2019-02-10
Il manifesto della fede del cardinale Müller per bacchettare il Papa
Il prefetto emerito diffonde un testo che fissa i punti cruciali della dottrina: «C'è sempre più confusione, troppi vescovi preferiscono agire da politici».Francesco incontra le prime cittadine ideologizzate di Madrid (Manuela Carmena) e Barcellona (Ada Colau) con il leader di Open Arms, Oscar Camps. Nel frattempo, però, le partenze calano e con esse anche i naufragi.Lo speciale contiene due articoli.Nominato da papa Benedetto XVI a prefetto dell'ex Sant'Uffizio, il ruolo che lo stesso Joseph Ratzinger ha occupato per circa 25 anni, il cardinale Gerhard Müller ha diffuso l'8 febbraio, in sette lingue, un «manifesto della fede» con il chiaro intento di mettere i puntini sulle «i». Lo fa da prefetto emerito, visto che papa Francesco lo ha sollevato dall'incarico nell'estate del 2017, allo scadere preciso del mandato quinquennale quando il cardinale non aveva ancora compiuto 70 anni. Müller scrive che «molti vescovi, sacerdoti, religiosi e laici della Chiesa cattolica» lo hanno «invitato a dare pubblica testimonianza verso la verità della rivelazione», perché c'è «sempre più diffusa confusione nell'insegnamento della fede». Papa Francesco non è mai nominato, ma è chiaro che viene chiamato in causa: la sua reiterata enfasi su accompagnamento e discernimento, secondo molti osservatori, mette in secondo piano il giusto rapporto tra dottrina e pastorale, tra verità e misericordia. Perché come disse nel 2014 il compianto cardinale Carlo Caffarra, una delle quattro porpore che poi presentò a Francesco i dubia su un capitolo dell'esortazione Amoris laetitia, quando si parla di prassi si può anche dire che non si tocca la dottrina, «ma lo si fa».Le citazioni del manifesto di Müller, che è una specie di sintesi estrema dell'abc cattolico, sono prese da due libri: il Vangelo e il Catechismo, i capisaldi della fede. L'interpretazione data da molti media è la solita: il manifesto sarebbe l'ennesimo attacco dell'ala conservatrice a Francesco, mostrando così ancora una volta, al di là della scelta fatta dal cardinale, che della dottrina si finisce per dare una lettura essenzialmente politica. Invece, il deposito della fede, dice Müller citando san Paolo, è qualcosa che viene trasmesso così come è stato ricevuto, seppur in un contesto di sviluppo che però ha i suoi criteri per essere valutato.Tra l'altro, come si legge nel manifesto, «oggi molti cristiani non conoscono più nemmeno i fondamenti della fede» e predomina un senso di essa quasi esclusivamente esperienziale. Che Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, sia «l'unico mediatore tra Dio e gli uomini» non è proprio un fattore secondario, scrive Müller. È recente la polemica sollevata da una frase scritta nel Documento sulla fratellenza umana che papa Francesco ha cofirmato ad Abu Dhabi con il grande imam di Al Azhar Ahmad Al Tayebb. C'è, infatti, un passaggio che sembra dire che in qualche modo le diverse religioni siano volute da Dio, un concetto di indifferentismo che non ha ragioni valide. Müller sembra rispondere a questa polemica: «La differenza delle tre persone nell'unità divina segna una differenza fondamentale nella fede in Dio e nell'immagine dell'uomo rispetto alle altre religioni». Non si tratta qui di fondamentalismo, ma di fare chiarezza e non confondere i piani del giusto dialogo interculturale con quello del sincretismo religioso.Il cardinale Müller ricorda che «Gesù Cristo ha fondato la Chiesa come segno visibile e strumento di salvezza, che sussiste nella Chiesa cattolica» e che «la Chiesa non è un'associazione creata dall'uomo, la cui struttura può essere modificata dai suoi membri a proprio piacimento». È in questo contesto che l'insegnamento della Chiesa non è questione da sottoporre alla moda del tempo, sia essa filosofica o teologica, ma, dice il porporato tedesco, «compito del