Chi scommetteva che la domanda di energia verde avrebbe soppiantato quella da fonti «sporche» ha perso. E infatti le quotazioni del Brent sono risalite a livelli pre pandemia. Solo che le riserve sono limitate, gli investimenti latitano e quindi alla pompa è un salasso.
Chi scommetteva che la domanda di energia verde avrebbe soppiantato quella da fonti «sporche» ha perso. E infatti le quotazioni del Brent sono risalite a livelli pre pandemia. Solo che le riserve sono limitate, gli investimenti latitano e quindi alla pompa è un salasso.Il prezzo della benzina ha raggiunto i massimi degli ultimi otto anni. La media dei prezzi praticati in Italia nell’ultima settimana ha toccato 1,776 euro/litro (self-service) e 1,901 euro/litro (servito). Per il diesel, 1,649 e 1,780 rispettivamente. I future sul petrolio sono anch’essi ai massimi, con il Brent che sfiora i 90 euro/barile, un numero che non si vedeva dal lontano 2014.Considerati anche gli eccezionali aumenti di gas ed energia elettrica, la fiammata inflattiva cui stiamo assistendo acquisisce una sfumatura ancor più preoccupante. Il crollo della domanda nella primavera 2020, a seguito dei lockdown mondiali, sembrava aver avvicinato la fine dell’era del petrolio, ma così non è stato. Gli aedi della transizione ecologica davano ormai per spacciata la vecchia Big Oil, decretando che non sarebbero serviti altri investimenti negli idrocarburi, perché la ripresa della domanda energetica si sarebbe nutrita delle nuove fonti cosiddette sostenibili. In quel periodo, mentre alcuni pozzi chiudevano, soprattutto negli Usa, produzione ed investimenti effettivamente rallentavano di fronte all’incertezza su tempi e modi della ripresa economica. La domanda di petrolio però ha ripreso slancio fino a mettere in difficoltà l’offerta, tanto che i prezzi hanno iniziato ad aumentare mantenendo un andamento rialzista durante tutto il 2021. Certamente, nella risalita, ha giocato un ruolo decisivo l’intervento del cartello dell’Opec Plus, che ha modulato la ripresa della produzione per guidare i prezzi verso livelli desiderabili per i produttori. Con un prezzo di break-even che per l’Arabia Saudita è intorno ai 60 dollari al barile, la domanda mondiale si è ripresa ed oggi è tornata ai livelli pre-pandemia, ovvero circa 100.milioni di barili al giorno. Anche negli Usa il prezzo della benzina è ai massimi dal 2014, nonostante il rilascio di scorte strategiche dello scorso autunno (La Verità del 28 novembre 2021). Il presidente americano Joe Biden aveva provato con questa mossa a raffreddare i prezzi, ma sul mercato il temporaneo (e limitato) aumento di offerta non ha pesato. Il calo della domanda di petrolio a seguito del progressivo movimento verso l’auto elettrica, che dovrebbe far abbassare i prezzi della benzina, non si sta verificando e quand’anche si verificasse non potrà seguire una traiettoria lineare. Difficile chiedere alle compagnie petrolifere di mantenere capacità produttiva mentre al contempo ci si augura la loro rapida fine: nessun azionista desidera trovare a bilancio investimenti che non hanno trovato adeguata remunerazione. Il calo degli investimenti nel settore degli idrocarburi è del resto iniziato già qualche anno fa, conseguenza della razionalizzazione di un settore maturo. Il lockdown ha comportato un’accelerazione su una traiettoria già in atto.In assenza di investimenti a lungo termine, la produttività degli impianti di estrazione rimarrà bassa, preferendo le compagnie sfruttare fino all’osso ciò che è già nelle loro disponibilità. Anche la gestione delle scorte sarà dunque più reattiva e su dimensioni ridotte rispetto al passato. Con la produzione che segue molto da vicino i consumi e i magazzini snelli, la conseguenza è che i prezzi rimarranno relativamente alti e che ci dobbiamo attendere molta volatilità.Ma non è tutto. Al complicato quadro del mercato mondiale del petrolio si aggiunge la regolazione fiscale che l’Unione europea sta preparando per i prossimi anni. Il disegno alla base del Green Deal non è di incentivare le fonti rinnovabili facendole pagare di meno, ma di disincentivare le fonti fossili, che hanno un costo industriale relativamente basso, facendole pagare di più. In questa chiave, per ciò che riguarda i combustibili da autotrazione come la benzina, il pacchetto europeo Fit for 55 prevede tre modalità. La prima è l’introduzione di una carbon tax sulla benzina, che evidenzi il costo delle emissioni di CO2. Questa tassa aggiuntiva esiste già in Germania, dove dal 1° gennaio di quest’anno è stata aumentata a 30 euro/tonnellata di CO2 equivalenti, che corrisponde a circa 7 centesimi per ogni litro di benzina. L’obiettivo è di alzare progressivamente la carbon tax fino a 15 centesimi/litro entro il 2030 (La Verità del 12 dicembre 2021).La seconda modalità con cui l’Unione europea intende disincentivare i combustibili fossili è una rimodulazione delle accise sui combustibili, in modo che queste gravino non già sui volumi bensì sul contenuto energetico per unità di volume dei singoli combustibili. Il terzo intervento sarà la riduzione progressiva, sino all’annullamento, dei cosiddetti sussidi ambientalmente dannosi, ovvero le esenzioni da tasse e accise di cui oggi godono alcuni particolari tipi di combustibili o particolari categorie di utilizzatori. Questo è il caso ad esempio dell’agricoltura e dell’autotrasporto.Se si aggiunge questo carico fiscale prospettico alla già delicata situazione del mercato internazionale del petrolio se ne deduce che il prezzo della benzina rimarrà alto. Interventi per abbassare il costo per il cittadino analoghi a quelli visti su gas ed energia elettrica sono assai improbabili, essendo la leva fiscale proprio quella su cui intende agire il governo per disincentivare il consumo di benzina. La transizione ecologica sta mostrando il proprio lato recessivo e regressivo. Normalmente, in campo energetico il progresso ha sempre significato passare da fonti di energia limitate e inefficienti a fonti meno costose, più disponibili e più efficienti, ad esempio quando si è passati dal moto animale alle locomotive a vapore alimentate dal carbone, poi da queste al motore a scoppio. Di fatto è la prima volta nella storia che si compie il percorso inverso, orientando l’intero consorzio umano verso un mondo in cui l’energia sarà meno disponibile e più costosa. Cosa che dovrebbe pur suscitare qualche riflessione.
