Acea, l'associazione europea dei costruttori, ha comunicato dati da brivido: nei mercati relativi alle nazioni dell'Ue più il Regno Unito e i paesi dell'Efta (Islanda, Liechtenstein, Svizzera e Norvegia), il volume rispetto all'anno scorso è precipitato a -17,5%. La frenata maggiore la segnano Germania con -31,7%, Italia con -24,6% e Spagna -12,3%.
Acea, l'associazione europea dei costruttori, ha comunicato dati da brivido: nei mercati relativi alle nazioni dell'Ue più il Regno Unito e i paesi dell'Efta (Islanda, Liechtenstein, Svizzera e Norvegia), il volume rispetto all'anno scorso è precipitato a -17,5%. La frenata maggiore la segnano Germania con -31,7%, Italia con -24,6% e Spagna -12,3%.La politica europea per il settore automotive si è rivelata un disastro totale. Tra eco-dictat suicidi, incertezze normative, dipendenza dalla Cina per la componentistica ed effetti post pandemia, nell'anno che sta per chiudersi sono state immatricolate poco più di 864.000 autovetture, un numero molto vicino a quello totalizzato nel 1993. Per l'Europa un contagio negativo che parte dalla Germania, dove l'allarme era già rosso nell'ottobre scorso e imputato alla crisi, ovvero carenza, di disponibilità dei circuiti integrati.Dunque a dar retta ai tecnici il fenomeno sarebbe da imputare alla carenza di componentistica elettronica, tanto che alcune case consegnano vetture nuove con tempi meno dilatati rispetto alla media ma prive di accessori, con la promessa che essi saranno installati gratuitamente una volta disponibili. Un salto indietro nei numeri di ben 28 anni che non era del tutto imprevedibile, del resto fino a quando l'idea di assessori locali ed eurodeputati è quella di eliminare del tutto il traffico privato entro vent'anni, e da quando possedere una vettura di proprietà viene considerato un peccato insegnandolo persino nelle scuole, le possibilità di recuperare sono destinate a fallire.I dati da brivido li ha comunicati Acea, l'associazione europea dei costruttori, e sono relativi alle nazioni dell'Ue più il Regno Unito e i paesi dell'Efta (Islanda, Liechtenstein, Svizzera e Norvegia).Il volume sull'anno scorso è -17,5%, in leggera ripresa su quanto stava emergendo a ottobre, quando Acea registrava quasi il -30%. Riprendendo il comunicato ufficiale del sodalizio, mentre da gennaio a giugno si era arrivati a +27% sull'anno precedente, nel secondo semestre non si è andati oltre il 10,4% (fino a fine novembre), ovvero ad aver messo su strada 10.824.670 veicoli, poi il tracollo. E tra tutti i mercati presi in considerazione, soltanto il Regno Unito oggi, ovvero quasi a fine anno, segna un +1,7%, mentre la frenata maggiore la segnano Germania, con -31,7%, l'Italia con -24,6% e la Spagna -12,3%. Guardando all'anno intero il nostro Paese mostra comunque un residuo positivo derivante dal primo semestre, seppur oggi eroso, a +8,6%, mentre gli altri Pesi vedono lievi aumenti momentanei tra il 2,5% e il 3,8%, salvo la Germania che segna tuttora -8%. Sarà l'onda lunga del diesel gate, la mancanza di chip o l'aumento dei costi, ma le auto tedesche pare non piacciano più come qualche anno fa. E se il calo per Mercedes-Benz (-29,5%) e Daimler (-28,3%), Smart (-12,3%), non è distante da quelli di Bmw e Mini, che perdono il 18,6% e il 2,8%, la situazione è decisamente grave per il gruppo Volkswagen che ha perso oltre il 33%, con il marchio principale che lascia il 38,8%, Audi il 34%, Skoda il 28,6%, Seat il 27,2%, mentre crescono i marchi di lusso, con Lamborghini, Bugatti, Porsche e Bentley crescono 2,7%. Con -23,5% Stellantis vede tutti i suoi marchi in negativo: Alfa Romeo -37,4%; -9,5% per la Citroën -9,5%; Ds -12,7%; Fiat -26,4%; Jeep -36,7%; Lancia -23,9%; Maserati Dodge Ram -36,7%; Peugeot -22,8% e Opel-Vauxhall -28,4%. Stessa brutta musica