2020-06-04
Il mistero del pranzo col consigliere del Csm
La difesa di Luca Palamara ha sentito a verbale il giudice Fava su un suo incontro con Sebastiano Ardita: «Mi riferì: "La Procura di Roma dice di tenere per le p... De Ficchy"», titolare dell'indagine sul ras di Unicost. Però nessuno esplorò la pista del presunto ricatto.C'è un pranzo in un ristorante romano che potrebbe rappresentare, se non una svolta, una nuova e incredibile chiave di lettura nella cosiddetta inchiesta sul Csm. È un incontro a quattro del marzo 2019, cui parteciparono due consiglieri del Csm, Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita (entrambi di Autonomia e indipendenza), la toga progressista Erminio Amelio e Stefano Fava, all'epoca pm della Procura di Roma, molto stimato dai tre colleghi prima di finire nel tritacarne mediatico per il suo esposto contro l'allora procuratore Giuseppe Pignatone. Si parlò anche degli incarichi dati da alcuni indagati in un fascicolo dello stesso Fava e del fratello di Pignatone, tutti fatti che sarebbero, da lì a poco, finiti nell'esposto sopra citato. Ma tra una portata e l'altra, al ristorante Baccanale al 59 di via della Giuliana, si parlò anche del procuratore di Perugia Luigi De Ficchy, il magistrato che aveva in mano il faldone sul pm Luca Palamara. Ardita avrebbe pronunciato una frase che più o meno suonava così: «Paolo Ielo (procuratore aggiunto di Roma, ndr) va dicendo al Csm che tiene per le palle De Ficchy per via del suo commercialista». Il professionista a cui faceva riferimento era Maurizio Sinigagliesi. Fava balzò sulla sedia: «Ma il commercialista l'ho fatto arrestare io e non mi risulta che ci sia materia per un ricatto». Dopo quell'incontro Fava e Ardita si incontrarono altre volte sino a quando, nel maggio 2019, al bar dell'Auditorium, il consigliere informò Fava che il suo esposto era arrivato in Prima commissione (quella che si occupa di trasferimenti d'ufficio per incompatibilità ambientale e di essa fa parte lo stesso Ardita, che oggi la presiede) e che per questo era meglio interrompere la frequentazione. Tutto quello che abbiamo scritto è finito in un verbale raccolto dall'avvocato Benedetto Buratti, difensore di Palamara, nell'ambito delle indagini difensive consentite dal nostro ordinamento. Il legale ha provato, per riscontrare le dichiarazioni di Fava, a far testimoniare Amelio, il quale, però, com'è suo diritto, non ci risulta si sia presentato. Per questo non è stato depositato, al momento, neppure il verbale di Fava.Ma come mai quest'ultimo è stato convocato nei mesi scorsi dallo studio Buratti per essere sentito? Perché questa vicenda il pm l'aveva già raccontata a Palamara nel maggio del 2019, alla vigilia dell'esplosione del caso Csm. E le loro conversazioni erano state captate dal trojan inoculato nel cellulare dello stesso Palamara.Una storia che aveva iniziato a girare anche negli uffici giudiziari, giungendo all'orecchio del cronista. Come dimostra un brogliaccio di una telefonata che avevamo fatto a Palamara il 29 maggio 2019. Ecco la trascrizione dei finanzieri del Gico: «[…] Amadori continua asserendo che Paolo Ielo avrebbe detto a un consigliere del Csm che teneva in pugno De Ficchy per delle intercettazioni relative a un commercialista indagato». Ovviamente stavamo cercando di capire se Palamara sapesse qualcosa di quel presunto ricatto. Il consigliere a cui avevamo fatto riferimento, de relato, è proprio Ardita, e la conferma si ritrova in un'intercettazione del 16 maggio 2019 dove Palamara parla con Fava e gli dice: «Quando tu mi hai detto “noi lo teniamo per le palle" quella frase là, se Sebastiano l'ha detta veramente…». Fava: «È certo che l'ha detta». Palamara: «Mo' Sebastiano dovrebbe ricollegare». Fava: «Eh vabbè… certo». Palamara: «Uno dovrebbe andare da Sebastiano e dirgli: “Guarda questo è la […] questo fanno loro… sono dei ricattatori». Fava: «Penso che lui l'abbia ricollegata già da solo».Durante la conversazione Palamara definisce De Ficchy «telecomandato» a causa dei suoi rapporti con due personaggi coinvolti in inchieste romane, lo stesso Sinigagliesi (il cui nome nel file audio si sente benissimo, ma che gli investigatori non hanno trascritto) e Fabrizio Centofanti, il presunto corruttore di Palamara e suo coindagato. Fava commenta: «Dipende da De Ficchy, fino a quanto si è lasciato coinvolgere su questa cosa». Risposta: «Totale, e te lo sto dicendo, totale… De Ficchy conosce benissimo Fabrizio». Quindi Palamara esprime un giudizio pesantissimo: «Questi sono banditi professionisti, a iniziare dal primo…». Fava: «Pensi che lo ricatti?». Palamara: «Ma certo… è come quello che ti ha detto… se Sebastiano ti ha detto quelle parole… allora devi… cioè… non è che ormai ti devo nascondere le cose… quando avete arrestato Centofanti (febbraio 2018, ndr) lui ogni giorno, mi veniva a parlare, quanto… come hanno fatto su Fabrizio… ogni giorno… cioè io non è che… ora non lo dico a nessuno… cioè questo era… eh… questi sono dei ricattatori di professione e guidati da…». Fava: «Ma che cos'hanno loro su De Ficchy? Questo?». Palamara: «È quello che ti ho chiesto io».Non ci risulta che gli inquirenti perugini abbiano comunicato ai colleghi di Firenze (competenti per le questioni sui magistrati umbri) l'esistenza di tali conversazioni e la possibilità che il loro vecchio capo potesse risultare parte offesa. La storia e l'ipotetico reato non sono stati trattati in nessun verbale, sebbene i magistrati abbiano sottoposto a lunghi interrogatori sia Palamara sia Fava. In considerazione di tutto questo, non è facile capire perché siano state comunque trascritte e depositate le parole dei due magistrati su Ardita e il brogliaccio di chi scrive. Ma la cosa più grave è che la Procura di Perugia, in mezzo a centinaia di intercettazioni, si sia dimenticata di intercettare Centofanti, il presunto corruttore di Palamara. Per lui nessun trojan, né altro tipo di intercettazione, né pedinamenti. Quella umbra è stata davvero una strana inchiesta.
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