2020-10-12
«Il M5s anti partiti distrutto dal reuccio di Pomigliano»
Il senatore espulso Mario Giarrusso: «Il Movimento ha scarcerato boss e insultato Roberto Di Matteo, riducendosi a lacché di Luigi Di Maio. Giuseppe Conte ha mutato l'emergenza sanitaria in emergenza democratica».«Il Movimento 5 stelle ha un enorme problema nella rappresentanza ministeriale, che è debole e dannosa. Per la poltrona, hanno tradito tutto e tutti. Se agli stati generali non si presenteranno gli attuali ministri per rimettere i propri mandati, sarà tempo perso». La «guerra civile» in atto nel Movimento 5 stelle non stupisce il senatore Mario Giarrusso. Espulso lo scorso aprile, è uno degli esponenti della prima ora, uno di quelli che conosce bene le sfide di potere che hanno portato al caos delle ultime settimane. Una lotta per bande che rischia di far implodere il Movimento e di avere ripercussioni anche sul governo Conte. Senatore Giarrusso, nel M5s siamo ormai al tutti contro tutti. Come si è arrivati all'anarchia di questi giorni?«I governisti, quelli adunati intorno a Luigi Di Maio e ai ministri, hanno esagerato. Si sono isolati, hanno cominciato a prendere tutte le decisioni. Gli altri parlamentari si sono sentiti tagliati fuori. Quando si è arrivati a toccare il fondo, hanno detto basta, finiamola qua».Il «fondo» è arrivato con le elezioni regionali? «Sono evaporati 8 milioni di voti, il Movimento 5 stelle ha perso in tutte le regioni, tornando a percentuali precedenti al 2012. I nodi sono venuti al pettine e la situazione è precipitata. Tutte le varie anime, che già erano in conflitto tra loro, sono andate alla guerra: quelli del secondo mandato, quelli che battono cassa, come Davide Casaleggio».È mancata un'autocritica?«Quando la squadra perde, è normale cambiare i giocatori e invece l'ala governista che sta trascinando a picco il Movimento non vuole fare passi indietro. La colpa è stata data agli elettori che non hanno capito quanto sono bravi la Azzolina, Bonafede e Di Maio. E invece gli elettori lo hanno capito benissimo».Gli stati generali sono l'occasione per un confronto interno?«Sarà un contenitore di chiacchiere vuote, uno sfogatoio».Addirittura? Eppure l'iter che porterà all'assemblea nazionale di novembre sembra essere inclusivo.«Possono fare tutte le chiacchiere che vogliono, ma il cuore del problema non verrà neanche sfiorato: chi tratta con il Pd, con il presidente del Consiglio, chi è seduto sulle poltrone ministeriali è completamente inadeguato e ha distrutto il Movimento. Se non si mette in discussione la squadra al governo, continueranno a precipitare».Insomma, fuori tutti i big: un'operazione complicata, non crede?«Non c'è alcuna volontà di cambiare le carte in tavola. Il famoso passo indietro di Di Maio, per esempio, non ha spostato gli equilibri interni. È stato semplicemente un passo di lato. È ancora lui a dare le carte, è lui che tratta con gli alleati di governo attraverso il capo delegazione Alfonso Bonafede, che è il suo ventriloquo». E Vito Crimi? Che ruolo ha il capo politico reggente?«Un tragico pupazzo, Vito Crimi, sul quale far confluire gli strali di chi è arrabbiato con il Movimento». L'eccessivo accentramento di potere ha risvegliato la base? «Si stanno rendendo conto che il distacco dai principi originari è ormai prossimo al completamento. Il Movimento 5 stelle delle decisioni condivise contro lo strapotere della partitocrazia è stato trasformato nel regno assoluto del “reuccio" di Pomigliano d'Arco. Hanno perso il lume della ragione, completamente. Nessun ministro sarebbe sopravvissuto alla crisi che c'è stata dopo le scarcerazioni dei boss mafiosi. Eppure, Alfonso Bonafede è stato difeso a spada tratta. Addirittura sono arrivati a insultare Nino Di Matteo, una cosa incredibile. Tutto questo ha risvegliato tardivamente chi ha a cuore il Movimento». Perché i parlamentari sono in subbuglio? Questa è la settimana della Nadef, la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza. I numeri, soprattutto al Senato, sono ballerini. «Il Movimento nasce perché i partiti hanno umiliato il Parlamento. Si parlava di restituire la centralità ai cittadini attraverso i loro portavoce nei palazzi. Il governo Conte ha trasformato l'emergenza sanitaria in emergenza democratica: da mesi, assistiamo a una sequela di decreti legge non emendabili. I parlamentari si stanno rendendo conto dell'assurdità e chiedono che venga riconosciuto loro il normale potere previsto dalla