Magistero della Chiesa nei riguardi del popolo di Dio è quello di “salvaguardarlo dalle deviazioni e dai cedimenti" affinché possa “professare senza errore l'autentica fede"».Il riferimento all'impossibilità di ricevere l'eucaristia (per i fedeli, lo ricordiamo, è il corpo di Cristo) qualora ci si trovi in uno stato di peccato grave, permette al cardinale di fare un elenco che rimanda ad alcuni temi di forte discussione aperti da processi avviati dal Papa. «Dalla logica interna del sacramento (della confessione, ndr) si capisce», scrive Müller, «che i divorziati risposati civilmente, il cui matrimonio sacramentale davanti a Dio è ancora valido, come anche tutti quei cristiani che non sono in piena comunione con la fede cattolica e pure tutti coloro che non sono debitamente disposti, non ricevano la santa eucaristia fruttuosamente». Ogni riferimento alla battaglia ecclesiale sull'accesso all'eucaristia per i divorziati risposati e la questione dell'intercomunione con i luterani, entrambi processi avviati da Francesco, non è puramente casuale.«La legge morale», scrive ancora Müller anche a proposito della formazione della coscienza, «non è un peso ma fa parte di quella verità liberatrice (cfr Gv 8,32) attraverso la quale il cristiano percorre la via della salvezza e non deve essere relativizzata». Il manifesto è una breve ed essenziale sintesi delle cose da credere, senza le quali resta una fede fai da te, un supermarket religioso che è anch'esso segno dei tempi. «Tacere su queste e altre verità di fede oppure insegnare il contrario è il peggiore inganno», avverte l'ex prefetto della dottrina della fede, arrivando a dire che «ciò rappresenta l'ultima prova della Chiesa, ovvero “una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell'apostasia della verità". È l'inganno dell'Anticristo (…)».«Molti si chiedono oggi», conclude Müller, «per quale motivo la Chiesa esista ancora se gli stessi vescovi preferiscono agire da politici piuttosto che da maestri della fede proclamare il Vangelo. Lo sguardo non deve soffermarsi su questioni secondarie, ma è più che mai necessario che la Chiesa si assuma il suo compito proprio». E cita il vangelo di san Marco: «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc 8,38). Pertanto ci impegniamo a rafforzare la fede confessando la verità che è Gesù Cristo stesso».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-manifesto-della-fede-del-cardinale-muller-per-bacchettare-il-papa-2628488484.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="intanto-bergoglio-riceve-in-vaticano-le-ong-e-le-pasionarie-pro-invasione" data-post-id="2628488484" data-published-at="1757959115" data-use-pagination="False"> Intanto Bergoglio riceve in Vaticano le Ong e le pasionarie pro invasione Il dogma della Infallibilità del Papa, come fu stabilito nel 1870, dopo lunghissime discussioni del Concilio Vaticano Primo (il Pontefice era Pio IX), con la costituzione dogmatica Pastor Aeternus, vale solo «quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di pastore e di dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi». Dunque, il Santo Padre non è infallibile quando, come ad esempio ha fatto ieri Papa Francesco, fa sapere, attraverso una nota ufficiale, di avere «incontrato in Vaticano, in forma privata, il sindaco di Madrid, Manuela Carmena, e quello di Barcellona, Ada Colau, con il fondatore di Open Arms, Oscar Camps. Durante il cordiale colloquio», informa la nota, «si è parlato in particolare del tema dell'accoglienza dei migranti». L'incontro è avvenuto l'altra sera, poche ore prima che ieri il Viminale rendesse noti i dati sugli sbarchi di immigrati in Italia in questo primo scorcio del 2019: -95,7% rispetto allo stesso periodo del 2018. Il gesto del Papa, è evidente, rappresenta una spinta al ritorno in mare delle navi delle Ong, quelle stesse navi che, sostando di fronte alle coste della Libia, rappresentano