2021-06-18
Il padre orco al fidanzato di Saman. «Lasciala o ti stermino la famiglia»
Emergono nuovi dettagli agghiaccianti sull’ambiente in cui è cresciuta la pachistana scomparsa: il genitore era disposto a tutto pur di non far saltare il matrimonio combinato. Persino a fare minacce degne di un bossS’è presentato a casa del connazionale assieme ad altri loschi figuri, parlando come un mammasantissima: «Se tuo figlio non lascia Saman, sterminiamo tutta la famiglia». Shabbar Abbas era il padre padrone, disposto a ogni cosa pur di celebrare il medievale matrimonio che aveva combinato in Pakistan. La sua primogenita doveva sposare uno sconosciuto cugino. Avevano fissato anche la data: 22 dicembre 2021. Mancava solo un dettaglio: il consenso di Saman. Dopo l’intimidazione, il 9 febbraio 2021 il compagno ventunenne di Saman denuncia quindi il padre della fidanzata: ha minacciato la sua famiglia. Vi sterminiamo. Dall’avvertimento, rivelato da Chi l’ha visto?, gli Abbas sarebbero passati ai fatti con Saman. Adesso è scomparsa. Continuano a cercarla nei campi attorno a Novellara. Per la Procura di Reggio Emilia è un omicidio: premeditato. Sono indagati padre, madre, zio e due cugini. Un presunto delitto ricostruito grazie alle rivelazioni del fratello della ragazza. Il sedicenne, ora sotto protezione, nei giorni scorsi avrebbe però tentato la fuga dalla comunità protetta che lo ospita, in attesa dell’incidente probatorio per confermare le sue accuse, previsto per oggi. «Secondo me lo zio l’ha uccisa strangolandola» racconta infatti, una settimana fa, il ragazzo a carabinieri e magistrati. Parla di Danish Hasnain, che avrebbe ammazzato la sorella a mani nude. La notte tra il 30 aprile e l’1 maggio scorso, assicura, lo zio dice ai genitori: «Ora andate in casa. Ora ci penso io». La sua testimonianza è «una piena prova indiziaria», scrive il giudice. Quel giovane «è particolarmente credibile». Perché allora ha provato a dileguarsi? Forse per paura. «Lo zio Danish ha detto che se io avessi rivelato ai carabinieri cos’era successo, mi avrebbe ucciso» spiega ancora agli investigatori. Del resto, dopo la fuga dei genitori in Pakistan, il sedicenne rimane a Novellara, proprio in compagnia dell’uomo sospettato di aver ammazzato la sorella. Poi, assieme allo zio e altri due cugini, tenta la fuga in Francia. Ma il sedicenne viene fermato alla frontiera il 10 maggio 2021. Finisce in una struttura protetta. E comincia a riferire cosa sarebbe accaduto a Saman. Anche il ragazzo è indagato, ma un procedimento connesso: violenza privata alla sorella. Saman però ripeteva a tutti: «È l’unico della famiglia a cui voglio bene». L’accusa risale allo scorso ottobre, quando lei rifiuta le nozze combinate e denuncia i genitori. Sabato comunque il fratello dovrà presentarsi in tribunale, accompagnato da un avvocato. Il suo ruolo, comunque, sarebbe marginale.Ma dov’è il corpo di Saman? «Io gliel’ho chiesto» racconta ancora il sedicenne agli inquirenti. Lo zio Danish non però gli dice niente. «Volevo abbracciarla un’ultima volta. Lui mi ha risposto di non potermelo dire». La ragazza è sparita da un mese e mezzo. Voleva vivere come una ragazza italiana qualsiasi. Impossibile. Anche se la sua famiglia s’era trasferita a Novellara ormai da quindici anni. «Ma perché Dio ha deciso che la mia vita deve essere così? Non so cosa fare, mi scoppia il cervello» dice Saman al fidanzato in quei momenti d’angoscia. «Tu lo sai quanto può essere pericoloso qui per te. Amore, vai dai carabinieri ora», le risponde il ragazzo, conosciuto in chat. «Sì, l’ho pensato» ammette Saman. Arriva il 30 aprile 2021. «Fa tutto il contrario di quel che le diciamo e non sappiamo più cosa fare con lei» si lamentava da mesi Shabbar. Il giorno della scomparsa, Saman continua a litigare con i genitori. Vogliono che sposi il cugino in Pakistan. Lei, invece, chiede indietro il suo passaporto per sparire. La diciottenne, quel pomeriggio, invia un altro messaggio vocale al fidanzato. Gli riferisce di aver origliato una conversazione tra i suoi: «Ho sentito dire: “Uccidiamola”». Aveva capito, Saman. Aggiunge: «Se non mi senti per 48 ore rivolgiti alle forze dell’ordine». Perché «possono arrivare a farlo».Potevano arrivare ad ammazzarla. O a minacciare di sterminare la famiglia del compagno sgradito, seppure pakistano anche lui. Per questo aveva trovato rifugio in una comunità protetta, quando era ancora minorenne. Fino a quando la madre, Nazia Shaheen, le tende una trappola: «Ti prego fatti sentire, torna a casa. Stiamo morendo. Torna, faremo come ci dirai tu», scrive in un sms lo scorso dicembre. Saman, in quel momento, è nella comunità protetta. E Nazia giura: ci resta poco da vivere. Ma sia lei che il marito stanno benissimo. L’imbroglio, comunque, funziona. Quattro mesi più tardi, la ragazza riappare. Assistenti sociali e carabinieri avevano tentato di dissuaderla fino all’ultimo, invano. Meglio stare alla larga dalla cascina dove vivevano gli Abbas. Shabbar che minaccia di morte la famiglia del fidanzato. Nazia che le rifila la più subdola delle bugie pur di convincerla a tornare a Novellara. Lo zio Danish che l’avrebbe strangolata come un killer di mafia. Sempre nel nome dell’Islam. Anche Hina Saleem era pakistana. Pure lei voleva fuggire da un matrimonio combinato. E, allo stesso modo, venne attratta nella casa di famiglia con un pretesto. Nell’agosto 2006, viene sgozzata e accoltellata dal padre Mohammed. Poi l’uomo la seppellisce in giardino, aiutato da tre parenti. Con la testa rivolta verso la Mecca. In occasione del macabro decennale della morte di Hina, i cronisti scovano la madre tra i monti di Lumezzane, nel bresciano. Ha perdonato il marito, ammette: «Mohammed era e resta l’uomo della mia vita».
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.