2018-12-05
Il contentino elettorale non placa i gilet gialli
Prevista per sabato una nuova giornata di proteste, nonostante l'annuncio di uno stop di 6 mesi all'aumento della benzina. Marine Le Pen ironizza: «La moratoria finirà pochi giorni dopo le europee...». Intanto la popolarità del governo è in picchiata.La mancata approvazione degli interventi fiscali contestati dai trasportatori vale circa 2,5 miliardi di euro L'esecutivo annuncia tagli, ma uno sforamento del tetto pare inevitabile. E Bruxelles dovrà tenerne conto.Lo speciale contiene due articoli.I gilet gialli restano sul piede di guerra. L'annuncio fatto dal primo ministro Edouard Philippe, relativo alla sospensione per sei mesi delle tasse sul carburante, non ha avuto l'effetto sperato da Emmanuel Macron. Ora la Francia, e Parigi in particolare, si preparano a vivere il quarto atto della protesta dei gilet gialli: un nuovo sabato di guerriglia, anche se il ministro dell'Interno Christophe Castaner ha chiesto di non scendere in piazza e ha minacciato un ulteriore mobilitazione delle forze dell'ordine in caso contrario. Nel frattempo la Commissione europea resta silenziosa anche se una fonte governativa francese ha già riconosciuto che la misura avrà un impatto sulle casse dello Stato. Tutto sommato è meglio che non arrivino anatemi da Bruxelles perché potrebbero fungere da scintilla per far esplodere una situazione estremamente tesa. Ieri è arrivato un ulteriore segnale dei timori delle autorità. Alcune partite di calcio della Ligue 1, la serie A francese, sono state rimandate. Tra queste figurano: Psg-Montpellier e Tolosa-Olympic Lyonnaise. La conferma è arrivata via Twitter dalla Lega Calcio transalpina che ha citato le richieste delle prefetture di Parigi e dell'Alta Garonna.Le misure annunciate dal capo del governo non convincono comunque i gilet gialli. Nemmeno la sospensione degli aumenti delle tariffe di elettricità e gas, o la conferma dell'incremento del 3% dello Smic (il salario minimo obbligatorio) ottengono effetti degni di nota. Alcuni dei rappresentanti, più o meno riconosciuti, dei gilet gialli hanno dichiarato dai microfoni dei canali di informazione che sabato verranno a Parigi. Il primo a esprimersi è stato Eric Drouet, camionista e creatore della pagina Facebook «La France énervée» (la Francia arrabbiata) seguita da più di 41.000 persone. «È triste», ha detto questo leader della contestazione su Bfm Tv, «ma è il solo modo di mostrare che praticamente tutti i gilet gialli non sono assolutamente in accordo con le misure annunciate». Nel frattempo, nella giornata di martedì altre categorie di cittadini francesi hanno continuato a manifestare il proprio sostegno alla protesta. Come nella giornata di lunedì, numerosi licei sono rimasti occupati ma sono anche stati registrati incendi. È stato il caso a Tolosa, Bordeaux e Nantes. Ai liceali si sono uniti anche alcune facoltà universitarie parigine (Parigi 1 e 3) dove, martedì, sono iniziati alcuni blocchi. Alleanza confermata anche dagli agricoltori così come sono stati confermati i blocchi dei depositi di carburante, soprattutto in Bretagna e Costa Azzurra. Anche su varie autostrade sono rimasti attivi i presidi di protesta dei cittadini in giallo. Nella maggior parte dei casi si è trattato di operazioni di rallentamento dei passaggi alle barriere. Anche in questo ambito però non sono mancati gli atti vandalici ai danni di alcuni caselli.Sul fronte politico, i leader dei partiti di opposizione si sono espressi via Twitter, poco dopo le parole del primo ministro. Marine Le Pen, ha commentato ironicamente che il primo ministro ha fatto un annuncio «nello stile di Madame du Barry» (nobildonna ghigliottinata durante la rivoluzione che sul patibolo aveva implorato: «Ancora un momento signor boia»). La leader del Rassemblement National ha anche sottolineato che la fine della moratoria cadrà «pochi