2024-01-24
Il Piemonte blocca gli affidi di bimbi ai gay
La Regione governata dal centrodestra sta preparando una revisione del regolamento sulla questione e la sinistra dà di matto: «Cirio come Putin». Ma l’assessore leghista alla famiglia tiene il punto: «I bambini hanno diritto a una mamma e a un papà».Dopo il suicidio assistito bocciato dalla Regione Veneto un altro tema etico, ovvero l’affido di bambini, stavolta in Piemonte, diventa terreno di battaglia politica non solo tra partiti ma tra istituzioni. La bozza di revisione del regolamento regionale, anticipate da La Stampa, prevede infatti che le persone che possono proporsi per l’affidamento di minori siano esclusivamente un uomo e una donna. Ovvero una famiglia normale composta da una mamma e da un papà. Il testo recita chiaramente: «Possono richiede l’affido di minori coniugi uniti in matrimonio, coppie conviventi, singoli, senza limiti di età o preclusioni rispetto a nazionalità, etnia, religione», ma nessun riferimento a lesbiche, gay, bisessuali o transgender. Una scelta opposta a quella del Comune di Torino che invece lo consente da molti anni. I numeri possono aiutare nella comprensione del tema e delle sue sfaccettature. A Torino, su 290 procedure di affidamento soltanto 7 riguardano coppie omosessuali. I dati più recenti riguardo all’affido familiare dei minori in Italia sono stati pubblicati dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali alla fine del 2023 e riportano il saldo al 31 dicembre 2020: 12.815 persone , fra cui 450 minori stranieri non accompagnati, un valore in costante e leggero calo negli ultimi anni e che rappresenta l’1,4 per mille della popolazione minorile residente in Italia. A questi si aggiungono 13.408 bambini e ragazzi di 0-17 anni accolti nei servizi residenziali, al netto dei minori stranieri non accompagnati. 993 sono invece i ragazzi di 18-21 anni in affido familiare, di cui 224 stranieri. I minorenni che vengono dati in affido sono stati tutti allontanati dal loro contesto familiare per situazioni di disagio fisico, psicologico o economico tali da pregiudicare il loro percorso di crescita. E se i single sono meno del 15%, solo nel 5% dei casi il nucleo affidatario è rappresentato da coppie omosessuali. Inoltre, rispetto all’adozione, l’affido prevede un percorso non definitivo, che dovrebbe durare al massimo 24 mesi. Eppure, a fine anno 2020 più della metà degli affidamenti mostra una durata superiore ai 2 anni: quasi il 22% dai 2 ai 4 anni, e nel 39% dei casi si va oltre i 4 anni. In realtà la legge del 19 ottobre 2015, n. 173, ha stabilito intorno al principio della continuità degli affetti che il minore possa essere affidato, se dichiarato adottabile, dai genitori affidatari. Con questo nuovo regolamento per l’assessore comunale ai Diritti di Sinistra ecologista Jacopo Rosatelli, «il governo di Alberto Cirio sembra voler porsi allo stesso livello della Russia di Putin e dell’Ungheria di Orbán. La Regione Piemonte nel testo neppure cita gay e famiglie omogenitoriali tra le figure che possono proporsi per l’affidamento dei minori. La posta in gioco è molto alta: la dignità delle persone e dell’intera comunità Lgbtq+». Invece rivendica la decisione l’assessore regionale alla Famiglia, la leghista Chiara Caucino, perché garantisce il rispetto delle direttive già indicate dallo Stato: «Parliamo di bambine e di bambini che vengono da situazioni di alta fragilità affettiva. Riteniamo che il modello migliore per loro sia quello rappresentato da una mamma e da un papà. Io ho tanti amici gay per i quali mi batterò sempre, e che sono perfettamente d’accordo con me. Se poi ci saranno aperture nazionali sul tema le adotteremo». La Caucino, inoltre, sottolinea che la nuova norma della giunta Cirio non è al di fuori della legge dello Stato, «pur rivendicando di non voler aprire a quelle realtà in relazione all’affido». Nel capitolo riguardante le famiglie «allargate», quelle che possono ospitare da uno fino a 5 bambini, la precisazione è netta: «Deve essere gestita da un maschio e da una femmina» e, ribadisce l’assessore della Lega, «neppure qui cambiamo nulla rispetto al passato, ribadiamo solo la nostra visione». E se per Rosatelli quella specifica «è superata dalla realtà e dalla storia» per Caucino non è in corso nessuna campagna discriminatoria nei confronti delle coppie arcobaleno: «Non confondiamo i piani. Ma crediamo fermamente che un bambino che ha già subito dei traumi debba essere accolto da una mamma e da un papà. Solo loro possono garantirgli la stabilità necessaria. Quello delle coppie omogenitoriali è un modello che non vogliamo veicolare, se applicato a un tema così delicato». Sempre «dando i numeri», i dati Istat sulle unioni civili, secondo la legge Cirinnà in cui non appare la parola «famiglia», ci dicono solo che dal secondo semestre del 2016, quando sono entrate in vigore, al 2021 sono state celebrate oltre 15.500 unioni mentre nel 2020 si è verificato un calo del 37% rispetto all’anno precedente. Dall’indagine europea del 2019 promossa dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, emerge che in Italia, su un campione di 3.881 coppie dello stesso sesso, il 5% ha figli che vengono cresciuti dalla coppia o la cui responsabilità è condivisa dalla coppia e da un’altra persona.
Caterina Interlandi, presidente vicario del tribunale di Tempio Pausania (Imagoeconomica)
Julius Evola negli anni Venti (Fondazione Evola)