True
2024-12-02
Il pediatra non basta più. Neo genitori assediati da esperti, app e algoritmi
iStock
Un esercito di esperti ha soppiantato balie e tate. A supportare neogenitori confusi, alle prese con il bebè, c’è un moltiplicarsi di specialisti (più o meno qualificati) raggiungibili online in community, app, podcast e tutorial. Su web e social, a disposizione di mamme e papà inesperti e ansiosi, alle prese con il neonato - il primo e spesso anche l’ultimo o l’unica - si offrono i servizi più disparati. Alla distanza di un clic è un pullulare di specialisti, pronti a risolvere ogni dubbio prima, durante e dopo l’arrivo di un erede - fino alla sua maggiore età - e, addirittura, app per co-genitori, cioè mamme e papà che stanno insieme, senza essere una coppia, ma solo per fare un figlio. Accanto a ginecologi e sessuologi - che entrano in gioco, prodighi di consigli, ben prima del concepimento - non possono mancare ostetriche, puericultrici specializzate in allattamento, pedagogisti clinici, l’osteopata per la gravidanza e quello pediatrico, ovviamente psicologi per ogni evenienza, personal trainer per tornare in forma dopo il parto o per l’allenamento funzionale e, chiaramente, il nutrizionista.
Altro che la tata, il pediatra o le nonne del piccolo o della neonata: oggi è l’algoritmo a fornire suggerimenti in post e video dedicati a temi specifici, oppure in portali come parentsmile. La piattaforma, fondata da una mamma sulla base della sua esperienza, per esempio, «offre servizi medici, formativo-educativi, assistenziali e per il fitness, il tutto in un unico hub». I servizi, si legge nel sito, «sono prenotabili h24, 7/7, 365 giorni l’anno, con conferma immediata ed erogati esclusivamente da professionisti altamente qualificati con titoli legalmente riconosciuti», per i quali sono disponibili le tariffe, tendenzialmente orarie, che vanno dai 50-60 euro a 100, se vengono a domicilio. Difficile fare un censimento, le community si creano attorno a genitori, specialisti, associazioni e possono essere indipendenti o sponsorizzati da marchi di prodotti per l’infanzia.
È il caso del Pampers Village, progetto lanciato nel 2021, con articoli e podcast per dare consigli, rispondere dubbi e condividere storie, sviluppato insieme a Heart4Children, un’associazione di promozione sociale, con il contributo di Mind4Children, spin-off dell’Università di Padova.
«Le community online, sia indipendenti, sia sponsorizzate dai brand, funzionano come canali di passaparola digitale e soddisfano bisogni tipici dei neogenitori», spiega Fulvio Fortezza, professore associato di Marketing al Dipartimento di Economia e management dell’Università di Ferrara. «Oltre offrire consigli, aiutano a creare un senso di appartenenza, diventando veri e propri spazi di mutuo sostegno. I forum nati in modo indipendente vengono spesso affiancati da spazi creati e moderati dalle aziende che organizzano eventi e forniscono contenuti utili, integrando suggerimenti con l’offerta dei loro prodotti. Più che di una manipolazione», osserva l’esperto, «si tratta di un’operazione che risponde a un’esigenza reale, di consumatori più ansiosi, meno sicuri» e attenti a «evitare errori».
Il marketing, quindi, fa solo il suo mestiere in una società «in cui molti riferimenti familiari e sociali tradizionali sono scomparsi o si sono indeboliti», argomenta Fortezza. «Una volta il sapere su come crescere i figli veniva trasmesso dai familiari o dai vicini di casa. Oggi si cerca sostegno su Google, blog, app e community online. Il web ha portato a una trasformazione: non c’è più il consiglio del genitore o della nonna, ma quello di altri genitori o di esperti attraverso le community online. Di fronte a questa autonomia, i brand trovano terreno fertile per inserirsi e proporsi».
