2020-05-24
Il governo sputa sui lombardi, ma poi li copia
La scritta Grazie nel corridoio di ingresso del nuovo Ospedalefieramilano a Milano (Ansa)
Dopo aver linciato la Regione per l'ospedale in Fiera, l'esecutivo lo trasforma in un modello. Nel decreto Rilancio ci sono 800 milioni per replicarlo ovunque. Intanto tra i firmatari dell'esposto contro il gioiello milanese spunta un Cobas con precedenti.Ipotesi obbligo vaccino antinfluenzale allo studio del ministero della Salute. Mentre nella scuola resta il nodo precari.Lo speciale contiene due articoli.Decreto Rilancio last version, articolo 2, pagina 5 di 323, quindi arriva subito e non c'è rischio di abbiocco. Ma non deve averlo letto nessuno. Parla della realizzazione di nuovi ospedali anti Covid-19, sottolinea la preoccupazione del governo per il futuro e la necessità di prevenzione nell'eventualità vaticinata dai virologi di mezzo mondo di un ritorno del virus in ottobre. Il capitolo si intitola «Riordino della rete ospedaliera» e fa l'identikit delle strutture che le Regioni e le province autonome dovranno realizzare per non farsi sorprendere dalla seconda ondata. Sono identiche a quella tirata su in 15 giorni a Milano in Fiera e rimasta semivuota (26 ricoverati per 160 posti letto). Il piano approvato dal ministero della Salute, firmato da Giuseppe Conte e da Roberto Speranza, supportato dalla potenza di fuoco parlamentare della maggioranza Pd-Movimento 5 stelle, è finanziato con 800 milioni di soldi pubblici. Sacrosanti, bene investiti. Proprio nel momento in cui le stesse forze politiche, attraverso i loro cecchini abituali provenienti dall'ultrasinistra, stanno sparando alla schiena all'ospedale milanese e al Pirellone che lo ha realizzato grazie ai 21 milioni di donazioni private. L'approccio sarebbe singolare se non fosse subdolo: da una parte il governo (è di tre giorni fa la piazzata del grillino Riccardo Ricciardi alla Camera) attacca la Lombardia per «avere costruito un ospedale vuoto con 21 milioni di privati da destinare altrove», e dall'altra ne investe 800 (soldi pubblici) per replicare quel modello in altre regioni.Astronavi più o meno grandi considerate salvavita nel caso di una recrudescenza della pandemia. Pronte, con le terapie intensive, soprattutto vuote. Perché per fortuna - anche se sembra che qualche politico e qualche giornale facciano il tifo per il virus, soprattutto a Milano - non c'è stato e non ci sarà bisogno di riempirle. Il decreto è chiarissimo. «Le regioni e le province autonome programmano una riqualificazione di 4.225 posti letto in area semintensiva con relativa dotazione impiantistica idonea a supportare le apparecchiature di ausilio alla ventilazione, mediante adeguamento e ristrutturazione di unità di area medica, prevedendo che tali postazioni siano fruibili sia in regime ordinario, sia in regime di trattamento infettivologico ad alta intensità di cure. Per almeno il 50% dei posti si prevede la possibilità di immediata conversione in posti letto di terapia intensiva». Al paragrafo 3 dello stesso capitolo si legge ancora: «Si rendono disponibili 300 posti letto di terapia intensiva, suddivisi in quattro strutture movimentabili, suddivise in 75 posti letto ciascuna, da allocare in aree attrezzabili preventivamente individuate da parte di ciascuna regione». Traduzione: copiate la Lombardia, preparate anche ospedali da campo; è tutto finanziato. E dopo aver deciso, continuate a massacrare la Lombardia. Però non si deve parlare di battaglia politica con il profilo del condor. Invece è quello che sta accadendo. Proprio due giorni fa l'ospedale in Fiera ha ricevuto la visita della Guardia di finanza, spedita dalla Procura a seguito di un esposto del sindacato Adl Cobas «per lo spreco di risorse». L'iniziativa ha avuto l'ovazione del demi monde extraparlamentare milanese (centri sociali, autonomi, postmarxisti di complemento) guidato dal rappresentante del Pd al parlamento europeo, Pierfrancesco Majorino. Il quale ha trovato un alleato di dubbio prestigio per la sua battaglia politica: si tratta del firmatario dell'esposto, Riccardo Germani, sindacalista Cobas, con esperienze barricadere di piazza e due condanne a sei mesi di reclusione. Una per interruzione di pubblico servizio, l'altra per occupazione di pubblico esercizio e rissa. Dipendente dell'ospedale di Legnano, sin dall'inizio della pandemia Germani ha fatto da grancassa a coloro che volevano (soprattutto grillini da combattimento social) riaprire la vecchia struttura legnanese, un rudere inutilizzabile per un'emergenza, un falansterio da paura la cui ristrutturazione avrebbe comportato anni di lavoro. Ma tutto è utile per condizionare una certa opinione pubblica - quella delle scie chimiche e del terrapiattismo - e