2018-08-11
Il decreto che «salva» i parenti di Renzi varato da Gentiloni dopo il voto del 4 marzo
L'Unicef sarà obbligata a fare denuncia se vorrà recuperare i 6,6 milioni sottratti ai bambini dell'Africa: il governo uscente ha infatti cambiato la legge all'ultimo minuto. Inspiegabilmente. Matteo Renzi è tornato a farsi vivo via Facebook per spiegare l'ultima inchiesta della magistratura che ha colpito la sua famiglia. Niente diretta, quella è riservata alle indiscrezioni giudiziarie che riguardano gli avversari, solo un lungo post. In esso l'ex presidente del Consiglio spiega che l'indagine è tutta una bufala inventata dai giornali. Anzi, si tratta di una storia vecchia, aperta ben due anni fa, sul «fratello del marito di una mia sorella per presunte irregolarità». Prove? «Dopo due anni di indagini non risultano, le vedremo al processo». Dopo di che, l'ex segretario del Pd la butta sul ridere, rivelando la prossima accusa, che lo vedrebbe indagato - udite udite - come mandante del mostro di Firenze. Finito di scherzare, Renzi torna però a mostrare la faccia più consona, quella feroce, minacciando querele e richieste di risarcimenti, con i quali pagare il mutuo della nuova casa (ma come: non è sufficiente l'ottimo stipendio? È stato lui stesso a spiegare che il reddito da onorevole unito agli introiti da conferenziere basta e avanza per pagare la rata bancaria). Argomento chiuso dunque quello dell'indagine sui finanziamenti destinati a bambini africani e finiti inspiegabilmente nella disponibilità di un parente, seppur acquisito? Tutt'altro. Innanzitutto perché nel suo lungo post su Facebook Renzi non la racconta giusta. L'inchiesta è vero che è stata aperta due anni fa, prova ne sia che nel libro scritto con Giacomo Amadori e Francesco Borgonovo (I segreti di Renzi) io stesso ne davo conto. Tuttavia, nonostante il fascicolo giudiziario porti la data dell'estate 2016, adesso ci sono sviluppi che lo rendono attuale e che portano a farsi qualche domanda. Ma prima di passare ai quesiti cominciamo a mettere ordine tra le cose che il senatore semplice di Scandicci racconta a modo suo. Per prima cosa non è vero che l'indagine riguarda «il fratello del marito di una sua sorella». L'inchiesta della Procura di Firenze riguarda, fra gli altri, il marito della sorella. È comprensibile che l'ex premier cerchi di allontanare da sé gli effetti di una vicenda dagli aspetti disgustosi (l'accusa di appropriazione indebita è ingiuriosa, ma se i soldi sono sottratti a bambini poveri e malati il ribrezzo è maggiore), tuttavia a essere indagato per riciclaggio è Andrea Conticini, il marito di una delle due sorelle Renzi. Il cognato è infatti accusato dai pm di aver utilizzato soldi provenienti da donazioni dell'Unicef e da alcune associazioni umanitarie americane e australiane. Il denaro era destinato a finanziare le attività benefiche di Play therapy Africa. Ma invece, secondo la Procura, servì anche a comprare quote della Eventi 6, ossia della società amministrata dalla mamma di Renzi, azienda che, pur essendo estranea a questa indagine, è finita nel mirino degli inquirenti per una storia di fatture ritenute false (infatti entrambi i genitori sono indagati). L'ex segretario del Pd dice poi che a due anni di distanza non ci sono prove. A questo proposito sono dunque indispensabili due osservazioni. Il Renzi che scrive su Facebook è lo stesso che l'altroieri attaccava Matteo Salvini per le critiche ai pm che hanno in mano l'inchiesta sui fondi della Lega? Già, perché dicendo che i magistrati da due anni tengono aperta un'indagine senza prove, l'ex premier sta anch'egli attaccando la Procura, proclamandosi vittima di una persecuzione giudiziaria. In realtà la frase dell'ex premier non corrisponde al vero, perché i pubblici ministeri qualche riscontro alle accuse lo hanno trovato. Non ci sono solo i soldi versati nella Eventi 6, per comprare quote. Ci sarebbe anche una casa in Portogallo, del valore di poco meno di 2 milioni. Un'operazione immobiliare condotta direttamente dai fratelli del cognato e pagata con i soldi destinati ai bambini africani. La parte più interessante di tutta la vicenda è però un'altra. Perché la questione è ritornata a galla dopo due anni? Lo spieghiamo subito: dell'inchiesta si è tornati a parlare in quanto i magistrati hanno scritto all'Unicef e alle altre associazioni benefiche affinché si costituiscano contro i fratelli del cognato di Renzi, pena l'impossibilità di recuperare il denaro. Ohibò, ma come? Non bastano da soli gli accertamenti della Procura e gli sviluppi giudiziari? No, perché per appropriazione indebita si può procedere solo su querela di parte. Cioè, uno fa sparire i soldi, ma se non c'è la denuncia quei soldi se li può tenere. Dunque se l'Unicef, gli americani e gli australiani non si danno una mossa, nel caso qualcuno si sia messo in tasca milioni non suoi, la fa franca. Sorpresi? Anche noi. Soprattutto perché fino a pochi mesi fa non c'era nessuna querela che si frapponesse fra chi ha rubato e la Procura. La misura è stata varata il 10 di aprile di quest'anno e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 26 dello stesso mese. Ma chi è il papà di una legge che depenalizza l'appropriazione indebita rendendola un reato perseguibile solo su denuncia? Il governo di Paolo Gentiloni che, nonostante fosse dimissionario, perché dopo le elezioni del 4 marzo si era già insediato il nuovo Parlamento, prima di andarsene ha sentito il bisogno di fare un decreto legge sulla materia. Insomma, un provvedimento d'urgenza, perché depenalizzare l'appropriazione indebita era cosa da fare in fretta. A questo punto, una domanda si rende indispensabile. Ma Renzi, che del governo Gentiloni era l'azionista di maggioranza, lui che a Palazzo Chigi aveva lasciato tutti i suoi uomini e le sue donne, Maria Etruria Boschi compresa, sa spiegarci la necessità di questo decreto, fatto a governo scaduto? Visto che la sa lunga sulle faccende degli altri ed è sempre pronto alle dirette Facebook, ci illumini anche sulle cose che indirettamente hanno ricadute sull'inchiesta che vede coinvolto il cognato. Così, tanto per ridere, come fa lui quando parla di cose serie.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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