2020-07-08
        Il mistero del cd con la richiesta di manette per l’uomo del caso Palamara
    
 
L'ex pm Giancarlo Longo diceva di aver saputo in anticipo dell'arresto e fu accusato di calunnia. Ora spunta il dischetto che lo scagiona. L'ex pm Giancarlo Longo è l'uomo che con le sue dichiarazioni ha fatto partire il caso Palamara, riferendo che l'avvocato Giuseppe Calafiore gli aveva detto che il pm romano aveva ricevuto 40.000 euro per farlo nominare procuratore di Gela. Piero Amara e Calafiore, lo ricordiamo, sono i due legali accusati da diverse Procure di aver aggiustato processi in giro per l'Italia corrompendo giudici. Per questo hanno patteggiato svariati anni di reclusione. Ma hanno negato di aver consegnato denaro a Palamara. Visto che i soldi non si sono trovati e soprattutto Longo non è mai diventato procuratore di Gela, i pm di Perugia Gemma Miliani e Mario Formisano hanno chiesto l'archiviazione per questo capo di imputazione. Però Longo, con le sue dichiarazioni non ha solo tirato in ballo il pm più famoso del momento, ma anche l'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il fratello Roberto, in una vicenda di presunte fughe di notizie a proprio favore. Però questa volta le parole attribuite a Calafiore hanno inguaiato lo stesso Longo, che si è trovato iscritto sul registro degli indagati con l'accusa di calunnia. Alla fine, però, la Procura di Messina guidata dal procuratore Maurizio De Lucia non ha trovato prove sufficienti per incriminarlo e ha chiesto l'archiviazione che il gip ha concesso celermente. Attualmente Longo è recluso nel carcere di Gazzi a Messina, dopo aver patteggiato una pena di cinque anni per corruzione e altri reati, in attesa che il Tribunale di sorveglianza di Roma, a quattro mesi dalla richiesta dell'avvocato Bonaventura Candido di affidamento in prova per il suo assistito, sciolga la riserva. Come abbiamo già scritto a gennaio, da una parte le sue dichiarazioni hanno giustificato perquisizioni e atti d'indagine contro Palamara, dall'altra sono state prese come un tentativo di infangare il buon nome di Pignatone, attuale presidente del Tribunale di prima istanza del Vaticano. Il 30 aprile del 2019 dopo aver interrogato Longo la pm Miliani scrive al collega De Lucia per chiedergli se effettivamente Longo già il 31 luglio 2018 gli avesse riferito «di aver appreso da Calafiore (e poi da Amara) l'esistenza di uno scambio di bozze di richieste di misura» tra lo stesso procuratore di Messina e quello di Roma, all'epoca Pignatone. Nella risposta di De Lucia, datata 9 maggio 2019, si legge quanto dichiarato agli inquirenti peloritani da Longo: «Mi disse Calafiore che c'era stata una riunione di coordinamento tra tutti i pm a fine settembre; a ottobre mi disse poi di andare dall'avvocato, che c'era la richiesta di misura, e mi disse di una mail che il dottor De Lucia avrebbe mandato al dottor Pignatone e siccome Amara e Calafiore erano in contatto con il fratello del dottor Pignatone avrebbero avuto contezza a loro dire della misura cautelare. La mail a suo dire conteneva la bozza della richiesta di misura. Calafiore mi disse che sapeva questa notizia tramite il fratello di Pignatone. L'invio della mail sarebbe avvenuto prima della mia denuncia del 10 ottobre. Sia Amara che Calafiore avevano un rapporto diretto con il fratello di Pignatone (…). Il contenuto della richiesta era noto a Calafiore, lui mi disse che mi stavano arrestando. Mi consigliò di trovare un avvocato bravo e di fare una memoria difensiva». Dopo aver trascritto questo passaggio del verbale, De Lucia scrive alla Miliani: «Mai è stata trasmessa via mail dallo scrivente al dottor Pignatone alcuna bozza della richiesta cautelare in argomento». Quindi Longo si è inventato tutto? Oppure è stato Calafiore ad averlo ingannato? La prosecuzione della frase di De Lucia apre, però, scenari inquietanti: «Una bozza su supporto informatico fu invece consegnata al dottor Ielo, a mani dello stesso, da magistrati di questo ufficio nel corso di una riunione di coordinamento tenutasi in Roma il 18 settembre 2017». Dunque il procuratore nega l'invio della mail, ma conferma che la riunione di cui ha parlato Calafiore c'è stata per davvero e che la bozza con la richiesta di arresto da parte della Procura di Messina era stata consegnata alla Procura di Roma non via posta elettronica, ma su cd e a riceverlo era stato il procuratore aggiunto Paolo Ielo. Tutto questo pare confermare che Calafiore aveva ottenuto, chissà come e chissà da chi, dopo un summit tra magistrati, informazioni autentiche sul prossimo arresto di Longo e le aveva riferite al diretto interessato. Anche perché è difficile inventare la notizia di una bozza d'arresto trasmessa dalla Sicilia alla Capitale e di una contestuale riunione di coordinamento dei pm coinvolti. Va da sé che rivelare una richiesta di misure cautelari a un «catturando» è un reato molto grave. Ci sarebbe poi un'altra clamorosa conferma delle fughe di notizie: il 30 ottobre 2017 l'avvocato Candido ha depositato al Tribunale di Messina una memoria di 10 pagine che contestava punto per punto accuse di cui, almeno in parte, non avrebbe dovuto essere a conoscenza. Inoltre tale autodifesa è stata presentata non alla Procura, ma all'«Ufficio giudice indagini preliminari di Messina», cioè all'ufficio presso il quale avrebbe potuto essere pendente una richiesta di arresto. Nell'incipit del documento firmato da Longo si legge: «Per quanto possa qui occorrere evidenzio che con precedente nota del mio difensore l'autorità giudiziaria procedente è stata informata del mio trasferimento dal Tribunale di Siracusa a quello di Napoli dove ho già assunto le nuove funzioni di giudice istruttore della V sezione civile». Il sottotitolo è molto chiaro: ho cambiato ufficio e non mi occupo più di penale, quindi non ci sono più rischi che io reiteri quei reati per cui magari state per arrestarmi. L'avvocato Candido informato da chi scrive della nota di De Lucia ha commentato: «Adesso meglio comprendo le forti perplessità da cui fu pervaso il dottor Longo quando apprese di essere accusato di calunnia».
        Salvini mostra a Orbàn il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina (Ansa)
    
        Giancarlo Giorgetti (Ansa)