2024-09-10
Il modello dei falchi? Don Ferrante
Il personaggio dei «Promessi sposi» morì di peste per aver negato la realtà attraverso dei sofismi. I politici con l’elmetto fanno lo stesso col conflitto (però muoiono gli altri).Presidente di sezione emerito della Corte di cassazione La razionalità gioca talora brutti scherzi, quando non lascia spazio alla ragionevolezza. Ma qual è la differenza fra le due? Per averne un’idea possiamo mettere a raffronto un personaggio dei Promessi Sposi e una parabola evangelica. Il personaggio è don Ferrante, descritto, nel capitolo dedicato alla pestilenza, come un appassionato di filosofia, il quale, muovendo dal principio aristotelico, dato per pacifico, che «in rerum natura» esistono soltanto «sostanze e accidenti», ed avendo, secondo lui, dimostrato che la peste non era né sostanza né accidente, giungeva alla conclusione, razionalmente ineccepibile, che essa era inesistente, trattandosi soltanto dell’effetto di una sfavorevole congiunzione astrale. Di qui la ritenuta inutilità di qualsivoglia precauzione contro il pericolo di contrarre la malattia, con il risultato che, naturalmente, finì per contrarla e ne morì - come nota il Manzoni con il suo solito, bonario umorismo - «al modo di un filosofo antico, prendendosela con le stelle». La parabola evangelica è quella che si legge in Luca 14, 31, in cui Gesù Cristo, volendo mettere in guardia i suoi potenziali seguaci dal pericolo di prendere impegni superiori alle loro forze, mette loro innanzi l’esempio di un re che, a fronte di un nemico che avanza contro di lui con 20.000 uomini, si chiede se possa affrontarlo con 10.000 e, resosi conto che ciò non è possibile, mentre il nemico è ancora lontano, gli manda incontro messaggeri per trattare la pace. Il modello del personaggio manzoniano è, in sostanza, quello del rifiuto o dello stravolgimento della realtà, quando essa appare in contrasto con le regole e i principi di un’astratta razionalità, di per sé valida ma ancorata a presupposti aprioristicamente e dogmaticamente assunti come indiscutibili. Il modello della parabola evangelica è, al contrario, quello della consapevole accettazione della realtà, seguita dalla ricerca di quella che, in concreto, può essere la via più ragionevole da seguire per trarne i maggiori vantaggi o evitare i peggiori danni. Ora, al primo di tali modelli sembrano ispirarsi i pervicaci e indefessi sostenitori della necessità di consentire all’Ucraina, mettendo a sua disposizione i mezzi necessari, di colpire la Russia in profondità. Ciò risponde ad un principio che, in effetti, è da ritenersi, in sé e per sé, non solo moralmente e giuridicamente, ma anche razionalmente, indiscutibile: quello, cioè, che - come sostenuto recentemente da Josep Borrell, commissario agli Esteri uscente dell’Unione europea - uno Stato che, come l’Ucraina, subisca attacchi su tutto il proprio territorio ad opera di un altro Stato, non può non essere legittimato a colpire quest’ultimo sul suo territorio, senza limitazione alcuna, con analoghi attacchi. Ed è, in sé e per sé, razionalmente valido anche il corollario che da tale assioma traggono quanti sostengono - come fa, ad esempio, Augusto Minzolini sul Giornale del 3 settembre scorso - che per questa via lo Stato aggressore, vedendosi esposto agli stessi danni finora imposti allo Stato aggredito, sarebbe presumibilmente indotto ad addivenire ad una trattativa che, altrimenti, non avrebbe ragione alcuna di accettare. L’apparente ineccepibilità di tali argomentazioni si scontra, però (rimanendone azzerata) con una realtà della quale ci si ostina a non voler prendere atto, costituita dal fatto che, nel caso specifico, lo Stato aggredito e lo Stato aggressore (rispettivamente, Ucraina e Russia) non sono sullo stesso piano, quanto a risorse materiali ed umane, essendo il secondo largamente ed irrimediabilmente superiore al primo. Ciò comporta che gli attacchi portati