
I dieci punti prevedono di «spezzare il legame tra politica regionale e ospedali», frase che adombra la fine dell'autonomia. Non solo: per i 5 stelle, Nicola Zingaretti avrebbe portato nel baratro il sistema di cure nel Lazio.Nel libro dei sogni in dieci punti che il leader del M5s Luigi Di Maio ha letto al presidente della Repubblica non poteva mancare la sanità. Naturalmente, oltre che a Sergio Mattarella, i dieci temi della lista rispondevano ai cinque lanciati dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, che è anche governatore del Lazio nonché commissario della sanità regionale. Insomma, come parlare di sangue in casa di Dracula. E sì, perché quella frase al decimo punto, «la sanità va difesa spezzando il legame tra politica regionale e sanità valorizzando il merito», provoca qualche perplessità.A parte riproporre il solito ritornello grillino «fuori la politica dalla sanità», forse Di Maio e il M5s, nel possibile governo con il Pd pensano a un sistema sanitario pubblico non più su base regionale come è ora. Probabilmente, mettendo in discussione il decentramento amministrativo, preferiscono delegare alla tecnocrazia la gestione e la direzione del sistema, comprese le scelte strategiche. Una situazione che però finirebbe per penalizzare il Nord, molto più efficiente in questo settore, a favore del Sud.Sicuramente il leader pentastellato ha dimenticato gli attacchi sul Blog delle stelle diretti a Zingaretti proprio per la sanità. «Non vi azzardate a tagliare oltre che sui rifiuti sulla sanità», diceva il governatore dem al M5s il 7 giugno scorso e dal blog arrivava l'attacco: «Zingaretti ha proprio una grande faccia tosta a farsi paladino del diritto alla salute dopo il disastro che ha compiuto come commissario alla sanità del Lazio. Purtroppo per lui la scure dei tagli che portano la sua firma non può essere dimenticata dai cittadini grazie a un tweet: la drammatica condizione degli ospedali e l'inefficienza dei servizi è sotto gli occhi di tutti gli abitanti del Lazio, che ne pagano sulla propria pelle le conseguenze». E giù gli esempi. «Liste d'attesa? Dal 2013 (anno in cui Zingaretti è stato nominato commissario) i tempi sono aumentati nel 90% dei casi e nel 50% sono raddoppiati o addirittura triplicati! Settimane, mesi, a volte anni in fila per una visita o un esame medico: pensava a questo Zingaretti quando prometteva di “invertire la tendenza"? Ma andiamo avanti: in otto anni nel Lazio sono stati chiusi ben 16 ospedali, il personale è diminuito del 14% e i posti letto sono scesi di 3.600 unità, sotto la media nazionale dei tre letti per 1.000 abitanti. Questo sarebbe il modo di difendere il diritto alla salute? Zingaretti come commissario straordinario nel Lazio ha realizzato uno straordinario insuccesso, un clamoroso fallimento che continuerà a pesare drammaticamente sui cittadini». E ancora: «Mentre da una parte dava il colpo mortale alla sanità pubblica, dall'altra rimpolpava quella privata. Nel 2015 ha dato oltre 336 milioni al Gemelli (ospedale privato), aumentati nel 2018 a più di 405 milioni. E sempre nel 2018 ha convenzionato quasi 200 posti letto al Bambin Gesù, lasciando in situazioni disastrose i reparti di pediatria di ospedali pubblici. Parlando di sanità c'era solo una cosa che doveva fare Zingaretti: rimanere in silenzio».Gli scontri sulla sanità sono stati plateali anche lo scorso febbraio, quando il presidente della Regione chiedeva l'uscita dal commissariamento «perché i presupposti c'erano tutti: superato il livello di appropriatezza dei Lea e disavanzo di 45 milioni sui conti», mentre la ministra pentastellata Giulia Grillo, dopo una visita a sorpresa nell'ospedale Umberto I di Roma, tuonava: «Ho letto i verbali. Al momento non ci sono i presupposti affinché il Lazio esca dal commissariamento. E Zingaretti si faccia un giro negli ospedali romani». Il piddino rispondeva a suon di conferenze stampa parlando di «persecuzione politica da parte della Grillo».Non male come inizio di «rapporti di governo» tra Zingaretti e Di Maio a suon di punti programmatici. Senza tralasciare quello che ha detto il capo politico grillino a proposito del punto 6, sull'autonomia differenziata: «Va completato il processo di autonomia differenziata richiesto dalle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, istituendo contemporaneamente i livelli essenziali di prestazione per le altre Regioni per garantire a tutti i cittadini gli stessi livelli di qualità dei servizi». A parte che nel precedente governo gialloblù ha ostacolato la riforma voluta dalla Lega, lo sa Di Maio che in tutte le Regioni esistono già i Lea, ovvero i livelli essenziali di assistenza? Insomma anche la sanità contribuirà a creare fratture nell'eventuale maggioranza giallorossa, anche se non è ancora chiaro se Di Maio avrà un posto nel governo.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.