio Ue per l'1,4% del reddito nazionale lordo, spingendosi eccezionalmente fino al 2% per consentire alla Commissione di indebitarsi sui mercati per finanziare il Ngeu da 750 miliardi. Lunedì numerosi economisti e giuristi si sono avvicendati davanti alla Commissione bilancio del Bundestag.Mentre i primi sono stati sostanzialmente favorevoli alla decisione di fornire alle Ue le risorse per finanziare il Ngeu, i secondi contestano che la capacità di indebitamento della Ue non ha «alcun fondamento nei trattati istitutivi». Il professor Matthias Herdegen ha affermato che la questione ha elevate probabilità di finire davanti alla Corte costituzionale. In Germania in molti si chiedono cosa c'entri con il superamento della crisi economica in corso il finanziamento con debito comune della transizione digitale e ambientale. Perplessità suscita anche la responsabilità (pur limitata e non solidale) a carico degli Stati membri in caso di mancata contribuzione da parte di qualche altro.Tali discussioni, il cui pregio giuridico è peraltro tutto da dimostrare e potrebbe anche rivelarsi inconsistente, proiettano ombre sinistre sull'efficacia dello strumento a cui la Ue si è affidata per dimostrare il proprio ruolo nel mitigare gli effetti della crisi. Al di là del merito, intendiamo qui sottolineare che le istituzioni e gli strumenti giuridici unionali, come è accaduto nella vicenda dei vaccini, hanno la stessa praticabilità di un tratturo dissestato allagato dalla pioggia: non si arriva mai e, se e quando si arriva, la schiena è a pezzi per i sussulti.Al 18 marzo, 13 Stati membri su 27 avevano già concluso il processo di ratifica di una Decisione che ha quasi l'importanza di un Trattato e che nel 2014 richiese ben due anni e quattro mesi prima di concludersi. A Varsavia rischia di cadere il governo per le divisioni sull'argomento. E ormai la possibilità che si concluda tutto prima dell'estate viene definita «ambiziosa» pure da Bruxelles.E quando si è disperati si può arrivare anche ad affermare che il Sure - che finanzia spese per la cassa integrazione e indennità agli autonomi - ha mitigato l'impatto della disoccupazione e ha anche fatto risparmiare 5,8 miliardi di interessi ai Paesi beneficiari, di cui ben 2,8 solo all'Italia. Sono queste infatti le medaglie (di latta) che il commissario Paolo Gentiloni si è appuntato sul petto nel commentare lunedì la prima relazione semestrale sull'attuazione dello strumento. L'Italia riceverà 27,4 miliardi (di cui 24,8 già incassati da fine ottobre a oggi) su complessivi 90,3.Tale relazione conferma quanto già vi anticipammo qualche settimana fa: l'Italia è il Paese più in ritardo nello spendere le somme inizialmente previste e finanziabili, anche se dal Mef assicurano che recupereranno nel 2021.Poi, pur tra mille cautele, si ha l'ardire di affermare che un aumento della disoccupazione più contenuto di quello avutosi nella precedente crisi del 2009 è anche il risultato del Sure. Forse a Bruxelles dimenticano che gli strumenti che hanno attutito tale aumento in Italia erano operativi già a marzo 2020, irrobustiti poi col Decreto Rilancio a maggio, quando dei soldi del Sure non c'era nemmeno l'ombra. Se avessimo atteso quei soldi per pagare la Cig, avremmo avuto le barricate per le strade.Ma il picco della disonestà intellettuale e dello sfregio ai più elementari concetti di finanza lo si raggiunge quando calcolano il risparmio di interessi. I tecnici della Commissione «presuppongono» che, senza prestiti del Sure, l'Italia si sarebbe indebitata con titoli di Stato identici per durata e caratteristiche. Calcolano quindi la differenza tra il tasso dei prestiti Sure e quello dei Btp pari durata (0,98% medio) e lo proiettano per i 14 anni di durata media del prestito Sure. Se uno studente al primo anno di economia facesse un confronto del genere sarebbe cacciato su due piedi. Infatti a Bruxelles dimenticano che il Btp, «controfattuale» da loro arbitrariamente scelto, non è privilegiato nel rimborso, non ha richiesto una garanzia per l'emissione e non ha nemmeno un accordo di prestito che pone pesanti (e segrete) condizioni per il nostro Paese. Poiché il concetto di premio per il rischio esiste ancora, tutte queste condizioni hanno un prezzo quotato ogni giorno sui mercati. Anche la Fiat Duna costava meno della Lancia Delta Integrale.Se il clima è questo, registriamo con preoccupazione le parole del ministro Daniele Franco, intervenuto su Bloomberg. Franco ha spiegato che il governo pensa a «un'uscita graduale» dalle misure di sostegno all'economia «verso la fine dell'anno». Segnali di ripresa ci saranno «nel secondo trimestre», ma «puntiamo a un'accelerazione della ripresa nella seconda metà dell'anno», ha aggiunto. Parole che stonano rispetto alla necessità, ripetuta alla noia da tanti economisti, che è il momento che il bilancio pubblico reciti il suo ruolo, finché sarà necessario e senza limiti di tempo. La supplenza di Bruxelles è tardiva e, perciò, inefficace, se non dannosa.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)