2020-02-24
Il Papa tace sui malati ma picchia sempre sui sovranisti
Bergoglio a Bari snobba la crisi sanitaria in corso e si concentra sul suo tema preferito: paragonare Matteo Salvini e Giorgia Meloni ai nazisti.È stato il filosofo Byung-Chul Han a spiegare che il secolo scorso è stato «un'epoca immunologica. Un tempo in cui si presupponeva una netta distinzione tra interno ed esterno, amico e nemico o tra proprio ed estraneo». Nel passato, dice Han, esistevano barriere e confini, di fronte a ciò che era estraneo la società reagiva come - appunto - il sistema immunitario di fronte a un virus. Oggi, invece, la globalizzazione ha distrutto ogni confine e ogni barriera, l'epoca «immunologica» è finita. E, come chiunque può verificare in questi giorni gravidi di ansie, ne stiamo patendo le conseguenze. Il coronavirus circola liberamente per il mondo, esattamente come circolano i grandi capitali, le merci e le persone. Alzare barriere immunitarie - in tutti i sensi - oggi sarebbe più che mai necessario, eppure tutti i leader continuano a ripetere che bisogna abbassare le difese. L'ideologia prevale su tutto, viene prima persino della salute. Ne abbiamo avuto l'ennesima dimostrazione ieri, ascoltando le parole pronunciate da papa Francesco a Bari, in occasione dell'incontro Mediterraneo frontiera di pace. Per l'ennesima volta, Bergoglio è tornato sul tema delle migrazioni. «Tra coloro che nell'area del Mediterraneo più faticano, vi sono quanti fuggono dalla guerra o lasciano la loro terra in cerca di una vita degna dell'uomo», ha detto. «Sono interessati i Paesi attraversati dai flussi migratori e quelli di destinazione finale, ma lo sono anche i governi e le Chiese degli Stati di provenienza dei migranti, che con la partenza di tanti giovani vedono depauperarsi il loro futuro».Il riferimento ai Paesi di provenienza dei migranti, una volta tanto richiamati alle loro responsabilità, è un segno importante. Eppure, nel discorso bergogliano, a farla da padrone è stato l'attacco ai populismi. «Si fa strada un senso di paura, che porta ad alzare le proprie difese davanti a quella che viene strumentalmente dipinta come un'invasione. La retorica dello scontro di civiltà serve solo a giustificare la violenza e ad alimentare l'odio», ha detto il Papa. E ha aggiunto: «A me fa paura quando ascolto qualche discorso di alcuni leader delle nuove forme di populismo, e mi fa sentire discorsi che seminavano paura e poi odio negli anni Trenta del secolo scorso». Eccola, l'ideologia a cui facevamo riferimento. Il nostro Paese (come altri nel mondo) è funestato da un'epidemia originata in Cina, cioè sotto una dittatura comunista che non solo perseguita i cristiani, ma che nelle settimane passate ha messo a rischio il mondo intero rifiutando di condividere informazioni essenziali sul diffondersi del coronavirus. All'epidemia avremmo dovuto dare una risposta «immunitaria», alzando barriere e confini. Ma non l'abbiamo fatto perché ci è stato ripetuto (anche da uomini di Chiesa vicini al Papa come Antonio Spadaro) che il vero virus era il razzismo, e che le frontiere dovevano rimanere comunque aperte. Questa retorica stantia ci ha danneggiato e ci ha messo in pericolo. Eppure Bergoglio continua a utilizzarla. Non fa riferimenti alla Cina, al comunismo, ai malati che si moltiplicano o ai morti (lo farà solo una suora nella preghiera dei fedeli), persone uccise dal virus ma pure dall'impreparazione e dall'incoscienza dei governanti. Anzi, il Papa ci dice che il pericolo viene dai populisti, da chi alimenta l'odio e vuole serrare i confini. Insiste a celebrare il «meticciato», racconta di aver ricevuto in dono l'opera di un artista torinese sulla fuga della Sacra famiglia in Egitto, in cui San Giuseppe è rappresentato come un rifugiato siriano. Quell'opera, dice, «fa vedere il dolore, senza addolcire il dramma di Gesù Bambino quando dovette fuggire in Egitto. È lo stesso che sta succedendo oggi».Beh, oggi vediamo anche un dolore diverso, prodotto dall'apertura scriteriata dei confini e dalla «libera circolazione» che sempre ritorna nei discorsi immigrazionisti. E quando pensiamo agli anni Trenta, non ci viene in mente solo il nazismo, ma pure il tallone rosso del comunismo, che purtroppo è ancora vivo e vegeto e continua a causare disastri. Sarebbe bello che dal Vaticano giungesse qualche parola anche su questo, ogni tanto. Ma a quanto pare a Roma non ci sono anticorpi in grado di combattere l'ideologia del globalismo sfrenato.