2019-11-01
Il Conte bis tassa gli italiani ma dona 24 milioni a Radio Radicale
Provate a immaginare se io domani decidessi di pubblicare, insieme con La Verità, un inserto che riproduce le leggi che già vengono pubblicate dalla Gazzetta Ufficiale. Secondo voi, avrei diritto di chiedere allo Stato di pagare la stampa del mio giornale in quanto l'ho trasformato in quotidiano di servizio pubblico? E se decidessi di mettere sul sito Web della Verità le sedute del Parlamento e magari pure le riprese video dei principali processi, secondo voi potrei rivendicare di aver svolto un servizio per la collettività e dunque richiedere il rimborso delle spese? Ovvio che no, e se lo facessi riceverei una pernacchia per risposta.Si dà il caso che da anni c'è chi però fa esattamente quello che vi ho appena esposto, e lo fa rivendicando pure titoli di merito. Parlo ovviamente di Radio Radicale, ossia di un'emittente che negli ultimi 25 anni, con la scusa di svolgere un servizio pubblico, è costata ai contribuenti italiani oltre 200 milioni e nei prossimi tre rischia di costarne altri 24, perché la finanziaria che tassa le bibite e i contenitori di plastica, che toglie le detrazioni sanitarie a chi ha un reddito superiore alla media e triplica il prelievo su chi ha un'auto aziendale, poi regala 8 milioni l'anno a Radio radicale.Se ho usato il verbo regalare non l'ho fatto a caso, perché quello che si intende varare per l'emittente romana è proprio un dono che la politica fa a una forza politica. O meglio: a ciò che resta di una forza politica, perché dopo la morte di Marco Pannella il Partito radicale è praticamente estinto e la diaspora dei radicali ha portato molti degli eredi a traslocare altrove, per esempio in +Europa di Emma Bonino. Che poi, a dirla tutta, Radio radicale non è più nemmeno l'organo via etere del Partito Radicale, ma semmai dell'Associazione politica nazionale lista Marco Pannella e di un signore, un privato, che anni fa versò 25 miliardi di vecchie lire per comprare il 25 per cento della radio.Dunque, per ricapitolare: in Italia c'è una radio di proprietà di un'associazione privata e di un privato cittadino che anni fa ha deciso di fare servizio pubblico proponendo agli ascoltatori le interviste di Pannella, le rassegne stampa dei suoi giornalisti, le dirette dalle aule parlamentari e di giustizia e in cambio pretende soldi pubblici. Che ci sia già una radio pubblica che segue i lavori di Camera e Senato e all'occorrenza potrebbe fare lo stesso anche con le udienze dei grandi processi è ovviamente un dettaglio. Così come è un dettaglio che al canale Rai dedicato al Parlamento sia stato proibito di svolgere il lavoro che fa Radio radicale.Risultato, abbiamo ciò che resta di un partito che si è battuto contro il finanziamento pubblico e la cui radio (a dire il vero la radio che porta il suo nome, perché come abbiamo visto l'azionariato è diverso, anche se vicino) incassa il finanziamento pubblico. Duecento milioni, come detto, più altri 8 nei prossimi tre anni, cioè molto di più di ciò che si mettono in tasca i partiti con i rimborsi elettorali. I 5 stelle, bontà loro, avevano deciso di dare una sforbiciata al sistema, eliminando il finanziamento a Radio Radicale e anche a diverse testate di carta stampata. Non so se lo avessero fatto in odio ai giornalisti, che da sempre ritengono una categoria assai simile a quella dei parlamentari, o se la decisione fosse motivata da semplici considerazioni anti spreco. Immagino che tra le ragioni ci fossero sia l'una che l'altra. Sta di fatto che avevamo accolto la decisione con favore, ritenendola una delle poche azzeccate dai grillini. Adesso però i pentastellati - su sollecitazione del Pd - hanno deciso di fare marcia indietro. In pubblico se ne lamentano, quasi che la decisione non li riguardi, ma si dà il caso che è il governo di cui fanno parte ad aver regalato i soldi a Radio Radicale mentre li toglie ai semplici cittadini. In Consiglio dei ministri la manovra è passata all'unanimità, non con l'astensione di Luigi Di Maio e compagni. Dunque non si capisce perché ora il ministro degli Esteri si lagni. Dov'era quando Giuseppe Conte e il Pd innestavano la retromarcia per finanziare Stampa e regime? Forse dormiva. Ma dovevano dormire anche i suoi, che pure avrebbero dovuto essere avvisati di quel che stava per succedere, perché fino all'altroieri il dipartimento dell'Editoria era nelle mani di un loro uomo, ossia di Vito Crimi, il primo a stabilire che 200 milioni di soldi pubblici per una radio privata potevano bastare. Intendiamoci: io non ho nulla contro Radio Radicale, mi chiedo solo perché il governo debba essere radicale solo con gli italiani, pensionati compresi, e mai con quella porzione di italiani che ruota intorno al Palazzo. C'è qualcuno che sa rispondere? Nel caso non capitasse, così come è accaduto in Umbria, sono certo che risponderanno gli elettori.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)