dall’aggredito contro l’aggressore, lungi dall’indurre quest’ultimo a più miti consigli, altro risultato non potrebbero avere se non quello di spingerlo, avendone esso indubbiamente la possibilità, a calcare ulteriormente la mano contro l’aggredito, sottoponendolo (come, infatti, già sta avvenendo), ad attacchi ancora più frequenti, sanguinosi e devastanti di quelli effettuati in passato. Ed è questa una considerazione che, se appare valida in generale con riguardo ad ogni ipotesi di contrapposizione armata fra uno Stato più debole ed uno più forte, lo è al massimo grado quando lo Stato più forte sia la Russia; quella stessa Russia che, grazie alla sua estensione, come pure all’entità ed alle caratteristiche della sua popolazione, animata da un fortissimo senso della propria identità nazionale ed abituata da sempre al sacrificio, molto più delle altre popolazioni europee, ha sempre respinto vittoriosamente i periodici attacchi subiti da parte occidentale, a cominciare da quello del Re di Svezia Carlo XII, rovinosamente sconfitto a Poltava nel 1709, per passare a quelli, universalmente noti, di Napoleone, nel 1812, e di Hitler, nel 1941. Unica eccezione potrebbe ritenersi quella costituita dalla pace di Brest-Litovsk, che pose fine, sul fronte orientale, nel marzo del 1918, alla prima guerra mondiale, al prezzo, per la Russia, di forti sacrifici territoriali in favore degli Imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria); il che, peraltro, costituì il risultato non di decisive sconfitte che la Russia avesse subito sul campo ma della volontà di Lenin, impossessatosi del potere in Russia nell’ottobre del 1917, di liberarsi comunque dal peso della guerra per dedicare tutte le forze di cui poteva disporre al consolidamento interno del regime bolscevico da lui fondato. Dovrebbe, quindi, apparire chiaro che spingere l’Ucraina a colpire indiscriminatamente la Russia sul suo territorio, utilizzando le armi fornitele dall’Occidente, non solo non aprirebbe la strada ad una sua «vittoria» (che è e rimarrebbe oggettivamente impossibile), ma neppure favorirebbe l’apertura di trattative che l’Ucraina potesse condurre da posizioni più forti di quelle attuali. Il risultato, infatti, sarebbe soltanto quello di irrigidire la Russia nel rifiuto di ogni trattativa - reazione già manifestatasi, del resto, a seguito dell’attacco subito nella regione di Kursk - e di intensificare e inasprire sempre di più la sua pressione militare sull’Ucraina per costringerla, di fatto, alla resa. E ciò, naturalmente, a spese soprattutto della già martoriata ed esausta popolazione del Paese invaso, delle cui sofferenze non sembra, in realtà, che i «falchi» imperversanti nelle stanze del potere e nelle fabbriche del consenso, in Occidente, si diano gran preoccupazione. Il che, oltretutto, segna un notevole peggioramento rispetto al modello di don Ferrante giacchè quest’ultimo, almeno, il prezzo dei suoi radicati e «razionali» convincimenti finì per pagarlo solo lui mentre i suoi attuali ed inconsapevoli imitatori pretendono di farlo pagare ad altri.
(Ansa)
Due persone arrestate, sequestrata droga e 57 persone denunciate per occupazione abusiva di immobile e una per porto abusivo di armi. Sono i risultati dei controlli scattati questa mattina allo Zen da parte di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza dopo l'omicidio di Paolo Taormina, il giovane ucciso davanti al pub gestito dalla famiglia da Gaetano Maranzano. Nel corso dei controlli sono stati multati anche alcuni esercizi commerciali per carenze strutturali e per irregolarità sulla Scia sanitaria e mancata autorizzazione all'installazione di telecamere, impiego di lavoratori in nero, mancata formazione, sospensione di attività imprenditoriale. Sono state identificate circa 700 persone, di cui 207 con precedenti ed altri 15 gia' sottoposti a misure di prevenzione.
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