un incentivo al traffico di esseri umani. La Open Arms, in particolare, è bloccata nel porto di Barcellona dallo scorso 14 gennaio. Chi impedisce alla imbarcazione di ripartire e dirigersi verso la Libia? La «spectre» sovranista? No: a fermare la nave Open Arms, battente bandiera spagnola, che fa capo alla Ong Proactiva Open Arms, spagnola anch'essa, è stato quel gran pezzo di progressista di Pedro Sanchez, il premier spagnolo socialista idolo della sinistra planetaria. È stato il governo di Madrid, infatti, attraverso la Capitaneria di porto di Barcellona, a bloccare la nave poiché «viola le norme internazionali in materia di salvataggio in mare». Poche settimane prima, il 28 dicembre scorso, dalla Open Arms erano sbarcati ad Algeciras, in Andalusia, 311 immigrati, caricati a bordo di fronte alle coste libiche. Malta e l'Italia avevano detto «no» allo sbarco, e la Open Arms se ne era andata in Spagna. Dopo aver sbarcato i 311 immigrati, concluso il cambio di equipaggio e il rifornimento, la nave era pronta a riprendere il largo, ma il governo del compagno Sanchez ha intimato lo stop. Facile immaginare che la partecipazione del sindaco di Barcellona, Ada Colau, e di quello di Madrid, Manuela Carmena, all'incontro «privato» tra Papa Bergoglio e Oscar Camps sia servita per serrare i ranghi: da settimane la Ong sta mettendo sotto pressione il governo spagnolo, con petizioni e manifestazioni, per far sì che la Open Arms possa tornare di fronte alle coste libiche. Per ora, nulla da fare: Sanchez sarà pure socialista, ma fesso no, e ha capito bene che con la nuova politica sull'immigrazione messa in atto dall'Italia, ogni nuovo «carico» di immigrati finirebbe in Spagna. Fatto sta che poche ore dopo l'incontro con il Papa, i sindaci di Barcellona e Madrid, insieme ai colleghi di Saragozza Valencia, Napoli, Palermo, Siracusa, Milano, Bologna e Latina, al termine di un incontro in un albergo romano al quale hanno partecipato anche i rappresentanti delle Ong Sea Watch, Proactiva Open Arms e Mediterranea, hanno diffuso un documento di sostegno alle Ong, che etichetta la chiusura dei porti di Italia e Libia alle navi come «esempio pratico del naufragio dell'Europa». Intanto, quello che è certo è che la svolta impressa dal ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sull'immigrazione, sta dando i suoi frutti. Parlano i numeri, quelli ufficiali: dal primo gennaio 2019 ad oggi le persone sbarcate in Italia sono state 202, rispetto alle 4.731 dello stesso periodo dell'anno scorso, con una diminuzione del 95,7%. In particolare, sottolinea il Viminale, in Sardegna non si sono registrati sbarchi in questo scorcio di anno: nello stesso periodo del 2018 erano sbarcate 114 persone; in Calabria il calo è stato dell'82%, con 53 arrivi quest'anno rispetto ai 296 dell'anno scorso; in Sicilia, infine, il calo è stato del 96,5%: 149 arrivi in questo primo periodo del 2019 contro i 4.321 dello stesso periodo del 2018. Il dato da tenere ben presente è il rapporto sbarchi/rimpatri, che finalmente segna una inversione di tendenza: sempre secondo i dati ufficiali forniti dal ministero dell'Interno, infatti, a fronte di 202 sbarchi registrati dall'inizio del 2019 a ieri mattina, sono stati effettuati 629 rimpatri di cui 595 forzati e 34 volontari assistiti. Dunque, le espulsioni sono state il triplo dei nuovi arrivi. Non è un mistero per nessuno che l'assenza delle navi delle Ong dal mediterraneo scoraggia i trafficanti di uomini a organizzare nuove partenze di carrette del mare dalle coste della Libia. Meno partenze significa meno naufragi, meno naufragi significa meno morti, senza contare che diminuiscono gli incassi delle bande di mafiosi africani che gestiscono questo business di morte e riciclano i proventi nel traffico di droga e armi.
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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