2020-05-27
Il governo dà agli italiani il permesso di uscire. Poi però li sgrida se lo fanno
L'esecutivo tratta i cittadini come mocciosi: li riempie di raccomandazioni, anche contrastanti, anziché porre dei paletti. E se qualcosa va storto, è colpa della gente. La filosofa Michela Marzano (La Stampa di ieri) sostiene che gli italiani non sanno «essere adulti». Ha osservato con attenzione uomini e donne «ammucchiati lungo i canali o i fiumi», ha contemplato con sdegno la folla che a Torino si è riunita per ammirare l'esibizione delle Frecce Tricolori, e da tutto ciò ha tratto una dolorosa conclusione: «Prima o poi dobbiamo assumerci la responsabilità del nostro essere adulti». A un certo punto, dice la Marzano, «arriva un momento in cui ognuno di noi deve poter dimostrare di essere capace di badare a sé stesso se vuole davvero conservare quella libertà di azione e di movimento che ci rende autonomi». Chiara Appendino, sindaco di Torino, come altri primi cittadini ha minacciato ritorsioni verso gli «irresponsabili». Li ha rimproverati, nota giustamente la Marzano, «come potrebbe fare una maestrina di fronte ai propri allievi indisciplinati». In fondo, anche la nostra filosofa ragiona nello stesso modo: sostiene che dobbiamo «dimostrare di essere adulti» per «meritarci la libertà di circolazione». Di appelli di questo tenore, nelle ultime settimane, ne abbiamo sentiti fin troppi. L'insistenza sulla «responsabilità» è incessante. Esponenti del governo e sindaci di ogni latitudine continuano a minacciare chiusure, punizioni e multe, ringhiano contro gli scriteriati che - esattamente come i bambini - non sanno gestirsi da soli. Ma proprio qui sta il punto. I nostri governanti, finora, ci hanno trattato come una mamma invadente tratta i figlioletti. Ci hanno sfiniti ricordandoci di mettere la canottiera (divenuta, nello specifico, mascherina) prima di uscire, e non appena ci hanno visti giocare con gli amichetti in cortile hanno attaccato con la rampogna. A questo approccio «materno» sarebbe stato più opportuno sostituirne uno «paterno». Il padre è colui che fissa le regole, che traccia confini chiari e stabilisce limiti precisi. Il padre buono lascia liberi i figli di muoversi all'interno di questi confini, e se i piccoli sgarrano, li punisce con giustizia. Per agire così, tuttavia, bisogna essere padri capaci, e gli attuali governanti (a partire da Giuseppe Conte che ama appunto atteggiarsi a «padre della patria»), non lo sono stati. Le regole che hanno stabilito nella gran parte dei casi non sono affatto chiare, anzi spesso sono contraddittorie. Prendiamo il caso torinese: come si fa ad organizzare uno spettacolo pubblico e poi a stupirsi se la gente accorre? E questo è solo l'ultimo degli esempio. Vogliamo parlare degli «assistenti civici»? Prima ci viene detto che 60.000 spioni di Stato si metteranno a osservarci con insistenza affinché rispettiamo le distanze. Dopo poche ore già cambiano idea, e il giorno dopo scopriamo che questi piccoli pionieri con pettorina si limiteranno a consegnare la spesa alle nonnine. Questa è chiarezza, è responsabilità? I messaggi che giungono dall'alto paiono versetti coranici: vale l'ultimo pronunciato in ordine di tempo, e se non avete capito quale sia, peggio per voi. Viene inaugurata tra squilli di trombe la «fase due», ed ecco che arriva Domenico Arcuri a sbraitare, dalla prima pagina del Fatto, che «ci prepariamo al ritorno del virus». Arcuri sarebbe il «commissario straordinario», ma sembra piuttosto il commissario Winchester dei Simpson. Al Fatto fornisce dettagli commoventi. Parlando di Conte spiega che «mi colpisce la sua umiltà, l'attenzione nell'approfondire i dossier». Pensa se non li avesse approfonditi... E ancora: «Mi ha costretto a installare Whatsapp sullo smartphone, questa emergenza ci ha talmente segnati che sono nate amicizie. Io e il ministro Boccia ormai viviamo insieme qui dentro». E per fortuna che ha installato la chat, se no si sarebbe rivelato ancora più lento di quanto non sia attualmente. Arcuri si è mosso con agilità pachidermica su ogni fronte. Sulle mascherine ha combinato disastri, provocando oggettive difficoltà alla popolazione. Sugli aiuti alle aziende è scivolato nel ridicolo, su tamponi e reagenti lasciamo perdere. E adesso si permette di alzare il polverone dichiarando che «il virus potrà riacutizzarsi»? Ha persino il coraggio di scaricare la colpa dei suoi fallimenti sugli italiani: «Nella fase due tutto passa dalla responsabilità dei singoli», afferma, «dei giovani innanzitutto». No, caro: tutto passa dalla vostra responsabilità di uomini delle istituzioni. Sta a voi mettere in condizione gli italiani di affrontare questa situazione disastrosa in sicurezza fornendo aiuti, mascherine, test e tutto il necessario. Poi potrete anche venire a parlarci di responsabilità. Vero: i cretini che fanno di testa loro, non rispettano i divieti e se ne fregano della collettività ci sono, è inutile negarlo. Ma sono una minoranza, e basta un temperato intervento delle forze dell'ordine per tenerli a bada. Tutti gli altri hanno ampiamente dimostrato di essere adulti: se la sono cavata come potevano nonostante la quasi totale assenza delle istituzioni. E adesso sono stanchi dei rimbrotti e della confusione continua. Ma il caos prospera, e non smette di generare disastri. Ecco un altro esempio. Ieri Francesco Rocca, presidente della Croce rossa, ha lanciato un appello: «Se ricevete una chiamata dal numero che inizia con 06.5510 è la Croce Rossa Italiana, non è uno stalker, non è una truffa telefonica, ma è un servizio che potete rendere al vostro Paese attraverso un piccolo prelievo venoso». La Cri ha avviato una importante indagine sierologica su 150.000 persone, utile a comprendere come si sia diffuso il Covid-19 in Italia. È davvero una faccenda da prendere sul serio, ma finora «solo il 25% del campione ha detto sì all'esecuzione del test già al primo contatto mentre sono oltre il 60% le persone che hanno chiesto di essere ricontattate per vari motivi e circa il 15% quelle propense ma che per il momento stanno ancora valutando». Questo è il risultato della confusione che regna sovrana: gli italiani non sanno più di chi fidarsi. Ne abbiamo sentite di tutti i colori: mascherine che servono e non servono, congiunti, affetti stabili, controllori della movida, un metro di distanza che poi sono due o forse cinque o forse mezzo... Succede così che, quando arriva una richiesta veramente vitale, non sappiamo come comportarci. Non siamo bambini capricciosi. Siamo soltanto adulti molto stanchi dei cialtroni al potere.