Giuseppe Valditara (Imagoeconomica)
Il ministro dell’Istruzione sui nuovi programmi scolastici: «Non bisogna generare confusione nei bambini. I temi della sessualità saranno tenuti da esperti, non da gruppi di interesse, e con il consenso dei genitori. L’educazione spetta innanzitutto alla famiglia».
Ministro Giuseppe Valditara, lei con questo disegno di legge sta impedendo che si faccia educazione sessuale e affettiva nelle scuole?
«No, questo è falso. Come ho detto più volte, chi lo sostiene o non conosce o fa finta di non conoscere l’articolo 1 comma 4 che afferma “Fermo restando quanto previsto nelle indicazioni nazionali”, cioè i programmi scolastici, e nell’educazione civica, ovviamente».
E che significa?
«Che nei programmi scolastici c’è tutta l’educazione sessuale nel senso biologico, quindi la conoscenza delle differenze sessuali, degli apparati riproduttivi, delle funzioni riproduttive, dello sviluppo puberale, dei rischi relativi alle malattie trasmesse sessualmente, quindi c’è tutto quello che riguarda l’insegnamento dell’educazione sessuale in senso biologico».
Imagoeconomica
La Corte respinge il ricorso per la mancata rivalutazione degli assegni 4 volte sopra il minimo: non è un aggravio fiscale.
Anche la Consulta considera «ricco» chi percepisce una pensione di poco superiore a 2.000 euro lordi. Chi si aspetta a che la Corte Costituzionale ponesse fine a un meccanismo introdotto per risparmiare ma che penalizza quanti hanno versato contribuiti elevati per tutta la vostra lavorativa, è stato deluso. Con la sentenza numero 167, l’organo dello Stato ha confermato la legittimità della misura di «raffreddamento» della perequazione, introdotta con la Legge di Bilancio 2023 per i trattamenti pensionistici superiori a quattro volte il minimo Inps (2.400 euro lordi al mese, circa 1.800 euro netti circa). In risposta al pronunciamento della Corte dei conti, (sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna) ha chiarito che il mancato adeguamento automatico all’inflazione dei trattamenti previdenziali di tale importo, ovvero il raffreddamento, come si dice in gergo, «non introduce un prelievo di natura tributaria», cioè non è una tassa. La magistratura contabile aveva sollevato il dubbio che tale meccanismo potesse violare i principi di «eguaglianza tributaria, di ragionevolezza e temporaneità, complessivamente presidiati dagli articoli 3 e 53 della Costituzione», trattandolo come una sorta di tassa nascosta.
Ansa
La saldatura tra Ppe, Ecr e Patrioti consente di rivedere le regole sulla due diligence che avrebbero affossato la nostra industria. Socialisti e Verdi, in fibrillazione per la nuova «maggioranza», attaccano il voto segreto.
La maggioranza Ursula si spacca sulla due diligence e per la prima volta si rompe il «cordone sanitario» a Bruxelles. Il Parlamento europeo ha approvato con 382 voti a favore, 249 contrari e 13 astenuti il compromesso promosso dal Ppe sulla semplificazione delle direttive sugli obblighi di due diligence e reportistica ambientale per le aziende. Il testo è stato approvato con una maggioranza composta dal Ppe insieme con l’Ecr e i gruppi delle destre Patrioti per l’Europa e Europa delle Nazioni sovrane. La maggioranza Ursula composta da Ppe, Socialisti, Liberali e Verdi si sgretola sul muro delle follie green. Quella rivista è considerata una delle leggi più controverse del von der Leyen I. Il testo nella versione originale impone alle imprese di verificare l’intera catena di fornitura per prevenire violazioni dei diritti umani e ambientali.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 14 novembre con Carlo Cambi






