2019-06-03
Giovanni Toti: «Il mio movimento è pronto. Vi dico tutto (tranne il nome)»
Il governatore ligure: «A luglio la costituente: saremo i conservatori “bene educati" e staremo alla sinistra di Salvini. Il Cav? Ha sottovalutato la paura delle classi medie».Presidente Giovanni Toti, ci riveli pure il nome.«Quale nome?».Il nome del suo nuovo movimento. «Lo farei volentieri, ma non lo abbiamo ancora scelto. Ci stiamo lavorando, commissioniamo sondaggi, entro fine giugno decideremo». Ci dica almeno cosa c'è nel simbolo.«Anche quello è un problema. Molti marchi sono già stati adoperati. Abbiamo esaurito i fiori, gli alberi, gli arbusti d'ogni foggia». E quelli non hanno portato granché bene in passato. Magari punterà sulla tradizione animalista. Ci sarà un elefante, come nel partito Repubblicano statunitense?«No, l'elefante è un copyright di Giuliano Ferrara. E poi in Italia, se pensi ai repubblicani, più che Ronald Reagan ti vengono in mente Giovanni Spadolini e Ugo La Malfa. Non so, forse potremmo organizzare un contest, una sorta di concorso. Scherzi a parte, l'importante è mettersi d'accordo sui contenuti. Il vestito conta relativamente». Che poi un partito lei ce l'avrebbe già. Quello che qualche giorno fa si è riunito a Palazzo Grazioli per annunciare un congresso e una selezione più democratica della classe dirigente. Di fronte a questa perestrojka azzurra, lei dovrebbe essere uno dei più soddisfatti, o no? «Diciamo che è stato legalizzato il dissenso, quello che fino a ieri era quasi proibito, come ho sperimentato sulla mia pelle. Ma se questo dissenso abbia imboccato una via costruttiva, è ancora tutto da vedere. Purtroppo la liturgia mi sembra quella di sempre: dal luogo simbolo della riunione, ai partecipanti, alla sintassi del documento finale, siamo ancora nel mondo dei vecchi partiti chiusi in sé stessi».Ma oggi si sente più dentro o più fuori dal partito di Silvio Berlusconi?«Vorrei essere dentro un mondo che si rinnova. Mi fa piacere che qualcuno riconosca tardivamente concetti che affermo da mesi. Però a oggi non capisco perché mai un solo elettore che ci ha voltato le spalle debba tornare a votare Forza Italia. Solo perché facciamo un congresso? Come autocritica, mi sembra un po' poco». Berlusconi ha detto chiaramente che il capo resta lui. «È il fondatore di questa area politica. Immaginare che non abbia un ruolo è da mitomani, e non soffro di malattie psichiatriche così gravi. Però ha commesso degli errori: ha sottovalutato la paura delle classi medie, non ha avviato un percorso virtuoso per adeguare la classe dirigente. Poi, come accade in tutti gli imperi maturi, è sopravvenuto il caos: le alleanze con il Pd in Sicilia, le larghe intese con Enrico Letta, il Nazareno, certi dirigenti che sono andati all'arrembaggio dei barconi dei migranti. È chiaro che alla fine l'elettore si è smarrito». La accusano di aver fatto campagna elettorale per Fratelli d'Italia. «A dir la verità non è che sia stato molto invocato. E comunque non ho fatto campagna elettorale per nessuno. Io faccio il governatore: rappresento una coalizione regionale di cinque partiti. Mi sono limitato a esortare il voto al centrodestra, senza partecipare a manifestazioni con simboli di partito». Entro luglio si celebrerà la costituente di questa sua nuova entità: è un'Opa su Forza Italia?«Stiamo ragionando su un appuntamento senza sigle di nessun tipo, che possa mettere insieme gli uomini di buona volontà, dai parlamentari ai consiglieri comunali. L'obiettivo è sollecitare un risveglio di un'area di centrodestra che rischia di soccombere dinanzi all'avanzata della Lega». Eppure il centrodestra nel suo insieme è in ottima salute.«Sì, ma solo per via del 34% della Lega, non certo per l'otto per cento di Forza Italia. Chi dice che il centrodestra è in forma, mi ricorda quei torinesi che dicevano “io e Gianni Agnelli, presi insieme, siamo miliardari"».Insomma, vorrebbe essere il megafono della famosa maggioranza silenziosa, che alle ultime europee sembra essere scomparsa. «Ma quella maggioranza c'è, e ogni tanto riappare: nelle piazze di Torino a favore della Tav, nei raduni delle associazioni di categoria, nei distretti produttivi che vivono come un affronto le misure del governo». È scattata la gara per occupare il centro del sistema politico. E siccome i vuoti in politica prima o poi si riempiono…«Dobbiamo evitare di lasciare troppo spazio al Partito democratico, che se al centro non trova un contraltare rischia di dilagare. Non ce lo possiamo permettere. Serve un movimento moderato che si collochi alla sinistra di Matteo Salvini, alleandosi con la Lega, e alla destra del Pd». Questa nuova sigla si affiancherebbe a Giorgia Meloni, o sarà un contenitore che comprende entrambi?