Del resto, la depressione perinatale, secondo l’Istituto superiore di sanità, colpisce circa il 10-20% delle donne e il 2-10% degli uomini. Allo stesso modo, la percentuale di ansia nel periodo perinatale varia dall’11 al 25% per le donne e dall’8 al 20% per gli uomini. I genitori spesso percepiscono anche uno stress legato al ruolo, che viene definito parenting stress, che porta a percepire il bambino come particolarmente richiedente e difficile da accudire. Così, quasi sei neogenitori su dieci dichiarano il desiderio di avere un supporto psicologico - anche se poi dolo il 4% segue il percorso con un professionista - come rivela un’indagine diffusa in queste settimane da Nestlé e sviluppata in Italia insieme a Unobravo. Certo, la survey rivela anche il dato incoraggiante che 8 intervistati su 10 rifarebbe la scelta di mettere al mondo un figlio ed evidenzia un maggiore coinvolgimento del padre nel prendersi cura del piccolo, ma non aiutano le pressioni e le aspettative sociali e familiari dichiarate dal 40%. Inoltre, un recente studio della Ohio State University segnala che il 62% dei genitori, a causa della nuova responsabilità, si sente estremamente stanco e quasi il 40% ritiene di non avere un adeguato supporto nel suo ruolo. «Questo è collegato alla trasformazione della società», rimarca il professore. «Prima il concetto di famiglia era diverso», si era di più, più vicini «e presenti». Oggi è tutto più frammentato, «sono saltati i legami, cresce il numero dei single e dei single di ritorno», e «il web è pervasivo: viene interrogato su tutto» e offre di tutto.
Accanto all’osteopata, che dovrebbe essere interrogato per valutare eventuali squilibri o possibili tensioni che si possono essere verificate nel piccolo nel corso del parto o nell’allattamento, non mancano la puericultrice e il nutrizionista, prodigo di consigli per la dieta migliore per questa funzione. Per interpretare poi il significato del pianto e capire se si tratti di fame, stanchezza o fastidio, viene in aiuto una app, a dare il verdetto. Se poi si ha un animale domestico, c’è lo psicologo con tutta una serie di accorgimenti per evitare che si ingelosisca con l’arrivo del bimbo o della bimba.
A tale proposito, parallelamente, «sta crescendo il mercato legato agli animali domestici», riflette Fortezza. Diversi studi evidenziano che per i pet «si sviluppa un grado di attaccamento equiparabile a quello che si sviluppa verso un figlio o una figlia. Questo affetto porta all’acquisto di prodotti specifici e di qualità per gli animali, tanto che, in alcuni supermercati, i reparti dedicati agli amici a quattro zampe sono paragonabili, in dimensioni, a quelli dei prodotti per l’infanzia. È ormai comune vedere che le spese per il pet care siano considerevoli, con una gamma merceologica in costante espansione: cibo, accessori e altri servizi».
Guardando al futuro, è probabile che il fenomeno dell’informazione digitale e dei servizi per i genitori «raggiunga la maturità, ma si assisterà a nuove evoluzioni nelle necessità di consumo, a supporto di altre categorie di utenti. Stiamo assistendo a un cambiamento sociale che riguarda anche le famiglie, sempre più fluide e monocomponenti. Il mercato», conclude, «dovrà quindi prepararsi a rispondere a queste nuove esigenze, spostando l’attenzione e creando nuovi prodotti e servizi per i diversi tipi di nuclei familiari», con meno bimbi e più animali.
«Avere un bambino in età adulta moltiplica le aspettative e l’ansia»
Sono saltati i riferimenti sociali, il modello di famiglia è cambiato nel giro di qualche decennio. Anche la scelta di essere genitori è sempre meno contemplata all’interno di una realtà matrimoniale, di un impegno, di un desiderio di stabilità. Il mondo è più complesso e, così, anche la dimensione affettiva e relazionale. I genitori si trovano immersi in una realtà social dove non mancano esperti di ogni cosa pronti a dispensare consigli. Le soluzioni a tutte le domande si trovano nel giro di qualche secondo, ma regna anche una pressione di perfezionismo patinato a cui è difficile sottrarsi, specie quando l’arrivo di un bebè rende naturalmente più vulnerabili e incerti. I figli, però «non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di autenticità», avverte David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi.
Quali difficoltà si trovano ad affrontare oggi i neogenitori ?
