2025-01-07
Il «Menhir» nazionalista è caduto. Addio al papà di tutti i populisti
Coraggio fisico, stile di vita gaudente, battute fulminanti e scivoloni verbali: il fondatore del Front national morto a 96 anni. Ha anticipato l’era dei sovranismi, diventando l’incubo di media e intellettuali progressisti.Il Menhir è caduto. Jean-Marie Le Pen ha definitivamente tolto il disturbo a quella Francia in cui per più di mezzo secolo non ha cessato di compiere scorrerie corsare. Il vecchio leone se n’è andato a 96 anni a Garches (Hauts-de-Seine), in una struttura dove era stato ricoverato diverse settimane fa. Non sappiamo se abbia rispettato la profezia fatta qualche tempo fa su se stesso: «Non me ne andrò in una poltrona recitando il rosario». Per la classe mediatico-intellettuale transalpina è la fine di un incubo. Lo odiavano tanto da averlo trasformato in una demoniaca categoria dello spirito: la lepénisation, l’attrazione verso il buco nero populista da cui ogni politico deve eternamente dimostrare di essere immune.Nato il 20 giugno 1928 a Trinité sur Mer, in Bretagna, Jean-Marie è figlio di Jean Le Pen, un armatore, e di Anne-Marie Hervé, di famiglia contadina. È «pupillo della nazione», cioè orfano di guerra. Il peschereccio del padre, infatti, salterà su una mina, causando la morte dell’uomo. Nel novembre del 1944, a 16 anni, chiede al colonnello Henri de La Vaissière di poter partecipare alla resistenza. Ebbene sì: il «fascista», il «nazista» Le Pen ha tentato di partecipare alla resistenza! La risposta è negativa: «Ormai è stato dato l’ordine di assicurarsi che i nostri volontari abbiano 18 anni compiuti. Sei un pupillo della nazione, bada a tua madre». Si laurea in scienze politiche con una tesi sulla corrente anarchica dopo il 1945, dopodiché svolge i più svariati mestieri, dal pescatore al minatore. Nel frattempo vende per le strade il giornale dell’Action française, Aspects de la France, e non di rado sperimenta il confronto fisico con gli avversari politici. Durante la guerra d’Indocina si arruola nel 1° Battaglione paracadutisti. Nel 1955 diventa delegato generale dell’Union de Défense de la jeunesse française di Pierre Poujade, il movimento anti-fisco simile al nostro qualunquismo che conquistò 52 deputati e 2,4 milioni di voti all’Assemblea nazionale nel 1956 (tra cui appunto Le Pen). In quell’anno diventa il primo uomo politico francese a far eleggere un francese di religione musulmana, tale Ahmed Djebbour. Per difendere quest’ultimo in una rissa, nel 1958, prende un colpo all’occhio sinistro, del quale perderà progressivamente l’uso nel corso degli anni. Il trauma lo costringe per qualche tempo a farsi vedere in giro con una benda da pirata, elemento che ne amplifica l’immagine picaresca. Quanto a lui, eletto a 27 anni, diventa il più giovane parlamentare eletto all’Assemblée nationale. Eppure lascia i banchi parlamentari per andare a volontario nella guerra d’Algeria. Partecipa anche allo sbarco delle forze franco-britanniche a Suez. Decorato con la Croce al valore militare, dopo la guerra si impegna nella battaglia per l’Algeria francese.Partecipa anche alla campagna per Jean-Louis Tixier-Vignancourt, il primo candidato all’Eliseo a destra di De Gaulle, che nel 1965 prende il 5,2% dei voti. Nel 1972 è tra i fondatori del Front national, anche se gli esordi elettorali non sono esaltanti: alle presidenziali del 1974 ottiene appena lo 0,75% dei suffragi. Alle legislative del 1978 non va meglio, dato che il Fn ottiene lo 0,33 %. La svolta avviene nel 1984: il 13 febbraio Le Pen viene invitato per la prima volta alla popolare trasmissione televisiva L’Heure de vérité. La Francia scopre un politico nuovo, brillante e controcorrente. Appena dopo