2018-10-14
Il governo vuole soldi dalle società di calcio per l’ordine pubblico. Ma i club dicono di no
In due anni il Viminale ha impiegato oltre 417.000 uomini costati più di 46 milioni. Si punta ad avere il 5-10% degli incassi. La quota da versare allo Stato per contribuire alle spese per l'ordine pubblico verrebbe calcolata soltanto sugli incassi al botteghino, che rappresentano ormai una minima percentuale, circa l'8%, dei ricavi delle società professionistiche.Non sarà facile per Matteo Salvini far digerire alle società di calcio l'emendamento annunciato dalla Lega al decreto sicurezza, che prevede che i club professionistici, quelli di Serie A, Serie B e Lega Pro, versino una quota tra il 5 e il 10% degli incassi al botteghino per coprire parte dei costi dell'impiego delle forze dell'ordine in occasione delle partite di calcio. Quando c'è da mettere mano al portafogli, infatti, i club tentano in ogni modo di svicolare. Il presidente del Torino, Urbano Cairo, ha già manifestato le sue perplessità: «Vediamo la legge», ha detto Cairo, «e poi valutiamo. Posso dire che i club già investono in sicurezza, e non poco, con gli steward. Il Torino incassa durante l'anno circa 5 milioni. Per la sicurezza paghiamo gli steward, sono costi di servizio che già vanno oltre quella soglia».Per dimostrare l'assoluta necessità di una partecipazione delle società alle spese per la gestione dell'ordine pubblico in occasione delle partite, il Viminale ha diffuso le cifre relativa agli ultimi due anni. Nella stagione 2016/2017, durante gli incontri di calcio professionistico, sono state impegnate 213.218 unità delle forze di polizia, per un costo complessivo per le casse dello Stato di 34.274.445,44 euro. Nella stagione 2017/2018, le unità impiegate complessivamente sono state 203.957, per un costo di 32.021.678,57 euro. Con l'applicazione della proposta leghista verrebbe coperta una fetta consistente della spesa che ora è a carico dei contribuenti. Non solo: la quota da versare allo Stato per contribuire alle spese per l'ordine pubblico verrebbe calcolata soltanto sugli incassi al botteghino, che rappresentano ormai una minima percentuale, circa l'8%, dei ricavi delle società professionistiche. La parte del leone la fanno i diritti tv e radio, circa il 40%; seguono le plusvalenze per la vendita dei calciatori (circa il 22%), i ricavi da sponsor e attività commerciali (15%), altri ricavi vari (10%) e i contributi in conto esercizio (5%). I ricavi da «ingresso stadio» ammontano in totale a 278 milioni l'anno, 227 dei quali milioni sono riferibili esclusivamente alla serie A.Salvini, però, non ha nessuna intenzione di andare allo scontro, e ieri si è rivolto in termini assai concilianti ai presidenti delle società: «Dopo i dubbi di Urbano Cairo», ha chiesto il ministro dell'Interno, «sarei curioso di conoscere il parere degli altri presidenti di serie A, B e Lega Pro: è giusto o no che i club coprano una quota delle spese per il lavoro straordinario delle forze dell'ordine durante le partite, spese che ora sono a carico dei contribuenti?».È prevedibile che Salvini dovrà sedersi al tavolo con la Lega calcio, anzi con le tre leghe interessate, e convincerle sarà più difficile di quanto accade con la Lega di cui è leader. Per iniziare a tastare il terreno, La Verità ha interpellato sul tema un altissimo dirigente di un top club di Serie A, il quale ci ha anticipato quali saranno le obiezioni che verranno rivolte al ministro dell'Interno e quale è il «sentiment» dei commenti che circolano tra i manager del pallone professionistico, chiedendo di mantenere l'anonimato.«Sui club», ci è stato spiegato, «gravano già tantissimi impegni ed obblighi, non solo economici, eppure il calcio produce un indotto di cui beneficia la collettività. Ristoranti, bar, parcheggi, negozi, producono in occasione delle partite di calcio ricavi extra che restano fuori dallo stadio ed ovviamente non entrano nelle casse dei club. Una legge simile», aggiunge la nostra fonte, «introdurrebbe un principio tale per cui, estremizzando il concetto, i gestori di un teatro o un cinema dovrebbero pagare per le forze dell'ordine, o un gruppo di manifestanti dovrebbe pagare un contributo per l'ordine pubblico. Le imposte che i club pagano allo Stato dovrebbero servire a pagare anche i servizi che ricevono. L'indotto che il calcio genera, dovrebbe indurre chi governa a considerarlo un asset di sviluppo e non una mucca da mungere».Dunque, si prospetta un braccio di ferro, inevitabile quando si tratta di convincere le società di calcio a sganciare quattrini. «Visto che le società di calcio», ha sottolineato Salvini, «pagano milioni di euro per acquistare giocatori, chiedere loro di versare una piccola quota dei loro incassi per la gestione dell'ordine pubblico mi sembra solo buonsenso». Non manca la polemica politica: «Caro ministro Salvini», ha scritto Matteo Renzi su Twitter, «è vero, è solo buonsenso. Lo abbiamo introdotto noi con il Decreto legge 119/2014 convertito in Legge 146/14. La Lega Nord però ha votato contro allora. Perché adesso ti intesti una legge fatta dal mio governo? Che fine ha fatto l'onestà intellettuale?». Immediata la controreplica di Salvini: «La norma», risponde l'inquilino del Viminale, «è dell'ottobre 2014, epoca del governo Renzi, e non è mai stata attuata. Chi risponderà dei mancati introiti per l'erario? Renzi ha rivendicato di aver già approvato la norma, peccato che prevedesse l'adozione di un decreto attuativo che, a distanza di quattro anni, non ha mai visto la luce. Tutto fermo. Risultati, zero. Peraltro, nell'ipotesi del Pd i club avrebbero dovuto versare una quota tra l'1 e il 3% degli incassi totali del botteghino, mentre nell'emendamento in lavorazione si parla di una quota tra il 5 e il 10%. Ancora una volta», conclude Matteo Salvini, «dal centrosinistra arrivano tante chiacchiere: a noi il compito di passare dalle parole ai fatti».