«Molteplici e interdipendenti. C’è, innanzitutto, un tema sociale: negli ultimi anni, è diventato quasi obbligatorio per entrambi i genitori lavorare. Questo ha ridotto la presenza costante di almeno un genitore nel crescere i figli. Poi, c’è la questione dei servizi: in Italia, purtroppo, non brilliamo in termini di supporto alla genitorialità. In assenza dei nonni, spesso è davvero complicato riuscire a conciliare tutto».
Certo, mancano asili nido, scuole a tempo pieno, politiche che vengano incontro alle esigenze familiari con un equilibrio tra vita professionale e familiare. Ma c’è anche dell’altro?
«Sì, c’è un aspetto psicologico importante. Oggi i genitori sentono una forte pressione a essere perfetti, e questo crea molte ansie. Viviamo in una cultura che, negli anni, ha alimentato questa idea di genitore perfetto, ma io credo che i figli abbiano più bisogno di genitori autentici che perfetti. Servono genitori in grado di mettersi in gioco, di essere sé stessi. I bambini non cercano la perfezione, ma un riferimento, autenticità».
Nella concretezza, quali altre sfide devono affrontare mamme e papà con l’arrivo di un figlio o una figlia?
«Sicuramente quella di trovare un equilibrio tra la dimensione affettiva e il dare delle regole. Negli anni passati si tendeva a dare regole in modo eccessivo. Oggi, invece, sembra quasi che si abbia paura di farlo. Ma i ragazzi hanno bisogno di entrambe le cose: hanno bisogno di affetto e di regole, e di avere accanto un genitore che sia un punto di riferimento adulto, non solo un amico. Viviamo una crisi del modello adulto. Mentre fino a qualche decina d’anni fa la transizione all’età adulta era più netta, oggi abbiamo persone di 30, 40, perfino 50 anni che non si sentono ancora completamente adulti. Non è un giudizio, è una realtà che vediamo sempre di più. Quindi sì, anche prima di diventare genitori, servirebbe una riflessione sulla maturità e sulla responsabilità, perché essere genitore richiede di assumere un ruolo adulto».
Parlando di contesto sociale, oggi le soluzioni sembrano più facili da raggiungere: una ricerca su web e si trova la risposta. Quali sono i risvolti nel confronto con i figli?
«Noi viviamo in un mondo apparentemente semplice e comodo, ma in realtà è molto complesso e da molti punti di vista. Rispetto al passato, c’è un flusso continuo di informazioni: i social media, il web. Siamo immersi in un contesto pieno di stimoli e pressioni. In passato, l’infanzia era più semplice anche nelle dinamiche sociali: giocavamo per strada, avevamo meno distrazioni. Oggi invece tutto è più complesso, e questo si riflette anche nel disorientamento sul ruolo del genitore».
Invece di tanti esperti, i genitori potrebbero beneficiare di un altro tipo di supporto?
«Sì, come psicologi crediamo sarebbe utile una sorta di scuola per genitori, ma non per insegnare una performance genitoriale. Servirebbe per aiutare a riscoprire l’autenticità e la naturalezza di questo ruolo. Non si tratta di imparare a essere genitori perfetti, ma di recuperare un equilibrio, di affrontare la genitorialità con consapevolezza, responsabilità, ma anche con più semplicità e più naturalezza. Oggi, diventando genitori a un’età più adulta, ci sono tantissime aspettative sui figli, si moltiplicano così le ansie e i dubbi che si cercano di arginare interrogando i social, invece che attingendo dal proprio vissuto e dai propri genitori».
È quindi una questione anagrafica?
«Un tempo si diventava genitori intono ai 20 anni, non con meno incertezze, ma con più capacità di mettersi in gioco, con semplicità, da adulti responsabili e non ossessionati dalla perfezione».