«È presto per dirlo. Sto parlando per ora di un movimento d'opinione, una sirena d'allarme. Ci ragioneremo con Fratelli d'Italia. Vedremo la strada che imboccherà Forza Italia. Sono mondi che derivano da un unico padre putativo, il Pdl: sono stati insieme allora e possono tornare insieme oggi. Giorgia Meloni ha dato segnali di disponibilità, tuttavia lei gioca nel campo sovranista. Io vorrei raccogliere l'eredità dei partiti socialisti riformisti, liberali, repubblicani, cristiano-democratici». E dunque chi ci sarà nel suo pantheon? Ronald Reagan, Margaret Thatcher, François Mitterrand con la sua «force tranquille»?«Il messaggio di queste grandi figure va aggiornato allo shock della globalizzazione e alla recessione che ha impoverito le classi medie. Per restare alla tradizione francese, sogno un “rassemblement pour la République": un movimento conservatore, borghese, ben educato, ma fermo nei suoi valori, che presti attenzione al grido di dolore che arriva dalle imprese».Insomma, la coscienza razionale dei sovranisti?«Oggi alla prova dei fatti mi sembrano più sovranisti Emmanuel Macron e Angela Merkel, che riescono benissimo a fare gli interessi delle loro nazioni, rispetto ai rappresentanti del sovranismo urlato che abbiamo in Italia». Si tornerà a votare a fine settembre? «Difficile. Occorre neutralizzare le clausole di salvaguardia. Votare senza la manovra economica approvata, peraltro con questa legge elettorale, significa rischiare l'esercizio provvisorio. Credo che il presidente Sergio Mattarella, prima del salto nel buio delle elezioni, pretenderà almeno la sicurezza dei conti». Intanto assistiamo al pasticcio della lettera del ministro Giovanni Tria all'Europa: prima trapelata, poi smentita. Non ci sono tagli al welfare, c'è la flat tax, ma non in deficit. «Ormai la storia delle missive tra Italia ed Europa è diventata un genere letterario. Una sorta di romanzo d'appendice, di quelli che si pubblicavano sulla Domenica del Corriere. La verità è che sistemare i conti “sulla carta" non è un problema. Se la preoccupazione è l'aumento dell'Iva o del debito, un bravo ministro come Tria metterà per iscritto ciò che tutti vogliono sentirsi dire. Il guaio è che, oltre alla contabilità, non vedo misure per ridare fiato al Paese». La «tassa piatta» potrebbe essere una di queste: è sostenibile?«Ovviamente ridurre la pressione fiscale è un tema importante, ma è legato alla diminuzione della spesa pubblica e al momento non ne vedo le condizioni. Ritengo più urgente aumentare la produttività del lavoro per consentire alle imprese di pagare stipendi più alti. Più soldi nelle tasche degli italiani aumenterebbero la domanda interna e il gettito fiscale. E innescherebbero un percorso virtuoso che in prospettiva porterebbe anche alla realizzazione della flat tax». Quindi questa finanziaria sarà solo un esercizio contabile? «Temo di sì. Non vedo una politica economica. Quei pochi soldi per gli investimenti sono bloccati. Il reddito di cittadinanza non aumenterà i consumi, come non li hanno aumentati gli 80 euro di Matteo Renzi. E quota 100, pur essendo uno strumento di equità sociale, non è un toccasana per l'equilibrio dei conti». Ha ragione Salvini quando batte i pugni sul tavolo per sforare il 3%, o il tavolo tra poco verranno a pignorarcelo? «Sforare il 3%? La vedo dura. In Europa comandano ancora popolari e socialisti, eventualmente con l'aggiunta dei liberali, alfieri del rigore. Certo, se avessimo utilizzato lo sforamento del debito per fare investimenti e un grande piano di lavori pubblici, oggi la manovra sarebbe molto più digeribile per le autorità europee, ancorché in deficit. Invece abbiamo speso 5 miliardi per il reddito di cittadinanza. L'Europa spesso esagera con la severità, però con questa politica le abbiamo procurato tutti gli appigli possibili». Dunque il governo continuerà a barcollare senza cadere?«Le cose precarie in Italia spesso durano decenni. I 5 stelle rivincite immediate non ne troveranno: rischiano di fare come quei giocatori di casinò che, per rifarsi della perdita, rilanciano e si rovinano. Salvini avrebbe interesse ad andare a votare, ma ha qualche problema con la geometria d'attacco della sua squadra. Non ha ancora la quadra per l'offensiva finale».
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