2020-01-29
Il prossimo caso Ilva scoppierà a Piombino
Jindal, gruppo indiano nel cui cda siede il renziano Marco Carrai e al quale Matteo Renzi voleva affidare le acciaierie di Taranto, chiede altri 4 mesi per presentare il piano industriale per l'azienda toscana (con 1.500 lavoratori). I sindacati indicono lo sciopero della fame.Tra i 1.500 lavoratori delle storiche acciaierie di Piombino, dal 2018 in mano agli indiani di Jindal, c'è chi è in cassa integrazione a zero ore dal 2012. Passa le giornate in casa, senza fare nulla. Se due anni fa aveva sperato in un cambio di passo, dopo gli annunci roboanti dell'ex ministro Carlo Calenda, ora invece ha scelto in accordo con i sindacati di proclamare tre giorni di sciopero della fame. Il motivo sta nell'annuncio da parte di Jsw steel Italy (controllata di Jindal) di chiedere una proroga di 4 mesi per la presentazione di un piano industriale preliminare. Si tratta di una scelta «inaccettabile», per il sindaco della città toscana, Francesco Ferrari, di Fratelli d'Italia. «Il termine per la presentazione del piano industriale è scaduto, l'azienda aveva assicurato al ministero dello Sviluppo economico che entro una settimana avrebbe presentato il piano di investimenti che la città aspetta dal luglio del 2018. Oggi, invece, arriva una richiesta di proroga adducendo la scusante del mancato adempimento, da parte del ministero e della Regione Toscana, agli impegni contenuti nell'accordo di programma. Tutto ciò è inaccettabile: l'azienda prova e tenere in scacco le istituzioni e, di conseguenza, una città intera. E mentre i lavoratori aspettano di conoscere quale sarà il proprio futuro, si continua solamente a sperimentare la lavorazione dell'acciaio al piombo». La vicenda si protrae ormai dal 2014, quando arrivò il commissario straordinario Piero Nardi e deliberò lo spegnimento dell'altoforno e degli impianti «a caldo». Poi a metterci le mani fu l'ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sempre con Calenda e con i consigli dell'ex presidente di Cdp, Claudio Costamagna. Prima si siglò un accordo con gli algerini di Cevital (2015), poi il gruppo nordafricano si fece da parte (non senza polemiche) e nel 2018, durante gli ultimi mesi del governo di Paolo Gentiloni, arrivarono gli indiani di Jindal. Questo gruppo - che ha appena stretto un accordo con i brasiliani di Taurus group per la produzione di armi leggere - è un pallino di Renzi e dei renziani. Nel consiglio di amministrazione di Jsw Stee, infatti, siede Marco Carrai, già presidente di Toscana Aeroporti, nei gloriosi anni di governo del Bullo e suo consigliere su cybersecurity, Medio Oriente e aziende partecipate. Non a caso è stato lui, ora indagato nell'inchiesta sulla fondazione Open per finanziamento illecito, l'advisor di Jindal per rilevare le acciaierie. Il colosso indiano è così caro a Renzi che a novembre, in piena crisi dell'Ilva di Taranto, propose sempre il loro nome per salvare le acciaierie tarantine in difficoltà con un altro gruppo indiano, Arcelor Mittal. Non se ne fece niente. Per fortuna, verrebbe da dire. Perché la situazione di Piombino rischia di diventare una nuova spina nel fianco del governo giallorosso di Giuseppe Conte e, in particolare, per il ministero dello Sviluppo economico di Stefano Patuanelli. A condurre le trattative in questi mesi è stato il vice capo di gabinetto, Giorgio Sorial, che pochi giorni fa, il 17 gennaio, durante l'ennesimo incontro di coordinamento sull'accordo di programma, aveva rassicurato sulle intenzioni degli indiani. A quanto era trapelato, le richieste dell'azienda sul costo dell'energia erano state superate e il piano sarebbe arrivato in una settimana. A dieci giorni di distanza la situazione è ribaltata. Ora c'è la richiesta di altri 4 mesi di tempo, con l'arrivo all'estate. E con il rischio che la realizzazione dell'acciaieria elettrica in sostituzione dell'altoforno slitti ancora, insieme con il ripristino della produzione. I nodi, oltre a quello del costo energetico, sono anche la disponibilità di una discarica per lo smaltimento delle scorie e dei finanziamenti non ancora erogati, il tutto unito all'utilizzo di banchine pubbliche in attesa della ristrutturazione del pontile in concessione alla Piombino Logistic. Ma cosa vuole in realtà Jindal? Non è che vuole sottrarsi come Arcelor Mittal da Taranto? Le continue richieste di tempo iniziano a preoccupare lavoratori e territorio. D'altra parte l'arrivo a Piombino degli indiani vicini a Renzi, per adesso, ha prodotto solo un ulteriore buco nei conti. È messo nero su bianco nella nota integrativa all'ultimo bilancio firmato nel marzo del 2019. «I miglioramenti dell'ultimo periodo, peraltro», si legge, «non sono stati sufficienti, tenuto conto anche dell'andamento particolarmente negativo riscontrato nella prima parte dell'esercizio fiscale, e la società chiude l'esercizio con una ulteriore perdita significativa, originata come differenza fra valore e costo della produzione per oltre 36 milioni di euro». Per questo motivo, prosegue la relazione «il patrimonio netto è ridotto a circa 20 milioni di euro per effetto delle perdite cumulate» e «la posizione finanziaria sale a un indebitamento netto di circa 33 milioni di euro per effetto della rinnovata fiducia da parte del sistema bancario all'indomani del subentro del nuovo azionista».
Jose Mourinho (Getty Images)