Continua a leggereRiduci
Un tempo c’erano i consigli della nonna e un’unica figura medica di riferimento. Oggi abbondano gli specialisti, dall’osteopata alla puericultrice al nutrizionista... Ma sono davvero tutti necessari?Il presidente dell’Ordine degli psicologi David Lazzari: «Mamme e papà sono ossessionati dalla perfezione. Hanno paura a dare regole e per ogni dubbio interrogano il Web. Un tempo ci si metteva in gioco più facilmente».Lo speciale contiene due articoliUn esercito di esperti ha soppiantato balie e tate. A supportare neogenitori confusi, alle prese con il bebè, c’è un moltiplicarsi di specialisti (più o meno qualificati) raggiungibili online in community, app, podcast e tutorial. Su web e social, a disposizione di mamme e papà inesperti e ansiosi, alle prese con il neonato - il primo e spesso anche l’ultimo o l’unica - si offrono i servizi più disparati. Alla distanza di un clic è un pullulare di specialisti, pronti a risolvere ogni dubbio prima, durante e dopo l’arrivo di un erede - fino alla sua maggiore età - e, addirittura, app per co-genitori, cioè mamme e papà che stanno insieme, senza essere una coppia, ma solo per fare un figlio. Accanto a ginecologi e sessuologi - che entrano in gioco, prodighi di consigli, ben prima del concepimento - non possono mancare ostetriche, puericultrici specializzate in allattamento, pedagogisti clinici, l’osteopata per la gravidanza e quello pediatrico, ovviamente psicologi per ogni evenienza, personal trainer per tornare in forma dopo il parto o per l’allenamento funzionale e, chiaramente, il nutrizionista. Altro che la tata, il pediatra o le nonne del piccolo o della neonata: oggi è l’algoritmo a fornire suggerimenti in post e video dedicati a temi specifici, oppure in portali come parentsmile. La piattaforma, fondata da una mamma sulla base della sua esperienza, per esempio, «offre servizi medici, formativo-educativi, assistenziali e per il fitness, il tutto in un unico hub». I servizi, si legge nel sito, «sono prenotabili h24, 7/7, 365 giorni l’anno, con conferma immediata ed erogati esclusivamente da professionisti altamente qualificati con titoli legalmente riconosciuti», per i quali sono disponibili le tariffe, tendenzialmente orarie, che vanno dai 50-60 euro a 100, se vengono a domicilio. Difficile fare un censimento, le community si creano attorno a genitori, specialisti, associazioni e possono essere indipendenti o sponsorizzati da marchi di prodotti per l’infanzia. È il caso del Pampers Village, progetto lanciato nel 2021, con articoli e podcast per dare consigli, rispondere dubbi e condividere storie, sviluppato insieme a Heart4Children, un’associazione di promozione sociale, con il contributo di Mind4Children, spin-off dell’Università di Padova. «Le community online, sia indipendenti, sia sponsorizzate dai brand, funzionano come canali di passaparola digitale e soddisfano bisogni tipici dei neogenitori», spiega Fulvio Fortezza, professore associato di Marketing al Dipartimento di Economia e management dell’Università di Ferrara. «Oltre offrire consigli, aiutano a creare un senso di appartenenza, diventando veri e propri spazi di mutuo sostegno. I forum nati in modo indipendente vengono spesso affiancati da spazi creati e moderati dalle aziende che organizzano eventi e forniscono contenuti utili, integrando suggerimenti con l’offerta dei loro prodotti. Più che di una manipolazione», osserva l’esperto, «si tratta di un’operazione che risponde a un’esigenza reale, di consumatori più ansiosi, meno sicuri» e attenti a «evitare errori». Il marketing, quindi, fa solo il suo mestiere in una società «in cui molti riferimenti familiari e sociali tradizionali sono scomparsi o si sono indeboliti», argomenta Fortezza. «Una volta il sapere su come crescere i figli veniva trasmesso dai familiari o dai vicini di casa. Oggi si cerca sostegno su Google, blog, app e community online. Il web ha portato a una trasformazione: non c’è più il consiglio del genitore o della nonna, ma quello di altri genitori o di esperti attraverso le community online. Di fronte a questa autonomia, i brand trovano terreno fertile per inserirsi e proporsi». Del resto, la depressione perinatale, secondo l’Istituto superiore di sanità, colpisce circa il 