
Dopo Alfie Evans e Charlie Gard, terzo caso di un bimbo inglese, in coma da febbraio, al quale i medici vorrebbero staccare la spina. I genitori si oppongono e chiedono aiuto all'ospedale di Genova. Decideranno i giudici.Fino a febbraio Tafida Raqeeb era una bambina di cinque anni come tante. Vivace, sorridente nella sua divisa di scuola, serena. Adesso, invece, dopo un grave malore che l'ha lasciata in coma per mesi, rischia di diventare il terzo caso di un bambino inglese condannato a morte dalla scienza. Perché i medici del Royal London hospital di Londra, dove la piccola si trova ricoverata in terapia intensiva, il 19 giugno hanno informato i genitori che intendono staccare la spina del respiratore che la aiuta a vivere. Di nuovo, come lo scorso anno con Alfie Evans e quello precedente con Charlie Gard, l'Inghilterra si ritrova di fronte a un caso che spacca l'opinione pubblica. Da una parte ci sono i dottori, che sostengono che abbandonare la bambina al corso naturale delle cose, spegnendo il respiratore, sarebbe nel suo miglior interesse, visto che le sue condizioni sono disperate e l'interventismo estremo rischia solo di farla soffrire. Dall'altra ci sono i genitori, che non vogliono accettare l'idea che qualcuno possa «terminare» la loro piccola, quello scricciolo dagli occhi vispi che correva per casa, raccontando storie. Le similitudini sono tante con il caso di Charlie ed Alfie, ma la storia della famiglia Raqeeb forse è ancora più terribile. Perché mentre gli altri due piccoli sono nati con malformazioni genetiche gravi, fino al 9 febbraio la piccola Tafida era perfettamente sana. Poi quella tragica mattina si è svegliata intorno alle 5 dicendo che aveva un forte mal di testa. Di fronte ai suoi genitori è stata colta un attacco di cuore con crisi respiratoria e ha perso i sensi. La corsa all'ospedale è stata rapida, tempestive anche le cure e l'intervento chirurgico al cervello. I neurochirurghi hanno detto alla famiglia che le prime 48 ore sarebbero state decisive, ma la bimba è sopravvissuta. Poi si è atteso che qualcosa accadesse nella settimana successiva, che appariva pure, critica ma è stata superata bene. Secondo i genitori in questi cinque mesi ci sono stati dei progressi, perché il loro «cucciolo» ha lottato. A loro parere Tafida sta mostrando segni di progresso, reagisce al dolore, apre e chiude gli occhi, muove leggermente gli arti. Pressati dalla famiglia, i medici dell'ospedale londinese avevano pensato di praticare una tracheotomia, spiegando che in questo modo avrebbero potuto staccare la piccola dal respiratore e mandarla a casa, per proseguire la riabilitazione e tentare il tutto per tutto. Speranze rimaste vive fino al 19 giugno, quando l'equipe del Royal London hospital ha comunicato a mamma e papà di aver deciso di staccare le macchine. Uno choc per i genitori di Tafida, che forse in un angolo della loro mente hanno ripescato il ricordo delle notizie sui casi di Charlie e Alfie, viste in Tv e sui giornali.Per evitare di ripercorrere i passaggi di una trama tragica, già vissuta troppe volte nel Regno Unito, però, i coniugi Raqeeb hanno deciso di non perdere tempo. Per tutelare la propria figlioletta, mamma Shelima Begum, che ha 39 anni e fa l'avvocato, e papà Mohammed, 45enne consulente nel settore edile, hanno scritto una lettera all'ospedale Gaslini di Genova, chiedendo un secondo parere e un consulto. Il loro progetto sarebbe infatti quello di trasferire la bambina in Italia, il Paese cui hanno guardato anche i genitori di Charlie e di Alfie, in cerca di una speranza. Secondo mamma e papà basterebbe trasportare Tafida all'estero, in un centro di avanguardia, perché si continui a sperare e le vengano assicurate le cure necessarie per un eventuale recupero. Per questo hanno contattato il Gaslini. Dapprima l'ospedale ligure ha composto un collegio tecnico di specialisti, che hanno inviato il 5 luglio un documento ai colleghi di Londra, con cui hanno anche tenuto una videoconferenza collegiale. Pure secondo i dottori italiani la situazione clinica di Tafida è grave, ma visto che in Italia le macchine non si spengono se non in caso di morte cerebrale accertata, l'ospedale ha dato l'assenso ad accogliere la piccola che non versa in condizioni così definitive. I genitori si occuperebbero delle spese di trasporto protetto, poi la bimba verrebbe seguita in Italia con attenzione e il più a lungo possibile. Solo che la proposta ufficializzata ieri dal direttore generale del Gaslini, Paolo Petralia, non ha convinto i suoi colleghi inglesi. Per loro si tratta di una fatica e di una spesa inutili, dunque la bambina non va trasferita. Un'opposizione senza incertezze, che la famiglia non intende accettare. Il passo successivo è stato infatti fare ricorso al tribunale. Ancora una volta dunque saranno i giudici a valutare il caso di una bimba malata e a decidere come sia meglio procedere. L'udienza è stata fissata per lunedì, ma i genitori di Tafida non hanno intenzione di rimanere immobili fino ad allora, in attesa di un verdetto che potrebbe cancellare dal loro volto anche l'ultimo residuo di un sorriso. Su Change.org hanno lanciato una petizione da presentare all'ospedale londinese e al Parlamento in cui chiedono di lasciare la piccola libera di essere curata dove desiderano i suoi genitori. Una pretesa sensata, che nel giro di due giorni ha già raccolto oltre 11.000 consensi. Ancora una volta, come per Charlie ed Alfie, la gente comune ha deciso di alzare la testa. Per ora si tratta di una firma, poi forse verranno manifestazioni. O veglie di preghiera e picchetti di protesta, per cercare di convincere gli uomini di scienza che sulla vita dei bambini non si fanno i conti. Mai.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