Renault, che segna -22,3% e Volvo, -19,5% e Jaguar Land Rover con quasi -36%. Chi mantiene motorizzazioni coerenti con la realtà e prezzi accessibili vince: +4,2% per Dacia e +56,9% per Lada, e anche chi propone un glorioso passato, come dimostra il +95% di Alpine, che tuttavia prima del Covid non era ancora ben schierata sul mercato. Infine crollo per Ford, -43,7%. Una parte del mercato è migrato verso i costruttori asiatici più dinamici, con Hyundai e Kia che segnano +28% e +13%. Tutte le altre case ricadono però nella crisi, con Toyota che segna -12,3%; Nissan vicina a -24%, Mazda -31,6%, Honda -17,8% e Mitsubishi -5,3. Quanto al fatto che i modelli più costosi e pregiati soffrano meno la crisi ciò pare sia dovuto essenzialmente a due fattori, uno proprio dei beni di lusso, che risentono meno delle crisi, l'altro dal fatto che i costruttori a corto di componenti elettronici in comunanza di parti tra i loro modelli danno la precedenza ai prodotti che garantiscono loro maggiore marginalità. Tanti numeri che pongono la regina delle domande, come uscirne? Secondo il Centro studi Promotor, che la scorsa settimana ha tenuto a Bologna la sua 29° conferenza, la prima metà del 2022 indicherà se il settore sarà in grado di riprendersi oppure se questa situazione si protrarrà per un altro anno almeno. Di certo l'inizio del 2022 vedrà ancora le vendite ridotte tra il 25% e il 30% rispetto al 2019, quindi con numeri lontani da quelli che dovrebbero contribuire al rinnovo del parco circolante come si aspetta la politica di Bruxelles e, dalla settimana scorsa, anche quella del Governo. Soltanto in Italia però sarebbe possibile intervenire, non tanto con altri incentivi all'elettrico, quanto con la possibilità di aiuti anche per la messa in strada di motori Euro 6D, facilitando la rottamazione di vetture con oltre dieci anni di vita, oppure favorendo l’acquisto di vetture a basso impatto ambientale senza troppi cavilli burocratici per ottenere lo sconto. Servirebbe quindi escogitare un modo per attenuare gli effetti della transizione sull'occupazione degli addetti della filiera in pericolo, che sono qualche centinaio di migliaia in tutta l'Unione e che ricomprendono ormai anche gli addetti alle vendite nei concessionari, luoghi che le case stanno cercando di scavalcare riducendoli a posti nei quali si va a ritirare una vettura ordinata online. Fa eco al Centro studi Promotor l'associazione di filiera AsConAuto (956 concessionari, 95 marchi rappresentati, 23.519 autoriparatori in 102 province italiane), sodalizio focalizzato sulle attività dei concessionari e delle officine, il cui presidente Fabrizio Guidi, durante il Digital Dealer Tour di Bari (15 dicembre) ha osservato: «Il venditore è un imprenditore attento alle sue marginalità che non delega il proprio business e presidia con forte attenzione il proprio territorio. Se è vero che su internet contano i lead (persone che lasciano generalità per ottenere informazioni), questi sono le persone che entrano nelle concessionarie della nostra rete e creano rapporti e relazioni. E l'assistenza, che spesso è sottovalutata nella concessionaria, in realtà con i suoi guadagni è una parte importante per lo sviluppo del business, sia dal punto di vista delle vendite, sia per quanto riguarda la fidelizzazione dei clienti».Dunque perché il settore automotive si possa riprendere serve più realismo da parte della politica sulla transizione all'elettrico, meno dipendenza dalle produzioni asiatiche e possibilmente automobili più economiche da parte dei costruttori. Magari con più opzioni sui carburanti e meno tablet incastonati nei cruscotti e automatismi di bordo che sovente restano inutilizzati.
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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