2020-06-10
Inutile partecipare alla sfilata del pavone pericoloso
Giorgia Meloni ieri l'ha detta giusta: non servono nuovi Stati generali per decidere come far ripartire l'Italia, perché gli Stati generali ci sono già e si chiamano Camera e Senato. Non c'è bisogno di inventarsi un parlamentino in cui far sfilare qualche personaggio famoso al fine di consentire al presidente del Consiglio di farsi bello. C'è semmai necessità di riaprire il Parlamento e discutere i provvedimenti che possono ridare fiato alle imprese e ai lavoratori. Fin da subito, quando cioè Giuseppe Conte aveva annunciato di voler (...)(...) riunire le teste più brillanti del Paese a Villa Pamphili, avevamo scritto che si trattava di un modo per perdere tempo, ovvero un tentativo di gettare un po' più in là la palla, evitando di prendere decisioni. Oggi però, dopo la presentazione del cosiddetto piano Colao, si capisce che il premier non ha alcuna intenzione di condividere il potere con nessuno. Soprattutto non vuole che né Montecitorio né Palazzo Madama esercitino ciò che per la Costituzione è di loro competenza, ovvero il controllo sull'operato del governo.Circondato da una piccola truppa di pretoriani e rinchiuso nel bunker di Palazzo Chigi, in preda a un vero e proprio delirio di onnipotenza, Conte si vuole sottrarre a ogni verifica. Con la minaccia di provocare una crisi che porti allo scioglimento della legislatura e, peggio ancora, alla nascita di un partito del presidente che sottrarrebbe inevitabilmente voti sia al Pd che ai 5 stelle, il capo del governo procede la sua scalata alle istituzioni a colpi di decreti. Il lockdown, la chiusura forzata del Paese già considerata una forzatura dei poteri costituzionali, deve avergli dato alla testa e averlo convinto di poter regnare sul Paese senza dover rendere conto a nessuno. A forza di Dpcm, ossia di decreti del presidente del Consiglio che non solo non passano dal Parlamento ma neppure dai vertici tra ministri, e di fiducie messe per aggirare gli emendamenti e la discussione in Camera e Senato, Conte ha governato per tre mesi senza che nessuno potesse obiettare alcunché. Con la scusa dell'emergenza, il premier ha esercitato un potere assoluto, tiepidamente vigilato dal capo dello Stato, la cui moral suasion però non pare essere servita a placare le ambizioni dell'avvocato del popolo. Nei giorni scorsi in molti hanno ironizzato, e noi fra questi, sulla scelta del nome dell'ultima operazione di rilancio avviata dal presidente del Consiglio. Ai cronisti di lungo corso il «piano Rinascita» ha subito fatto tornare alla mente le manovre piduiste di Licio Gelli, il quale aveva un progetto di rifondazione del Paese basato sulle modifiche parlamentari (riduzione degli eletti, fine del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei ministri) e sulla riforma degli apparati statali. Ora noi non vogliamo accusare Giuseppe Conte di strategie piduiste, né intravediamo ombre massoniche. E tuttavia la politica che sta perseguendo il premier non si può certo dire rispettosa delle prerogative costituzionali. Nell'ora più buia - definizione sua, usata forse per accreditarsi come novello Winston Churchill - l'avvocato di Volturara Appula sta facendo tutto da solo. È stato lui, così ha detto, ad affidare all'ex manager di Vodafone, Vittorio Colao, la guida di una task force per lo studio dei provvedimenti necessari per far ripartire l'Italia, scegliendo dei privati invece che funzionari pubblici del Mef e dello Sviluppo economico. Ma se prima Conte ha di fatto esautorato i ministeri, tagliandoli fuori dalla fase di rilancio, poi ha deciso di oscurare il lavoro della stessa task force, ignorandolo e proponendo un nuovo progetto, con l'idea degli Stati generali, ovvero un seminario esterno sia ai dicasteri preposti sia al Parlamento, il quale deve assistere muto ma assenziente. La passerella con nomi che vanno da Renzo Piano a Massimiliano Fuksas (ma Palazzo Chigi sta provando a far sfilare anche Ursula von der Leyen e Mario Draghi) ha due scopi. Il primo, come abbiamo già scritto, è perdere tempo, ovvero evitare di affrontare le questioni con cui il Paese si deve misurare. Il secondo è celebrare il potere del capo del governo. Le menti brillanti evocate da Conte servono solo a far brillare il prestigio del presidente del Consiglio, il quale circondato da bei nomi italiani ed esteri conta di lucidare anche il suo. Il Parlamento, le forze politiche d'opposizione ma anche quelle maggioranza, servono solo a fare da comparse, cioè a battere le mani, perché il premier non ha intenzione di concedere nulla a nessuno. Nella cornice di Villa Pamphili i riflettori devono essere puntati su una sola persona. Ha ragione Giorgia Meloni: se Conte avesse qualche cosa di serio e di concreto da dire, lo direbbe alla Camera e al Senato. Ma evidentemente non c'è nulla di serio. È per questo che se fossimo all'opposizione ci guarderemmo bene da concorrere alla sceneggiata. Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia dovrebbe declinare l'invito, perché il circo ha bisogno di pagliacci e non mi sembra che Berlusconi, Salvini e Meloni abbiano intenzione di calarsi nel ruolo. Ciò detto, ci domandiamo anche una cosa: ma oltre a non vedere, sentire e parlare di ciò che accade al Csm, Sergio Mattarella non vede, non sente e non parla neppure di ciò che si sta verificando in Parlamento e a Palazzo Chigi? Davvero il capo dello Stato vuole passare alla storia come il presidente che nell'ora più buia non fece niente?
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)