Costituzione». Queste tensioni mettono a rischio il governo Conte? «Se non si risolvono i nodi, credo che Conte andrà incontro a brutte cadute. Il primo ministro deve lasciar fare al Movimento 5 stelle il suo corso: un confronto durissimo, un'autocritica interna e la sostituzione degli incapaci. Gli incapaci non li possiamo tenere ancora lì, perché altrimenti distruggono tutto». Alessandro Di Battista continua a esprimere le sue perplessità. «Non si mette una pezza nuova sulla toppa vecchia. Questa è l'ultima illusione di Alessandro Di Battista. La sua operazione arriva fuori tempo massimo: Di Maio non gli consentirà di mettere in dubbio i governisti». Non crede alla resa dei conti tra i due?«Non ci sono gli strumenti democratici per farlo, quelli li ha in mano Di Maio, per via dello statuto truffaldino approvato nel 2017. La mossa della struttura collegiale, che è semplicemente un nuovo (vecchio) cerchio magico, servirà a neutralizzarlo: resteranno gli stessi, con Di Battista in minoranza». Eppure, con le sue dichiarazioni, Di Battista continua a picconare dall'esterno: «Finiremo come l'Udeur», ha detto qualche giorno fa. «La verità è che Di Battista non ne ha imbroccata una dopo il referendum del 2016. Ha visto arrivare i governisti, ha visto arrivare l'eresia che è in Spadafora, ma non ha fatto nulla per fermarla».Vincenzo Spadafora? Perché tira in ballo il ministro dello Sport? «Quando Di Battista cita l'Udeur non pensa a Mastella, ma a Spadafora. Vincenzo Spadafora, per il solo fatto di essere il prediletto di Di Maio, è diventato prima deputato, poi sottosegretario e ora ministro. Per quali meriti? Lo ignorano tutti. Guardiamo la storia politica di Spadafora: incarna il male della partitocrazia, la casta che il Movimento ha sempre combattuto. Di Battista ha fatto un passo indietro perché ha capito prima degli altri che Di Maio stava spianando la strada a Spadafora e a quel tipo di potere».Crede sia stato un errore, alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni?«Quando Di Battista ha preso quella decisione, è morto il Movimento. Invece di combattere, ha preferito fare il “responsabile". Ma la responsabilità il Movimento ce l'ha verso le persone che ha illuso, promettendo di combattere la mafia, di mettere mano ai disastri del Pd. Intere categorie sono andate via: i professionisti, gli insegnanti, chi aveva a cuore l'ambiente. Non c'è categoria che non abbia preso a pesci in faccia il Movimento».Molti suoi colleghi hanno messo nel mirino Davide Casaleggio e la piattaforma Rousseau, che avrebbe un ruolo eccessivamente politico. Che ne pensa? «L'elenco degli iscritti è nelle mani di Davide Casaleggio. Ai parlamentari che glielo chiedono, lui fa marameo. Una volta approvato lo statuto, nel 2017, il Movimento si è messo in un bel guaio: non c'è lo strumento per sfiduciare Casaleggio. Non ci sono strumenti democratici per affrontare questa storia, non sono stati previsti, non sono stati voluti». Nel post pubblicato sul Blog delle Stelle, Casaleggio ha criticato la possibile trasformazione del Movimento in partito. «Trovo assurda la rivendicazione del Movimento delle origini. Nella sua nota, Casaleggio parla di attivisti, di trasversalità. Ma dove li vede? In quale sogno? Si è passati da un Movimento liquido alla monarchia assoluta di un piccolo democristiano campano». Beppe Grillo ha definito le frizioni interne «liti da asilo infantile». Come giudica la sua posizione?«Perniciosa, ha danneggiato in maniera enorme il Movimento». Che cosa intende? «Analizziamo l'elenco delle cose fatte: i pochi risultati raggiunti dal Movimento 5 stelle sono arrivati nel corso del governo Conte 1, quando c'era un contratto. Ora, con il Pd, c'è una mera occupazione delle sedi. Quando qualcuno ha proposto un contratto, Grillo è intervenuto, danneggiando il Movimento: ha lasciato mani libere al Pd, che può fare qualsiasi cosa, anche chiedere il Mes». In un tweet, Marco Canestrari, ex braccio destro di Grillo e Gianroberto Casaleggio, sostiene che il Garante «ha solo bisogno di protezione per il figlio accusato di stupro. Non dirà né farà mai più nulla che possa infastidire qualcuno al potere». «Temo sia un'ipotesi plausibile. Troppo improvvisa, strana e immotivata è stata la svolta di Beppe. Il nostro è un Paese in cui i ricatti hanno pesato e continuano a pesare, potrebbe essere una ricostruzione da non escludere».
Il corteo contro lo sgombero del Leoncavallo a Milano (Ansa)
Antonio Decaro (Imagoeconomica)