2022-01-28
Il paradosso di Giuseppi sponsor di Lady 007
Elisabetta Belloni (Ansa)
A proporre Elisabetta Belloni per il Colle è l’ex premier. Ma la diplomatica è stata mandata al Dis per sistemare l’eredità del Conte bis e di Gennaro Vecchione. Un dispetto a Draghi? La candidatura in ogni caso sarebbe il fallimento dei partiti, incapaci di partorire propri nomi.I primi ad avanzare il nome sono stati i giornalisti del Fatto Quotidiano. Nulla che facesse intendere che dietro ci fosse un motore politico. Non è la prima volta che sul giornale di Marco Travaglio e Peter Gomez si celebrano le quirinarie. Poi invece il nome di Elisabetta Belloni, già capo dei diplomatici e ora al vertice del Dis, il Dipartimento per la sicurezza nazionale, ha cominciato a circolare tra i partiti quale possibile candidato per il Colle. Una bandiera trasversale che riceve tanti ni, soprattutto tra i dem, qualche risposta sorpresa e fondamentalmente solo due no. Quello di Clemente Mastella che fa un paragone calcistico («come se un portiere volesse fare il centravanti») e Matteo Renzi che tiene a precisare «nessuna discussione in merito». Le perplessità - va fatto notare - non sono certo sulla sua figura, di estremo acume e di ferrea tenacia, ma sull’ardito passaggio istituzionale che imporrebbe un salto del genere. Dal vertice dei servizi segreti direttamente al Quirinale senza passare dal via. Due mondi che costituzionalmente vivono separati. Paradossalmente, sarebbe più semplice un passaggio dal Dis al governo. Non solo perché si resta a Palazzo Chigi, ma perché in fondo il responsabile ultimo dell’intelligence è il presidente del Consiglio. Certo sarebbe una grossa forzatura, ma non una rottura istituzionale, come nel caso del Colle. L’aver fatto trapelare il nome è già una sconfitta per la politica, che non riesce ad esprimere nomi di valore dentro il proprio perimetro. I partiti stanno arrancando. Abituati come sono a comportarsi da perenni comitati elettorali, alcuni di essi hanno finito le scorte di classe dirigente; altri non se le sono mai procurate. Il ragionamento vale per la Belloni ma anche per Sabino Cassese. O altri. Certo, nel caso della prima a nostro avviso c’è una aggravante. La scelta concreta di candidatura significherebbe rompere l’equidistanza che il comparto dell’intelligence merita. Perché vale da entrambi i lati. Pescare da quel bacino per i partiti vorrebbe dire venir meno al senso di rispetto per le istituzioni e lo Stato in sé. Tanto più che l’incarico ricevuto meno di sette mesi fa dalla Belloni ha una particolare valenza. La sua nomina è stata decisa senza particolari preamboli da Mario Draghi con il chiaro intento di rimettere in ordine i corridoi del Dis, dove le recenti cronache hanno dimostrato eccessiva vicinanza tra il predecessore, Gennaro Vecchione, con l’ex premier. Lascia per questo ancor più basiti il fatto che il primo a diffondere (ci risulterebbe senza avvisare l’interessata) il nome della Belloni quale candidata sia stato proprio Giuseppe Conte. L’uomo per via del quale è stato deciso l’avvicendamento anticipato. Lo stesso Luigi Di Maio, che pubblicamente si è limitato a dire «figura di alto profilo, ma non spacchiamo la maggioranza», a quanto risulta alla Verità, in privato ha mostrato perplessità e una certa incredulità rispetto alle mosse di Giuseppi. Al di là delle possibili fratture tra il ministro degli Esteri e l’ex premier, gli interrogativi sono numerosi. Anche i muri della Farnesina ad esempio sanno che Conte ancora adesso è legato alla filiera diplomatica di Pietro Benassi, ora rappresentante presso l’Ue, prima consigliere diplomatico e nelle ultime settimane del Conte bis, sottosegretario con delega ai servizi. La visione di Elisabetta Belloni e quella di Benassi sono state spesso divergenti. Motivo in più per immaginare che dietro la scelta di Conte ci possa essere solo l’input di dare fastidio a Draghi. Forse per evitare che possa chiamare nuovamente a sé la Belloni in caso di nomina al Quirinale o semplicemente per rendere più caotica la partita a scacchi del voto. Difficile immaginare che Conte voglia cercare di interrompere il riordino che Elisabetta Belloni ha avviato, riordino che se volessimo usare un termine cattivo dovremmo definire a tratti pulizie primaverili. Resta infine il paradosso dei paradossi. Difficile immaginare che la candidatura vada avanti e venga supportata da altri. Ma semmai avvenisse, gli eventuali sostenitori o parte di essi si troverebbero a scoprire di aver optato per una persona estremamente cordiale ma di una fermezza che nessun politico desidererebbe affrontare, abituati come sono a trattative continue. Nel suo parlare cinque lingue, la Belloni sintetizza un network di contatti ad ampio spettro che manderebbe in confusione sia la ditta del Pd, dei dalemiani, e ovviamente quella del centrodestra.Vedremo che accadrà oggi, certo restano l’incognita Draghi e Mattarella bis. Perché la candidatura del primo è tutt’altro che decaduta. In molti hanno capito che se dovesse rimanere al suo posto il Draghi premier ripartirebbe in quarta. Facendo approvare senza cercare il consenso di alcuno dentro la maggioranza una sfilza di decreti. Sfiancherebbe i partiti della maggioranza portandoli ogni volta al baratro della crisi di governo. E quando essa dovesse consumarsi la colpa di aver sfasciato il tutto ricadrebbe in senso orario su Pd, 5 stelle, Lega, Forza Italia e Italia viva. O su tutti.
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