screditare chi stava in trincea nel momento dello tsunami sanitario. La Regione Lombardia è da sempre nel mirino di Germani, che ha una viscerale avversione per tutto ciò che colora di verde Lega. L'anno scorso a maggio era apparso a un balcone di piazza del Duomo a Milano travestito da Zorro in segno di protesta contro Matteo Salvini impegnato in un comizio. Da Ricciardi a Germani, i manganellatori della Lombardia sono all'opera. Dietro di loro i due partiti che reggono il governo (con la benedizione di Matteo Renzi) disapprovano e sorridono nella speranza che la battaglia per procura produca il frutto di far cadere la Regione più colpita dal coronavirus. E raccogliere così, sull'effetto emotivo delle bare, una vittoria politica. Anzi uno scalpo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-governo-sputa-sui-lombardi-ma-poi-li-copia-2646073477.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-morbo-ridona-vigore-ai-tifosi-dellobbligo-di-vaccino-antinfluenzale" data-post-id="2646073477" data-published-at="1590272976" data-use-pagination="False"> Il morbo ridona vigore ai tifosi dell’obbligo di vaccino antinfluenzale Vaccinare bambini e anziani contro l'influenza. Sarebbe questa l'ipotesi al vaglio del ministero della Salute e dell'Iss per il prossimo autunno. È quanto ha appreso in questi giorni l'Ansa da fonti vicine al governo. Pur essendo due virus diversi, in molti casi i sintomi sono simili, e perciò aumentare il numero dei vaccinati contro l'influenza ridurrebbe il rischio di confondere le due patologie. Lo scorso 17 aprile il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha firmato un'ordinanza che introduce l'obbligo per tutti gli over 65, a partire del 15 settembre, di vaccinarsi contro l'influenza. Chi si rifiuta non potrà accedere a centri per gli anziani o a luoghi di aggregazione che non consentano il distanziamento sociale. Viene inoltre raccomandata la vaccinazione per i bambini dai 6 mesi ai 6 anni. Escluse le donne in gravidanza, alcune categorie di lavoratori (sanitari e forze dell'ordine) e individui affetti da alcune patologie, ad oggi il vaccino è raccomandato solo per i soggetti con età pari o superiore a 65 anni. L'orientamento del ministero è quello di introdurre la raccomandazione (e non l'obbligo) per tutti i bambini dai 6 mesi ai 6 anni e per le persone con più di 60 anni. Lasciando da parte le insensate polemiche no vax, la proposta non è esente da criticità. C'è da valutare sia il fattore costi (già oggi lo Stato spende circa 56 milioni di euro l'anno per acquistare vaccini antinfluenzali), sia il problema dell'approvvigionamento da parte delle Regioni. Stiamo parlando, dati Istat alla mano, di una platea aggiuntiva di circa 7 milioni di cittadini. Un boom di richieste potrebbe portare a difficoltà nel reperire le dosi, e di conseguenza a un possibile aumento dei prezzi. Nonostante i pediatri spingano per l'obbligo, inoltre, l'efficacia del vaccino antinfluenzale sui più giovani è ancora oggetto di studio, senza contare che i bambini si sono dimostrati la categoria meno suscettibile al Covid (meno di 2.000 contagi e appena 4 decessi). Un tema che sta generando apprensione tra i genitori, già alle prese con la complicata fine dell'anno scolastico in corso e senza alcuna certezza su come si svolgerà il prossimo. Il mondo della scuola, infatti, è ancora in subbuglio. Dopo il flop di venerdì, neanche ieri il premier Giuseppe Conte, insieme al ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, ha trovato una mediazione sui concorsi. All'ordine del giorno ci sono due temi: il decreto Scuola fermo al Senato ormai da due settimane e il concorsone per stabilizzare circa 80.000 precari (dei 150.000 esistenti), manovra per cui lo Stato ha destinato al dossier uno dei più grossi investimenti di sempre (1,5 miliardi di euro); la riapertura delle scuole a settembre e, per nidi e materne, la riapertura immediata su base volontaria. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, frena, preoccupato dal Covid. Ma il governo nel suo insieme a essere diviso: M5s e Italia viva da una parte, Pd e Leu dall'altra. Questi ultimi si battono per un concorso per soli titoli, anche vista l'emergenza e la possibile difficoltà nel far svolgere i concorsi; M5s, il ministro Azzolina e Italia viva vogliono invece lo svolgimento delle prove come previsto, salvo impennate dei contagi, ribadendo la loro contrarietà alle graduatorie per titoli e puntando invece su una maggiore trasparenza e su un criterio più centrato sul merito. Intanto ieri pomeriggio in 18 piazze italiane, da Torino a Trapani, c'è stata la protesta dei genitori del comitato Priorità alla scuola, che hanno chiesto la riapertura della scuola a settembre, in sicurezza e senza classi a metà.