10-20% delle donne e il 2-10% degli uomini. Allo stesso modo, la percentuale di ansia nel periodo perinatale varia dall’11 al 25% per le donne e dall’8 al 20% per gli uomini. I genitori spesso percepiscono anche uno stress legato al ruolo, che viene definito parenting stress, che porta a percepire il bambino come particolarmente richiedente e difficile da accudire. Così, quasi sei neogenitori su dieci dichiarano il desiderio di avere un supporto psicologico - anche se poi dolo il 4% segue il percorso con un professionista - come rivela un’indagine diffusa in queste settimane da Nestlé e sviluppata in Italia insieme a Unobravo. Certo, la survey rivela anche il dato incoraggiante che 8 intervistati su 10 rifarebbe la scelta di mettere al mondo un figlio ed evidenzia un maggiore coinvolgimento del padre nel prendersi cura del piccolo, ma non aiutano le pressioni e le aspettative sociali e familiari dichiarate dal 40%. Inoltre, un recente studio della Ohio State University segnala che il 62% dei genitori, a causa della nuova responsabilità, si sente estremamente stanco e quasi il 40% ritiene di non avere un adeguato supporto nel suo ruolo. «Questo è collegato alla trasformazione della società», rimarca il professore. «Prima il concetto di famiglia era diverso», si era di più, più vicini «e presenti». Oggi è tutto più frammentato, «sono saltati i legami, cresce il numero dei single e dei single di ritorno», e «il web è pervasivo: viene interrogato su tutto» e offre di tutto. Accanto all’osteopata, che dovrebbe essere interrogato per valutare eventuali squilibri o possibili tensioni che si possono essere verificate nel piccolo nel corso del parto o nell’allattamento, non mancano la puericultrice e il nutrizionista, prodigo di consigli per la dieta migliore per questa funzione. Per interpretare poi il significato del pianto e capire se si tratti di fame, stanchezza o fastidio, viene in aiuto una app, a dare il verdetto. Se poi si ha un animale domestico, c’è lo psicologo con tutta una serie di accorgimenti per evitare che si ingelosisca con l’arrivo del bimbo o della bimba. A tale proposito, parallelamente, «sta crescendo il mercato legato agli animali domestici», riflette Fortezza. Diversi studi evidenziano che per i pet «si sviluppa un grado di attaccamento equiparabile a quello che si sviluppa verso un figlio o una figlia. Questo affetto porta all’acquisto di prodotti specifici e di qualità per gli animali, tanto che, in alcuni supermercati, i reparti dedicati agli amici a quattro zampe sono paragonabili, in dimensioni, a quelli dei prodotti per l’infanzia. È ormai comune vedere che le spese per il pet care siano considerevoli, con una gamma merceologica in costante espansione: cibo, accessori e altri servizi». Guardando al futuro, è probabile che il fenomeno dell’informazione digitale e dei servizi per i genitori «raggiunga la maturità, ma si assisterà a nuove evoluzioni nelle necessità di consumo, a supporto di altre categorie di utenti. Stiamo assistendo a un cambiamento sociale che riguarda anche le famiglie, sempre più fluide e monocomponenti. Il mercato», conclude, «dovrà quindi prepararsi a rispondere a queste nuove esigenze, spostando l’attenzione e creando nuovi prodotti e servizi per i diversi tipi di nuclei familiari», con meno bimbi e più animali.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-pediatra-non-basta-piu-neo-genitori-assediati-da-esperti-app-e-algoritmi-2670246087.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="avere-un-bambino-in-eta-adulta-moltiplica-le-aspettative-e-lansia" data-post-id="2670246087" data-published-at="1733007679" data-use-pagination="False"> «Avere un bambino in età adulta moltiplica le aspettative e l’ansia» Sono saltati i riferimenti sociali, il modello di famiglia è cambiato nel giro di qualche decennio. Anche la scelta di essere genitori è sempre meno contemplata all’interno di una realtà matrimoniale, di un impegno, di un desiderio di stabilità. Il mondo è più complesso e, così, anche la dimensione affettiva e relazionale. I genitori si trovano immersi in una realtà social dove non mancano esperti di ogni cosa pronti a dispensare consigli. Le soluzioni a tutte le domande si trovano nel giro di qualche secondo, ma regna anche una