2021-02-28
Sammarco: «Il manager sapeva tutto. Perché incontrò Benotti?»
Alessandro Sammarco e Mario Benotti (Ansa)
Il difensore del giornalista finito nei guai per le provvigioni milionarie: «Attendiamo l'incidente probatorio per chiarire i rapporti col commissario. Necessario accertare pure l'ipotesi della fuga di notizie nel procedimento» L'avvocato Alessandro Sammarco, professore di procedura penale all'università di Salerno, già difensore di Luciano Gaucci, Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi, oggi fa parte del collegio difensivo che assiste Mario Benotti e gli altri conindagati delle società coinvolte nel mascherina gate di cui si sta occupando la Procura di Roma.Professore il reato contestato per le misure cautelari è il traffico illecito di influenze aggravato dalla transnazionalità e dal numero dei concorrenti. Si tratta di un reato che esclude la corruzione del pubblico ufficiale… «Per il codice si tratta di una corruzione mai avvenuta e neppure tentata perché il pubblico ufficiale è all'oscuro di tutto».Secondo lei le cose sono andate davvero così? «No. In questa vicenda non esiste neppure lontanamente questa ipotesi di reato perché il pubblico ufficiale non era all'oscuro della mediazione, tanto è vero che è lui che l'ha chiesta e questo è provato non soltanto dai numerosissimi colloqui e messaggi scambiati dal commissario con Benotti, ma anche da una deposizione del dottor Mauro Bonaretti (membro dello staff del commissario, ndr) resa davanti ai pm e da voi rivelata. Inoltre l'attività di intermediazione punibile è solo quella illecita, il che vuol dire che Benotti dovrebbe aver detto ai cinesi, ingannandoli, che avrebbe corrotto il commissario o convinto lo stesso a commettere abusi. E di questo non c'è traccia negli atti, anzi vi è prova contraria».Arcuri era al corrente di tutti gli aspetti dell'operazione? «Sì, anche perché si è messa al lavoro sulla fornitura tutta la struttura tecnica del commissario che ha esaminato ogni aspetto del prodotto, dai prezzi alla qualità. E anche i tempi di consegna sono stati rispettati e addirittura anticipati».Ma la mediazione illecita potrebbe nascondersi nelle enormi provvigioni ottenute dagli indagati, di cui Arcuri sostiene di non essere mai stato informato… «A quanto risulta agli atti il commissario non sapeva delle provvigioni, ma era un aspetto che certamente era immaginato o immaginabile tanto che lo stesso Bonaretti, per altro magistrato della Corte dei Conti, ha dichiarato al pubblico ministero che se ci fosse stata la provvigione questa sarebbe stata perfettamente lecita. Nel nostro sistema giuridico l'attività di mediazione è garantita dalla legge e addirittura il codice civile prevede che il mediatore abbia diritto alla provvigione da ciascuna delle parti coinvolte in caso di conclusione dell'affare».Sta dicendo anche lo Stato avrebbe dovuto corrispondere una commissione? «Sto dicendo esattamente questo ai sensi dell'articolo 1755 del codice civile».Quindi per dimostrare il traffico illecito di influenze i magistrati dovrebbero trovare la prova che Benotti & c. abbiano ottenuto oltre 70 milioni di euro facendo credere che la fornitura sarebbe dipesa dalla corruzione o altro abuso del commissario? «Sì, dovrebbe essere dimostrata questa ipotesi che, però, a mio giudizio, è fantascienza giudiziaria. La provvigione è certamente rilevante, ma commisurata all'enorme importo della commessa, e non esistono nella maniera più assoluta elementi che facciano ritenere che sia stata posta in essere una truffa ai danni dei cinesi».Perché Arcuri continua a sostenere di non aver avuto rapporti personali con Benotti e di essere vittima di una illecita mediazione? «Effettivamente questa posizione mi lascia sbalordito. Proprio questa reticenza ha creato una serie di equivoci che hanno fortemente alimentato anche la polemica mediatica».Voi difensori avete chiesto il confronto con lui in un incidente probatorio… «Questo strumento giuridico consente di accertare la verità tutelando il dritto alla difesa di tutti coloro che sono stati ingiustamente accusati. Mi auguro che l'autorità giudiziaria, che non sembra avere ancora ben compreso i fatti, non ci impedisca di fare chiarezza».La Procura di Roma, dopo pochi giorni d'indagini, ha fatto istanza di archiviazione per Arcuri. Come è stata possibile un'uscita così rapida dall'inchiesta del commissario? «Sicuramente il reato di corruzione non esiste e quindi in questo senso la richiesta di proscioglimento mi sembra corretta; ma i chiarimenti di Arcuri sarebbero comunque necessari, perché fornirebbero un contributo decisivo alle indagini. Ecco il senso dell'incidente probatorio: nessuno può sottrarsi all'accertamento della verità».Però il commissario potrebbe essere già stato sentito, come è stato fatto con Bonaretti… «Al momento non ne abbiamo contezza».Le risulta che Arcuri fosse informato di una qualche indagine e che, come dicono Benotti e Bonaretti, si sia recato in stato di agitazione presso l'ufficio del suo assistito per chiedergli di interrompere le comunicazioni? «Ovviamente, non essendo testimone diretto dei fatti, non posso sapere che cosa sia realmente accaduto, ma certamente questa circostanza è emersa processualmente ed è uno degli aspetti della vicenda su cui lo stesso commissario dovrebbe fare chiarezza, così come l'autorità giudiziaria».