giorni dopo le elezioni europee». Forti critiche anche da parte dell'estrema sinistra che, con un intervento in aula e un tweet della deputata de La France Insoumise, Caroline Fiat, ha ricordato al governo che «il popolo non vi domanda di rimandare ma di cedere! Non avete avuto bisogno di 6 mesi per ridurre i sussidi abitativi e sopprimere l'imposta sulle società». Il deputato dei repubblicani, Eric Ciotti, ha twittato che «Philippe ha solo confermato che le tasse aumenteranno… tra un po'».Nonostante le difficoltà create dalla protesta, l'opinione pubblica resta comunque dalla parte dei gilet gialli. Un sondaggio citato dal sito putsch.media - realizzato dall'istituto Harris Interactive via internet il 2 dicembre scorso - conferma che il 72% dei francesi continua a sostenere, da 15 giorni, i cittadini in giallo. L'immagine del governo è estremamente negativa. Addirittura il 90% dei francesi pensa che l'esecutivo non sia stato «all'altezza degli eventi». Pessima anche la percezione popolare di Emmanuel Macron. Oltre a confermare l'attitudine «arrogante» e «disconnessa dai francesi» del loro presidente, i transalpini pensano che sia poco «coraggioso» (42%), «competente» (31%), «simpatico» (31%) e «rassicurante» (17%). Insomma i francesi sembrano aver rotto con l'attuale inquilino dell'Eliseo. Il problema è che la costituzione voluta dal centralizzatore Charles De Gaulle gli dà i massimi poteri. Il resto del quinquennio sembra dunque essere sempre più in salita per Macron, anche perché alcuni partiti (Rassemblement National et La France Insoumise) esigono che sciolga l'Assemblea nazionale. Per ora l'ipotesi è esclusa seccamente da i leader di governo e dalla presidenza della Repubblica, ma questa crisi ha già riservato molte sorprese. Delle elezioni legislative anticipate potrebbero diventare l'unico antidoto contro la crescita della contestazione.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-contentino-elettorale-non-placa-i-gilet-gialli-2622401469.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-resa-alla-piazza-inguaia-leliseo-il-deficit-transalpino-schizza-al-3-2" data-post-id="2622401469" data-published-at="1756898353" data-use-pagination="False"> La resa alla piazza inguaia l’Eliseo. Il deficit transalpino schizza al 3,2% Il famoso «cul de sac»: la posizione a cui nemmeno Emmanuel Macron ambisce a stare. Eppure ci si è infilato da solo senza capire che la teoria della borghesia illuminata europea è una cosa, mentre la Francia profonda è tutt'altra. Così dopo giorni di proteste e aggressioni da parte dei gilet gialli, il governo ha dovuto capitolare. Le imposte sui consumi energetici e l'aggravio del costo di carburante sono stati sospesi. L'annuncio ufficiale di ieri ha aperto una situazione paradossale per la politica interna e per quella comunitaria. Da un lato la mancata approvazione degli interventi fiscali vale circa 2 miliardi di euro. Più o meno 1,5 per la sospensione dell'aumento della carbon tax e circa 450 milioni per il mancato allineamento del prezzo del gasolio tra privati e piccoli trasportatori. i primi effetti A ciò si deve aggiungere un pacchetto di 500 milioni di euro che il premier, Edouard Philippe, ha promesso come compensazione alla fascia più povera della popolazione che non ha avuto benefici dalla riduzione dell'Imu locale. In pratica, 2,5 miliardi in più da infilare nella manovra appena approvata. Il governo francese si è affrettato a dichiarare che i 2,5 miliardi saranno compensati da un apposito taglio della spesa. E qui si apre l'altro paradosso. Innanzitutto nella legge Finanziaria 2019, Parigi ha previsto uno 0,6% di Pil di aumento della spesa pubblica. Dunque, non si tratterebbe di un taglio ma semmai di un minore aumento. E le parole sono fondamentali in termini di manovra pubblica, tanto più che di fronte a una piazza incendiata dai gilet gialli per evitare