pressione di perfezionismo patinato a cui è difficile sottrarsi, specie quando l’arrivo di un bebè rende naturalmente più vulnerabili e incerti. I figli, però «non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di autenticità», avverte David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi. Quali difficoltà si trovano ad affrontare oggi i neogenitori ? «Molteplici e interdipendenti. C’è, innanzitutto, un tema sociale: negli ultimi anni, è diventato quasi obbligatorio per entrambi i genitori lavorare. Questo ha ridotto la presenza costante di almeno un genitore nel crescere i figli. Poi, c’è la questione dei servizi: in Italia, purtroppo, non brilliamo in termini di supporto alla genitorialità. In assenza dei nonni, spesso è davvero complicato riuscire a conciliare tutto». Certo, mancano asili nido, scuole a tempo pieno, politiche che vengano incontro alle esigenze familiari con un equilibrio tra vita professionale e familiare. Ma c’è anche dell’altro? «Sì, c’è un aspetto psicologico importante. Oggi i genitori sentono una forte pressione a essere perfetti, e questo crea molte ansie. Viviamo in una cultura che, negli anni, ha alimentato questa idea di genitore perfetto, ma io credo che i figli abbiano più bisogno di genitori autentici che perfetti. Servono genitori in grado di mettersi in gioco, di essere sé stessi. I bambini non cercano la perfezione, ma un riferimento, autenticità». Nella concretezza, quali altre sfide devono affrontare mamme e papà con l’arrivo di un figlio o una figlia? «Sicuramente quella di trovare un equilibrio tra la dimensione affettiva e il dare delle regole. Negli anni passati si tendeva a dare regole in modo eccessivo. Oggi, invece, sembra quasi che si abbia paura di farlo. Ma i ragazzi hanno bisogno di entrambe le cose: hanno bisogno di affetto e di regole, e di avere accanto un genitore che sia un punto di riferimento adulto, non solo un amico. Viviamo una crisi del modello adulto. Mentre fino a qualche decina d’anni fa la transizione all’età adulta era più netta, oggi abbiamo persone di 30, 40, perfino 50 anni che non si sentono ancora completamente adulti. Non è un giudizio, è una realtà che vediamo sempre di più. Quindi sì, anche prima di diventare genitori, servirebbe una riflessione sulla maturità e sulla responsabilità, perché essere genitore richiede di assumere un ruolo adulto». Parlando di contesto sociale, oggi le soluzioni sembrano più facili da raggiungere: una ricerca su web e si trova la risposta. Quali sono i risvolti nel confronto con i figli? «Noi viviamo in un mondo apparentemente semplice e comodo, ma in realtà è molto complesso e da molti punti di vista. Rispetto al passato, c’è un flusso continuo di informazioni: i social media, il web. Siamo immersi in un contesto pieno di stimoli e pressioni. In passato, l’infanzia era più semplice anche nelle dinamiche sociali: giocavamo per strada, avevamo meno distrazioni. Oggi invece tutto è più complesso, e questo si riflette anche nel disorientamento sul ruolo del genitore». Invece di tanti esperti, i genitori potrebbero beneficiare di un altro tipo di supporto? «Sì, come psicologi crediamo sarebbe utile una sorta di scuola per genitori, ma non per insegnare una performance genitoriale. Servirebbe per aiutare a riscoprire l’autenticità e la naturalezza di questo ruolo. Non si tratta di imparare a essere genitori perfetti, ma di recuperare un equilibrio, di affrontare la genitorialità con consapevolezza, responsabilità, ma anche con più semplicità e più naturalezza. Oggi, diventando genitori a un’età più adulta, ci sono tantissime aspettative sui figli, si moltiplicano così le ansie e i dubbi che si cercano di arginare interrogando i social, invece che attingendo dal proprio vissuto e dai propri genitori». È quindi una questione anagrafica? «Un tempo si diventava genitori intono ai 20 anni, non con meno incertezze, ma con più capacità di mettersi in gioco, con semplicità, da adulti responsabili e non ossessionati dalla perfezione».
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
Continua a leggereRiduci
content.jwplatform.com
Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
Continua a leggereRiduci
Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
Continua a leggereRiduci