2020-11-08
Il Pd punta a prendersi tutta la Rai. La poltrona di Salini appesa a un filo
L'ad vuole tagliare: subito chiesta la sua testa. Mercoledì Roberto Gualtieri in commissione.«Riduzione del perimetro occupazionale». In dieci pagine di pianto greco luccica una sola frase, quella che prevede licenziamenti o prepensionamenti. Ed è a quelle quattro parole contenute in una lettera alla commissione di vigilanza che oggi è appeso il destino di Fabrizio Salini, amministratore delegato della Rai poco gialla e molto rossa, incapace di far quadrare il conto economico dell'elefante radiotelevisivo di Stato nell'anno del virus cinese. Con la pubblicità a picco. Il bilancio è in rosso per 200 milioni nonostante il risparmio di 135 milioni grazie al rinvio di Olimpiadi ed Europei di calcio. Fra le misure prospettate per provare a rimetterlo in sesto c'è qualcosa di mai tentato prima: il taglio del personale giornalistico (1.760 persone) determinato da cure dimagranti e accorpamenti delle strutture, che oggi impiegano 14.700 dipendenti in totale. Ipotesi dolorosa ma normale nel mercato soggetto a concorrenza, suona come una bestemmia in chiesa fra i muri di mamma Rai dove il benessere e il privilegio sono da sempre garantiti per decreto. Di sicuro l'ad ha sbagliato i tempi perché è impensabile che, mentre vengono congelati i licenziamenti nelle aziende private, si possa autorizzarli in una pubblica. La notizia ha creato una notevole fibrillazione e il primo a finire sul banco degli imputati è proprio Salini, voluto da Luigi Di Maio in quel ruolo e mai così vicino al siluramento. Il manager ha precisato che non intendeva parlare di tagli ma nessuno gli ha creduto. Dopo aver assecondato le mire grilline nelle direzioni di reti e tg; dopo essersi appiattito sulle direttive politiche del Nazareno per farcire i programmi con conduttori di area gauchista; dopo aver congelato il suo stesso piano industriale nell'impossibilità di non scontentare nessuno, a fare le valigie potrebbe essere lui. Le proposte di Salini sono quelle che girano in questi giorni: palinsesto più magro, meno fiction, diritti sportivi al ribasso, taglio dei costi esterni e delle collaborazioni. Per via del crollo pubblicitario (e del Covid imperante) si va verso lo slittamento o l'annullamento del Festival di Sanremo. Un piano di valore per una Rai meno elefantiaca e più efficiente ci sarebbe: è quello presentato sette anni fa dall'ad Luigi Gubitosi, che prevedeva un risparmio di 110 milioni senza licenziare ma con la creazione di una newsroom unica e il taglio delle spese inutili. Troppo innovativo, fu licenziato lui. In questo scenario diventa importante l'appuntamento di mercoledì, quando in commissione di vigilanza terrà un'audizione il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, invitato a rispondere sulla catastrofica situazione finanziaria e sulla possibilità di ottenere nuove risorse. Di questi tempi. Follow the money, il nocciolo del problema sono sempre i soldi. Salini sostiene che «la riduzione del perimetro occupazionale» si potrebbe evitare se il governo detassasse i 90 euro del canone (in Rai ne arrivano solo 74). La risposta dei critici trasuda indignazione, del tipo: riceve dal canone in bolletta 1.636 milioni e non gli bastano?Così Salini ha infilato la testa nella bocca del leone. Annusata la resa grillina nel difenderlo, i più scatenati contro di lui sono il sindacato e Michele Anzaldi, che da sempre nuota nella piscina piddina anche se oggi è renziano. Poche parole ma illuminanti: «A realizzare un piano di rilancio non possono essere l'ad e il cda della situazione». Gli indica gentilmente la porta anche perché sogna di sostituirlo con un manager ancora più funzionale a una Rai total red. Un enorme elefante rosso che metterebbe tristezza anche a Hollywood Party.
Se non la conoscete la storia di Stephanie e Caroline Tatin è curiosa. Accadde loro di preparare una torta di mele in una teglia solo che si dimenticarono della pasta. Avendo già le mele cotte decisero di coprirle con un disco d’impasto, d’infornare il tutto e poi di rovesciare la preparazione sotto sopra per vedere l’effetto che fa. E l’effetto è sempre molto scenografico. Di solito la Tatin (dal nome delle due sorelle) si fa dolce, noi l’abbiamo reinterpretata con un prodotto di stagione e dell’orto. E’ sfiziosa, veloce, appetitosa.
Andriy Yermak e Rustem Umerov (Ansa)
Nel riquadro il giudice Cecilia Angrisano, presidente del Tribunale per i minorenni dell’Aquila. Sullo sfondo Nathan Trevallion e Catherine Birmingham con i loro figli
Nel riquadro Nathan Trevallion e Catherine Birmingham (Ansa)