l'aumento del costo del carburante, lo Stato rischia di arrivare a gennaio e dover aumentare i prezzi del trasposto pubblico. La presa in giro sarebbe evidente, a quel punto. Nel frattempo l'inganno verso la popolazione potrebbe essere sostenibile, ma al tempo stesso Macron dovrebbe anche ammettere di sforare il 3% del rapporto tra deficit e Pil. Al momento con una voce deficitaria di budget paria 73 miliardi il rapporto supera di poco il 2,8%. Con i 2,5 miliardi aggiuntivi la percentuale arriva al 3% e Bruxelles dovrà prenderne atto. Facendo cadere il castello messo in piedi per definire insostenibile il 2,4% di deficit italiano. Fino ad oggi grazie alle misure «una tantum» Parigi è riuscita a farsi perdonare un rapporto deficit/Pil del 2,8% nel 2019 (dunque superiore a quello italiano), ma la Commissione non meno di due settimane fa ha sottolineato sia il rischio da una deviazione significativa dagli obiettivi di medio termine, che «progressi insufficienti» nel percorso di riduzione del debito, che è previsto attestarsi al 98,6% nel 2019. Nell'arco del decennio 2007-2018, il rapporto tra debito e Pil in Francia è cresciuto ben del 34%. Eppure Macron, se non vuole vedere in fiamme pure l'Eliseo, dovrà aprire un fronte pure con Bruxelles e chiedere lo sforamento del 3%. Non a caso il portavoce del presidente su Le Monde ieri pomeriggio metteva già le mani avanti. Facendo presente che lo sbarramento del 3% del rapporto tra deficit e Pil sarà da rimettere in discussione «almeno in modo temporaneo». L'excusatio non petita è legata a un cavillo infilato nella manovra 2019. Ben 6 miliardi di gettito (legato a un prelevamento alla fonte previsto per il primo gennaio 2019) rischiano di essere messi in congelatore. La crepa nella diga della manovra aperta dai gilet gialli può portare a una ridefinizione della pressione fiscale anche su altre fasce produttive (soprattutto quelle che non hanno patrimonio immobiliare) e, senza quei 6 miliardi, il budget a deficit arriverebbe alla cifra di 82 miliardi. La bellezza del 3,2% rispetto al Pil. Che tale sia la percentuale reale sono in molti a pensarlo, tanto più che osservatori ed economisti come Jean Paul Fitoussi hanno ribadito un concetto tanto banale quanto ignorato. «L'obiettivo principale dei governi è mantenere o aumentare il benessere della popolazione. Arriverà il momento in cui la popolazione non ne potrà più perché non ha più da mangiare», ha dichiarato ieri alla Rai. I francesi sugli italiani hanno un vantaggio quando fanno scioperi o scendono in piazza non desistono e non mollano. Lo fanno sul serio, insomma. E ciò riporta Macron al punto di partenza. O mollerà l'Eliseo sommerso da critiche, da fumogeni e auto incendiate oppure dovrà infilare la tanto odiata casacca del populista e andare a Bruxelles e negoziare uno sforamento del deficit. Alla faccia di tutti i macronisti d'Italia e i competenti che hanno spiegato quanto la situazione dei conti francesi sia nettamente più stabile di quella italiana. Lo sforamento Bisognerà ammettere che tutte le dichiarazioni politiche fornite in sede Ue saranno da rivedere e modificare. basti pensare il recente intervento pubblico del governatore della Banca centrale francese. «Le regole Ue si rispettano», ha detto al Corriere François Villeroy de Galhau. «Le politiche di bilancio e strutturali sono di competenza dei singoli Stati, è una buona notizia per la democrazia in ogni Paese ma la contropartita di questa decentralizzazione è, naturalmente, il rispetto delle regole che abbiamo stabilito insieme, tra cui il Patto di stabilità e di crescita. In qualità di banchiere centrale di un paese amico, non tocca evidentemente a me pronunciarmi sulle scelte italiane. Ma il rispetto di queste regole è anche nell'interesse nazionale dei nostri due Paesi». Fra un po' la penserà diversamente.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.