2020-01-30
Il modello Emilia spacca i grillini in Liguria
Nuovo voto regionale rompicapo per i pentastellati: contro Giovanni Toti c'è già un candidato autonomo scelto su Rousseau, Alice Salvatore. Ma i parlamentari spingono per un aspirante governatore giallorosso, il giornalista Ferruccio Sansa. E ora nel partito è guerra.La primo conseguenza della vittoria di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna ha prodotto un effetto collaterale in Liguria, terremotando il centrosinistra e il M5s alla vigilia del voto. La vittoria del governatore contro Lucia Borgonzoni ha prodotto più che un problema, quasi una piccola guerra civile dentro il M5s, in vista della mossa più delicata: la scelta dello sfidante che deve opporsi a Giovanni Toti nel voto della prossima primavera. Gli echi di questo duello - come vedremo - hanno un effetto sui già delicati equilibri nazionali, e rischiano di indebolire il primo partito di governo, aumentando i rischi di dissidio (se non di scissione). Proviamo a capire perché. Fino alla settimana scorsa sembrava scontata una scelta-fotocopia rispetto a quella delle regionali emiliane: pentastellati in campo da soli, contro la destra e contro la sinistra, con la candidatura-bandiera (ovviamente senza speranze di successo) di una consigliera uscente, Alice Salvatore. Poi la rottura: da un lato la Salvatore, che non vuole mollare - convinta della scelta «autonomista» - dall'altro la maggioranza dei parlamentari nazionali liguri, che propongono due mosse: il cambio di cavallo, passando al giornalista del Fatto Quotidiano Ferruccio Sansa come capo della colazione. E poi un cambio di alleanza, adottando il «modello umbro» (ovvero in coalizione con il Pd). Il momento non è causale, e racconta una storia: Sansa è figlio dell'ex sindaco di Genova Adriano Sansa, che dopo una prima elezione trionfale sfidò il Pd con una sua lista al secondo mandato (e fu sconfitto per una scelta di coerenza). E il paradosso vuole che oggi Sansa (figlio) potrebbe essere il nome che unisca i due alleati di governo, malgrado sia stato uno dei giornalisti più caustici con le amministrazioni di centrosinistra (era la «bestia nera» di Claudio Burlando) soprattutto per le sue inchieste su appalti, ambiente ed edilizia in Liguria. Ma se questa mossa riuscisse a Genova, produrrebbe effetti destabilizzanti a Roma. Da un lato c'è l'anima «riformista» del M5s (che oggi si riconosce nella linea prospettata dal ministro Stefano Patuanelli) che vuole l'alleanza con il Pd e preme per Sansa. Dall'altra ci sono quelli d'accordo con Danilo Toninelli, neo «facilitatore», orientato a mantenere la candidatura autonoma. Ad alzare la tensione ci sono le parole della Salvatore promette battaglia: «Gli attivisti hanno già votato! La consultazione su Rousseau ha già deciso che correremo da soli!». E ancora: «Quelle che parlano di una alleanza con il centrosinistra sono voci infondate. Gli iscritti alla piattaforma hanno già votato e hanno scelto di avere un candidato presidente del M5s. E infatti io sono qui. Non ho nessuna intenzione di fare passi indietro». Non è una partita semplice, perché si collega direttamente a quelle per le altre candidature regionali. A partire dalla Campania dove -non è un mistero - il M5s, come condizione per poter allearsi con il Pd chiede un nome alternativo a quello di Vincenzo De Luca. Il primo timore di Vito Crimi, in queste ore, è quello - dopo aver decantato i suoi pieni poteri di «nuovo capo politico» - di trovarsi a dirimere una grana locale che innesca una crisi nazionale. E forse questo è proprio quello che immaginava Luigi Di Maio quando ha rassegnato le sue dimissioni sciogliendo metaforicamente il nodo della sua cravatta. Un modo per dire: adesso che io ritorno con le mani libere vi accorgerete di quante difficoltà paravo con la mia leadership. Intanto - come se non bastasse - anche a Luigi Paragone ha gli occhi puntati su Genova. Ha postato un video con il ciuccio in cui fa la parodia dei dirigenti grillini che non accettano la sconfitta parlando di «voto locale», ed è pronto a raccogliere il consenso di tutti i delusi della democrazia diretta. Dovendo scegliere i grillini si ritrovano di fronte ad un paradosso: che il nuovo bipolarismo imposto in Emilia Romagna rischia di spaccare il Movimento, non in due, ma addirittura in tre: fra chi vuole stare a destra, chi a sinistra, e chi - come Paragone - sogna un nuovo Movimento antisistema che non si allea con nessuno.