l’exploit televisivo, le intenzioni di voto per il Fn passano dal 3,5 al 7%. Il giorno dopo, davanti alla sede del partito di via Bernouilli, staziona una lunga coda di francesi vogliosi di aderire. Alle europee di quell’anno il partito ottiene il 10,95% dei voti. Si dice che sia stato il presidente socialista François Mitterrand a garantire spazi alla televisione di Stato a Le Pen per inguaiare gollisti e centristi. Nel 1984 viene anche eletto al Parlamento europeo, presso il quale verrà riconfermato anche nelle elezioni successive, fino alla decisione della Corte di giustizia della Comunità europea che il 10 aprile del 2003 lo priva d’ufficio del suo seggio dopo i fatti di Mantes-la-Jolie, quando il leader del Fn, nel 1997, viene accolto da immigrati, attivisti di sinistra e antirazzisti pronti alla guerriglia. L’ex parà - all’epoca sessantanovenne - si getta nella mischia senza troppe remore («Se mi aggrediscono, io non ho mai paura di un altro uomo, e nemmeno quando sono in tanti»), subendo per questo la denuncia di una candidata socialista.Nel frattempo mette anche su famiglia. Dal suo primo matrimonio con Pierrette Lalanne (da cui divorzierà nel 1985) ha tre figli: Marie-Caroline, Yann, Marine, che a loro volta gli danno nove nipoti (tra questi, figlia di Yann, figura anche la futura deputata Marion Maréchal-Le Pen). Le Pen si risposa nel 1991 con Jeanne-Marie Paschos, detta Jany. Sul piano internazionale, le posizioni sono ondivaghe. Se negli anni Ottanta Le Pen si atteggia a Reagan francese, nel 1990 si reca in Iraq dove incontra Saddam Hussein alla testa di una delegazione europea di cui fa parte anche Gianfranco Fini. Negli anni Novanta, Le Pen incontra anche Radovan Karadzic. I risultati elettorali, comunque, arrivano senza sosta e testimoniano l’esistenza di un elettorato frontista che vota il partito sistematicamente e non solo «per protesta»: presidenziali 1988: 14,38%; politiche 1988: 9,66%; europee 1989: 11,73%; politiche 1993: 12,42%; europee 1994: 10,52%; presidenziali 1995: 15%; politiche 1997: 14,94%. A questi successi contribuisce anche la propaganda massiccia che il partito pone in essere: si calcola che l’atelier di propaganda frontista Apfn, tra l’89 e il ’99 abbia diffuso un manifesto al mese di media.Alle presidenziali del 2002, come accade ormai da anni, Le Pen decide di presentarsi in prima persona. Dalle urne esce una vera e propria rivoluzione: Le Pen conquista il 16.86% dei voti e va al ballottaggio contro Jacques Chirac (19,88%). Per Lionel Jospin, che è riuscito a tenere la sinistra fuori dal secondo turno (16,18%), è semplicemente la morte politica. La sinistra di ogni ordine e grado chiede di andare a votare per Chirac turandosi il naso. Alcuni elettori di sinistra lo fanno platealmente con una molletta sulle narici. Il sindaco socialista di Villemagne, 220 abitanti, organizza una disinfezione generale con tanto di mascherine da chirurgo, pediluvio e spray detergente, per gli elettori di sinistra costretti a votare Chirac. Il quale, alla fine, trionfa con l’82,21%, maggior risultato dell’intera storia francese dopo aver conquistato al primo turno il primato opposto: mai un presidente in carica aveva preso così poco dopo sette anni all’Eliseo. Dotato di grande carisma, istrionico, oratore magnetico, conversatore brillante dalla battuta pronta, uomo dotato di grande coraggio anche fisico, Le Pen incarna un certo tipo di francese alla Gérard Depardieu, un sanguigno epicureo lontano dalla figura emaciata del bourgeois-bohème parigino. Nelle sue memorie ha ricordato: «Avevo tra i miei amici il radicale italiano (molto radicale) Marco Pannella. Non negavo i tabù, al contrario: li trasgredivo. Non sono cambiato, sotto questo