2018-11-14
Il Papa blocca i vescovi americani, congelate le proposte anti abusi
Altolà della Santa Sede: la conferenza episcopale Usa non potrà decidere nulla sulla piaga della pedofilia Deluso il cardinale Daniel Di Nardo: «Che fine fa la sinodalità?». Il «Washington Post»: «La Chiesa è impotente».L'assemblea generale dei vescovi degli Stati Uniti si è aperta con una notizia imprevista, quella per cui il Vaticano ha chiesto ai membri della conferenza episcopale di non votare su due proposte chiave che avrebbero dovuto costituire la base per la risposta alla crisi degli abusi sessuali.L'annuncio a sorpresa lo ha dato il presidente dei vescovi americani, cardinale Daniel DiNardo, nella conferenza stampa di apertura dei lavori di lunedì scorso. I presuli sono a Baltimora fino ad oggi, ultimo giorno dell'attesa assemblea autunnale dopo lo tsunami della crisi degli abusi causato dal report del Gran giurì di Pennsylvania e poi dal memoriale Viganò, legato anche alle accuse all'ex cardinale Theodore McCarrick, abusatore seriale di seminaristi e in almeno un caso anche di minori.I vescovi provenienti dalle 196 diocesi e arcidiocesi statunitensi erano pronti a votare su una duplice proposta che prevede l'adozione di un codice di condotta e la creazione di una commissione, guidata da laici, con la missione di indagare anche sui vescovi accusati. L'altolà del Vaticano, ha detto DiNardo, visibilmente deluso, è arrivato domenica in serata: «Su insistenza della Santa Sede», sono le parole del cardinale, «non voteremo sui due punti di azione nel nostro dossier riguardante la crisi degli abusi». DiNardo ha spiegato che la Santa Sede ha insistito affinché l'esame delle nuove misure sia rinviato fino alla conclusione dell'incontro speciale di tutti i capi delle conferenze episcopali del mondo convocato da papa Francesco per il prossimo febbraio.La pressione è stata fatta, ha spiegato ancora DiNardo, dalla Congregazione per i vescovi guidata dal cardinale canadese Marc Ouellet. I membri americani di questa congregazione sono due presuli molto vicini a Francesco, i cardinali Blase Cupich di Chicago e il discusso e dimissionario cardinale di Washington, Donald Wuerl, ma non è chiaro il loro ruolo in questa decisione. Comunque, la richiesta vaticana ha generato forti mal di pancia tra i vescovi americani, specialmente pensando alla tanto richiamata sinodalità come elemento qualificante della riforma di papa Francesco per la Chiesa universale.In questo senso è suonata quasi paradossale l'affermazione dell'attuale nunzio a Washington, l'arcivescovo francese Christophe Pierre, fortemente voluto in quel ruolo proprio dal Papa nel 2016, che lunedì ha ricordato ai vescovi la preoccupazione di Francesco per la «comunione» e che la Chiesa si muova insieme, piuttosto che qualche conferenza episcopale corra in avanti da sola. Eppure, proprio Francesco fin dall'inizio del suo pontificato ha insistito sulla necessità del decentramento, perché certe questioni, ha detto in più occasioni, si risolvono meglio dalla periferia che dal centro. E quali questioni più di quella della crisi degli abusi non richiede un'azione pronta e profonda, capace di dare risposte ai fedeli qui e ora?Il cardinal DiNardo messo di fronte a questa apparente contraddizione non ha mancato di far sentire il suo disappunto: «La mia prima reazione è stata: questo non sembra così sinodale». L'impressione è che la tanto richiamata sinodalità funzioni a più velocità, e stranamente in questo caso non si applichi allo stesso modo che in altri, come ad esempio per la comunione ai divorziati risposati frutto del doppio sinodo sulla famiglia e che tanto ha fatto discutere. «Non è opportuno che il Papa», scriveva lo stesso Francesco nel suo documento programmatico Evangelii gaudium, «sostituisca gli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione"». Peraltro, il tema della sinodalità è emerso un po' a sorpresa come uno dei frutti più interessanti anche del recente sinodo sui giovani, nonostante molti padri sinodali si siano chiesti da dove fosse risultato, visto che nell'Aula se ne era parlato in modo tutto sommato marginale. Invece, per la questione abusi, e di fronte a un'oggettiva proposta dei vescovi, la sinodalità sembra non applicarsi, e la «decentralizzazione» non sia più salutare. Nonostante non si tratti di questione dottrinale, ma disciplinare.«Quello che vediamo in questo caso è che il Vaticano sta tentando di sopprimere anche i modesti progressi dei vescovi statunitensi», ha commentato Anne Barrett Doyle di Bishopaccountability.org, il portale che da tempo raccoglie dati e dossier sugli abusi del clero. Nelle dichiarazioni del nunzio Pierre ha suscitato stupore anche il richiamo a non appoggiarsi troppo a soluzioni «esterne» per risolvere questi problemi, facendo chiaro riferimento al ruolo dei laici previsto, invece, nella proposta che doveva essere votata di una commissione capace di indagare anche sui vescovi. In attesa dell'incontro di febbraio per l'ennesima volta si registra un cortocircuito all'interno della Chiesa cattolica di fronte alla piaga degli abusi. Quello stesso cortocircuito che è stato ben evidenziato dal memoriale Viganò, una testimonianza che si vuole però ridurre a «operazione politica» realizzata da chissà quali oscure manovre internazionali. «È evidente», si legge in un duro editoriale del Washington Post, «che la Chiesa cattolica sia incapace da sola di esorcizzare il flagello degli abusi sessuali del clero». La commissione con il coinvolgimento dei laici che i vescovi americani volevano votare poteva essere un buon inizio.
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Francesco Paolo Sisto (Imagoeconomica)