2020-06-03
«Il governo s’è affidato a faccendieri. Ha la gestione Covid sulla coscienza»
Alessandro Giglio, il ceo dell'unico editore straniero autorizzato a diffondere il made in Italy sulle piattaforme tv e Web cinesi: «Sottovalutazione, disorganizzazione, ritardi. Portare 6 milioni di mascherine a Genova è stata un'impresa».«Già ai primi di gennaio iniziavano ad arrivare da parenti e amici dalla Cina buste piene di mascherine: era appena iniziata l'epidemia Wuhan. Arrivavano perché già sapevano che il coronavirus sarebbe arrivato anche qui in Italia. Possibile che lo sapessero semplici cittadini cinesi e non le nostre istituzioni?». Alessandro Giglio, genovese, classe 1965, chairman e ceo di Giglio group spa, unico editore straniero autorizzato a trasmettere propri format sul made in Italy nelle principali piattaforme tv e Web cinesi, ripercorre con La Verità i tre mesi dell'emergenza sanitaria mondiale. Lo fa da un punto di vista privilegiato, da chi ha rapporti stetti con la Cina ma con le radici in Italia, a Genova in particolare. «Ma se chi deve presidiare la salute pubblica si fosse preoccupato in tempo per recuperare dispositivi di protezione quante migliaia di persone sarebbero state salvate: le istituzioni si porteranno sulla coscienza questa superficialità». Voi vi siete dati da fare invece. Il suo gruppo ha siglato negli ultimi mesi un accordo quadro con l'azienda cinese Sinopharm per l'importazione di mascherine Ffp2-Ffp33. «A metà marzo mi ha chiamato il governatore Giovanni Toti. Sono di Genova, tengo alla mia città e alla mia regione. Toti mi dice, “ti devo chiedere un miracolo. Da domani negli ospedali siamo senza mascherine, la Protezione civile non ce ne ha data manco una". Mi si è gelato il sangue, avevo appena avuto la notizia che un amico era stato ricoverato per Covid, era in rianimazione».Cosa avete fatto?«Io e mia moglie abbiamo passato tutta la notte a parlare al telefono con la Cina, grazie ai contatti che abbiamo. E in 24 ore siamo riusciti a trovare 6 milioni di mascherine a un prezzo pre Covid. Ma lì sono cominciati altri problemi». Ovvero?«Il trasporto. I voli erano stati interrotti, c'era il rischio che il materiale venisse sequestrato in caso di scalo in altri Paesi stranieri. Alla fine abbiamo trovato un volo della Protezione civile, ma non si capisce perché le nostre mascherine sono state lasciate poi a terra. C'è stata una disorganizzazione totale in Italia in quel periodo. Alla fine con enormi sforzi, a costi anche improponibili, siamo riusciti a portarle a Genova». Ci avete rimesso di tasca vostra.«Questo non m'interessa. È stato un favore alla mia città. Quello che mi preoccupa è che nel momento in cui dovevamo fronteggiare l'emergenza il nostro Paese si è fatto trovare impreparato, il sistema non ha funzionato».È mancato forse un vero accordo con la Cina?«Nel momento di panico il governo ha risposto a chiunque diceva di avere mascherine. Il 99% erano degli scappati di casa. Noi come Giglio group abbiamo fatto un accordo con Sinopharm, la più grande impresa cinese nel settore medicale». Luigi Di Maio aveva annunciato l'arrivo di 200 milioni di mascherine ma, a quanto risulta, sono ancora in Cina.«Si vede che questi accordi così solidi non sono. Il governo invece si è affidato a faccendieri vari. Si poteva coinvolgere Alitalia per spostare tutto questo materiale. È un'azienda pagata da noi contribuenti, con aerei bloccati a terra. Avremmo evitato di pagare 10 volte tanto il trasporto che è arrivato a 12 euro al kilo». Non si è sentito assolutamente sostenuto.«Anzi, lo Stato ha cercato di rallentare. Basta fare l'esempio delle mascherine con prezzo fisso a 50 centesimi o ancora il fatto che diversi macchinari per fare mascherine sono rimasti ancora in Cina. Per non parlare dell'autocertificazione».Mi dica.«Si è pensato di fare una deroga alla certificazione affidando le pratiche all'Inail. In pratica bastava autocertificare il proprio materiale per poterlo importare. Nel caso si dichiarava il falso se ne rispondeva. Il risultato è stato fallimentare, lo si trova sul sito dell'Inail. Nel 96% dei casi le autocertificazioni sono state bocciate. È stato uno strumento fallimentare. Venivano scartate tutte anche perché l'Inail non prendeva neppure in esame le mascherine ma solo i documenti. La burocrazia ha reso impossibile non la tutela di chi utilizza le mascherine ma ha reso impossibile anche il superamento». Eppure ci sono state aziende che sono state aiutate dallo Stato, penso a Fiat che ha avuto una garanzia di un prestito di 6,5 miliardi da Sace, controllata di Cdp.«Sace dovrebbe essere la lunga mano del governo a favore delle imprese. Hanno dato una corsia di preferenza a Fiat in meno di 3 giorni, una velocità ammirevole dal momento che a volte servono mesi. Mentre con gli altri non è stato fatto. Le racconto il mio caso».Cosa è successo?«Noi abbiamo con Sace un minibond acceso prima dell'emergenza Covid. Parliamo dell'estate 2019. Quando è uscito il decreto che concedeva la moratoria sugli interessi dei capitali noi, per metterci al riparo, abbiamo chiesto a tutte le banche e ce l'hanno concessa immediatamente. L'abbiamo chiesta a Sace sugli interessi dovuti e ce l'hanno negata. Li abbiamo pagati lo stesso. Ma siamo ormai al cortocircuito, dove lo Stato che concede la moratoria poi alla fine tramite una sua controllata non la concede».