aspetto. Riconosco il valore della legge anche se la contraddico, sono un uomo d’ordine che si comporta talvolta in maniera disordinata, è lo spirito dei Lupercali e del carnevale. A partire da tutto ciò, il mio amico Claude Chabrol ha creato la mia reputazione di gaudente anticlericale. Non è vera, anche se ci piaceva bere e ho fatto a volte cose poco rispettabili». Il suo solo magnetismo (il soprannome Le Menhir fa riferimento alle sue origini bretoni, ma anche al suo carisma) ha garantito per anni il «compromesso nazionalista» fra diverse correnti e sensibilità, anche a costo di procrastinare in eterno alcuni nodi politici. Ad esempio il carattere piuttosto fragile, non radicato, meramente elettorale del Front national. Che sotto la sua guida resta un giocattolo personale, una monarchia assoluta, quasi un clan prepolitico. È in questi termini, del resto, che viene affrontata la questione della successione, risolta infine - molto tradizionalmente - nell’ambito della famiglia stessa: Marine gli succede alla testa del partito nel gennaio del 2011. Le Pen ha un impianto ideologico fluido, pragmatico, con un asse portante (nazionalismo, anti-immigrazionismo) e alcuni elementi variabili (posizioni economiche e di politica internazionale). In un articolo del 2008, Alain de Benoist, che non ha mai avuto troppa simpatia per Le Pen, ne tracciava questo ritratto in chiaroscuro: «Coraggioso, in possesso di una innegabile cultura storica, dotato di un istinto politico acuto, egli non è in compenso un teorico. Il suo scopo principale è meno quello di difendere delle idee, che egli cambia del resto frequentemente come attestato dalle variazioni del suo programma (specialmente in materia economica), che quello di riunire una “famiglia” tradizionalmente divisa». In questo, Le Pen è stato un precursore del populismo televisivo, del berlusconismo, del trumpismo.Un po’ per strategia mediatica, un po’ per vizio congenito, Le Pen fa spesso ricorso all’ironia fulminante. Non di rado facendosi prendere la mano. Sono i famosi dérapage lepenisti. In un comizio chiamò il ministro della Funzione pubblica del governo Mitterrand, Michel Durafour, «Dura-four crématoire», creando un sinistro gioco di parole fra il suo cognome e l’espressione «forno crematorio». Ma il suo scivolone più celebre fu la questione del détail. Interrogato sulle camere a gas nel corso di un dibattito televisivo, il leader frontista, preso un po’ alla sprovvista, rispose: «Sono un appassionato della storia della Seconda guerra mondiale. Mi pongo un certo numero di domande. Non dico che le camere a gas non siano esistite. Io non ho potuto vederle. Non ho studiato la questione in modo speciale. Ma credo che sia un dettaglio nella storia della Seconda guerra mondiale». Il clamore per questa risposta fu enorme. Ancora nel maggio 2014, a ridosso delle europee che vedranno poi il partito guidato dalla figlia Marine trionfare nettamente, Jean-Marie si è lasciato sfuggire una delle sue freddure sulfuree: «L’immigrazione? Il Signor Ebola può risolvere il problema in tre mesi». Questa continua ricerca della provocazione, questa tendenza all’esondazione verbale, perseguita anche negli ultimi anni, suggerisce a Marine - che ha già cambiato nome del Front national nel più ecumenico Rassemblement national - di prendere progressivamente le distanze da un padre tanto ingombrante. È la strategia della dédiabolisation, che il vecchio Menhir non perde occasione per criticare. Si dice che invece nonno Jean-Marie avesse un debole per Marion, oggi eurodeputata dei Conservatori e riformisti. I Le Pen non sono mai stati una famiglia semplice. C’è sempre stata tempesta all’ombra del Menhir.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.