2022-08-31
Il popolo anti sistema nato nelle piazze rischia di rimanervi confinato sine die
La dispersione in sigle e micro partiti contrapposti si tradurrà in un disastro elettorale. Un pezzo d’Italia non sarà rappresentato.Oggi parliamo di metafisica. Il popolo anti sistema, elettoralmente, vale almeno il 10-15%, e potrebbe valere di più se riuscisse a intaccare il vero partito di maggioranza italiano: quello di quanti, disgustati dalla politica istituzionale, hanno smesso di frequentare le urne. Sono numeri di tutto rispetto: con l’eccezione di Fratelli d’Italia e del Pd, tutti gli altri partiti non hanno di meglio da offrire. Ci si potrebbe aspettare, dunque, che questo popolo conquisti, alle elezioni prossime venture, una significativa rappresentanza parlamentare. Così, però, non sarà. Il motivo l’ho già espresso in un precedente articolo: le primedonne che si sono auto nominati condottieri del movimento di protesta e di opposizione al sistema non hanno trovato un accordo per formare una lista comune e si presentano quindi in una mezza dozzina (o più) di partitini diversi e reciprocamente ostili. Ottenendo due brillanti risultati. In primo luogo, è impossibile che tutti questi partitini superino la soglia di sbarramento del 3%, ed è anche possibile che nessuno la superi. (Al momento, i sondaggi danno come probabile la seconda ipotesi.) Andando così le cose, il popolo anti sistema avrà una minuscola rappresentanza in Parlamento, o non ne avrà alcuna. Le voci che si sono fatte sentire per due anni nelle piazze resteranno confinate, se va bene, nelle piazze. In secondo luogo, il teatrino di accuse e sospetti reciproci, veti incrociati, personalismi esasperati e infantili ripicche montato da tali squallide figure non invoglierà gli astensionisti a tornare a votare (certo non invoglia me). Semmai, ne aumenterà le proporzioni: dopo la doccia fredda dei 5 stelle, passati dalla contestazione verso i poteri forti alla genuflessione davanti ai medesimi, questo nuovo brusco risveglio non potrà che consolidare e anzi accrescere lo scetticismo. Sia chiaro: non mi riferisco alle decine di migliaia di persone che si sono affollate ai banchetti per provvedere gli sgangherati partitini delle firme necessarie, né dei molti volontari che quelle firme hanno raccolto. Presumo che, in grande maggioranza, costoro avrebbero firmato e lavorato con più convinzione ed entusiasmo per uno schieramento unito e concorde. Mi riferisco, come ho detto, alle primedonne, che stanno adoperandosi per dissipare convinzione ed entusiasmo e spianare la strada a una nuova, schiacciante vittoria delle forze mainstream. E qui entra in campo la metafisica. Usando un termine di antica tradizione, potremmo dire che simili personaggi si stanno comportando da agenti provocatori. Nel senso in cui viene comunemente inteso, il termine designa individui infiltrati a bella posta in un movimento riformista o rivoluzionario e collusi con lo status quo, i quali operano per estremizzare le azioni del movimento, per metterlo in cattiva luce di fronte all’opinione pubblica e (quel che ci riguarda da vicino) per introdurvi i semi della divisione e del dissidio. È un senso che evoca naturalmente l’esistenza di un complotto, fra i provocatori e lo status quo, e di un compenso, in denaro o in favori di vario genere, che gli uni riceverebbero dall’altro una volta completato il loro sporco lavoro. Dietro, o sopra, o sotto la realtà che vediamo, dunque, declassata ad apparenza, ci sarebbe una realtà «più vera» nota a pochi: i soli in grado di sfatare l’illusione in cui vivono gli altri. L’ascendente nobile, qui, è Platone. Io non credo nelle tesi platoniche e sono incline a non credere ai complotti, o quantomeno alla loro efficacia. Non dubito che ci sia chi, in un retrobottega o su un panfilo, escogita piani ambiziosi per primeggiare e arricchirsi a dismisura, ma credo che, in generale, i piani non funzionino. Credo che il male sia stupido, causato dalle solite indegne, stupide, cieche passioni: avidità, terrore, odio. E credo che impegnarsi per scoprire «i retroscena» sia una clamorosa perdita di tempo. William of Ockham (1285-1347) fu un grande filosofo medievale, appartenente alla Scolastica e intensamente coinvolto nelle dispute teoriche e politiche del suo tempo. Ha avuto il destino, non comune fra gli amanti della saggezza, che il suo nome rimanesse legato a un’espressione proverbiale: al cosiddetto «rasoio di Ockham», che invita a tagliare, a eliminare, tutto ciò che non è strettamente necessario. Gli enti non vanno moltiplicati oltre quel che serve; le spiegazioni non devono essere inutilmente complicate. Nel nostro caso: la realtà non va ridotta ad apparenza, non va cercata un’altra realtà chissà dove, ci si limiti a quel che si vede. Che cosa fa un provocatore? Induce delusione e scoramento fra i seguaci di un’idea, vi genera discordia e scissioni, ne infiacchisce il nerbo, ne immiserisce le prospettive. Lo fa perché è un venduto, perché è una spia, perché è un cavallo di Troia che nasconde guerrieri armati? Chissenefrega. Guardiamo a quel che vediamo: a quel che fa, non a quel che ci sarebbe dietro, o sotto, o sopra, e denunciamo il fatto che il popolo anti sistema è caduto nelle grinfie di agenti provocatori.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)