2022-02-02
Il Miur si arrende alla deriva gender e usa la schwa nei documenti ufficiali
La sede del Miur a Roma (IStock)
Il ministero dell’Istruzione pubblica gli esiti del settore concorsuale 13/B3 e sdogana la vocale, che non esiste nella lingua italiana. A Roma dovrebbero seguire l’Accademia della Crusca, invece che la dottrina Lgbti.La deriva progressista e politicamente corretta dell’università italiana, dopo essere sbarcata in tutte gli atenei del Paese con i vari percorsi alias, per chi non si riconoscesse nel proprio nome anagrafico, pianta la bandierina arcobaleno anche sui documenti ufficiali del Miur. Sul sito dell’Abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia, Asn, nelle numerosissime pubblicazioni degli esiti relativi all’abilitazione scientifica nazionale 2021-2023, ce n’è una che salta all’occhio non appena il file pdf si apre. Si tratta del verbale degli esiti del settore concorsuale 13/B3, per la materia di studio di Organizzazione aziendale. In prima battuta si potrebbe pensare o sperare che il documento sia ancora in fase di caricamento o che si tratti semplicemente di una svista. Ma aguzzando attentamente lo sguardo la si riconosce nitidamente e a malincuore. È proprio lei. La dibattuta e famigerata schwa. Il contraccolpo c’è per chiunque, che sia concorde o meno con questa aberrazione linguistica. Perché non si sta leggendo un post su Instagram, dove schwa e asterisco sono entrati nell’uso comune di adolescenti e attivisti che portano avanti le battaglie lgbtq+. Non si sta nemmeno sfogliando un quotidiano progressista, sorseggiando un iced coffee nei terrazzi della Milano bene. Si sta consultando un sito appartenente al Miur, per consultare i verbali in cui vengono esplicitati i criteri di valutazione e abilitazione di professori universitari di prima e seconda fascia. Per questo si inarcano le sopracciglia e si sbarrano gli occhi alla lettura di: «Ciascun componente della Commissione dichiara di non avere relazioni di parentela e/o di affinità, entro il 4° grado incluso, con gli altri Commissari…» (tutte le desinenze sono state scritte con la schwa. Avremmo voluto riprodurla per chiarezza ma il sistema editoriale non la riconosce).La vocale che non esiste, la «e» rovesciata, che di per sé sarebbe un suono vocalico neutro, è diventata la nuova forza del politicamente corretto che prospera nei college americani e che ha preso sempre più spazio anche nelle nostre università. Di fatto abolisce la distinzione tra maschile e femminile, seguendo le teorie gender che spopolano in Occidente, propagandando la fluidità e l’indistinzione. E dire che l’Accademia della Crusca si era espressa in maniera decisa sulla bocciatura della schwa, con un lungo articolo del linguista Paolo D’Achille, sancendo che: «Non esistendo lo schwa nel repertorio dell’italiano standard, non vediamo alcun motivo per introdurlo». Roberta D’Alessandro, professoressa di Sintassi e variazione linguistica presso l’Università di Utrecht, commentando ad HuffPost il caso della «e» rovesciata e degli asterischi, aveva affermato perentoria: «Il cambiamento linguistico non accade mai come risultato di un ragionamento a tavolino». Interessante, perché di questo si tratta. Una forzatura linguistica, per cercare di modellare la realtà secondo un’immagine imposta da un pensiero unico reiterato in ambienti progressisti. Nel leggere questa notizia probabilmente non ci saranno studenti universitari sorpresi, ormai soliti a essere appellati come «Gentilissim*» nelle email. Ma vi è una sostanziale differenza tra una comunicazione di un docente a uno studente, che può essere scritta secondo pareri individuali, e la redazione di documenti ufficiali che normalizzano un elemento linguistico che non possiede una propria legittimità. È una notizia importante quanto preoccupante che non deve essere accantonata come l’ennesima questione sul genere, che magari interesserà ai cattolici conservatori, perché un piccolo simbolo come la schwa, denso e impregnato delle teorie gender, vuole essere imposto strizzando l’occhio all’ormai defunto ddl Zan. Alain De Benoist, pensatore francese, ha sintetizzato così l’idea fondamentale della teoria del genere: «Nell’uomo, niente è dato o normato in anticipo, tutto è costruito, e dunque modificabile a volontà in funzione dei nostri desideri». Un vero e proprio trionfo della soggettività, in un mondo abitato da individui fluidi e malleabili, che parlano una neolingua orwelliana in cui vengono censurate le desinenze. Oggi sembra tutto confondersi nello scorrere incessante del flusso di informazioni stordenti veicolate da web e social network, in cui in vetrina ed esposti a dovere ci sono corpi e personaggi che possono essere tutto, fare tutto e normalizzare tutto, andando a intercettare la fragilità di tanti che non trovando risposta al proprio bisogno di felicità e di compimento vengono abbindolati dal flauto magico della teoria di genere.Normalizzare la schwa significa abolire la differenza tra maschile e femminile e abbandonarsi alla retorica del «è tutto uguale» o ancora peggio «fate quello che vi pare, non mi interessa». Dare giudizi anche su piccole questioni linguistiche, rischiando di passare per pignoli omofobi conservatori, serve affinché la marea progressista non ci porti con sé e non ci faccia affogare in profonde acque arcobaleno.
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