2020-03-07
Il contagio e la crisi dei migranti spazzano via le bugie del Conte bis
Luciana Lamorgese (Cosimo Martemucci, Echoes Wire, Barcroft Media via Getty Images)
Crollano le menzogne che sorreggevano il governo. Roberto Gualtieri ammette: «Nel 2019 meno deficit del previsto». E Luciana Lamorgese certifica il flop dell'accordo di Malta: «Molti Stati sono contro la redistribuzione dei profughi».Due bugie al potere. Aleggiano per sei mesi come virus dal naso lungo, contagiano opinionisti e cittadini, vengono ripetute come dogmi da premier e ministri. Poi in un solo giorno (il 6 marzo) crollano miseramente, sgonfiate da vere emergenze, come se il destino avesse dato loro appuntamento. Il coronavirus in Italia e il delirio dei profughi ai confini greci ci parlano di paura, di disperazione, di speranza. E ci dicono tutto su due menzogne strutturali, architravi del governo giallorosso che su queste è sorto: il famoso buco nero nei conti («Dobbiamo rimettere in sesto il bilancio e scongiurare l'aumento dell'Iva», bugia di Matteo Renzi) e il leggendario accordo di Malta per la redistribuzione dei profughi (bugia collettiva in carico a Giuseppe Conte).La prima frottola oggi è scritta sulla fronte del ministro dell'Economia, lo storico Roberto Gualtieri, che per mesi ha giustificato la mancanza di investimenti infrastrutturali e la passività nel taglio fiscale con il mantra: «Dobbiamo pagare i conti del Papeete». A chi gli domandava della stagnazione lui rispondeva così, additando gli effetti nefasti del reddito di cittadinanza e di quota 100 fra gli applausi degli economisti da Leopolda e da pallottoliere più gli attaccapanni bocconiani del loden di Mario Monti, sempre pronti a giocare alle tre carte con i numeri.Subito una premessa per smontare il lodo Renzi: non essendo una manovra economica ma puramente politica, la sterilizzazione dell'Iva è avvenuta in automatico con un decreto. Ma quel deficit di 2,4% diventato 2,04% con Luigi Di Maio che straparlava dal balcone sembrava comunque rappresentare l'orlo del baratro e giustificare l'immobilismo forzato. Così Gualtieri, in risposta all'agenzia Moody's che consigliava una manovra più espansiva, in dicembre calcava la mano della propaganda: «Quest'anno dobbiamo limitarci per riparare i danni del vecchio governo. Quando sono arrivato ho aperto i cassetti e ho trovato i frutti della demagogia». Poi ecco il coronavirus, e nella maledizione divina l'agente patogeno importato dalla Cina offre uno squarcio di verità. L'Italia ha bisogno di deroghe di bilancio per far fronte all'emergenza, per pianificare investimenti a sostegno della sanità e dell'economia. Gualtieri invia una lettera ufficiale al vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e al suo azzimato segretario, il commissario Ue all'Economia Paolo Gentiloni. Tra l'altro scrive: «Se il Parlamento italiano approverà la spesa aggiuntiva, la proiezione del disavanzo per il 2020 salirà al 2,5% del Pil rispetto al 2,2% autorizzato lo scorso settembre. Il trend dei conti pubblici prima dell'emergenza è stato estremamente incoraggiante». E qui il lettore si concentra, mostra interesse. Aggiunge Gualtieri: «Il risultato deficit/Pil per il 2019 è stato molto più basso del previsto, all'1,6% rispetto a una proiezione del 2,2% del documento programmatico di bilancio di ottobre». Questo significa non solo che i mojito del Papeete erano gratis, ma che nonostante il reddito e quota 100 Gualtieri ha un tesoretto da spendere e se ne vanta. Anzi lo mette a garanzia untuosa della benevolenza dell'Europa. E ci fa sapere di straforo che ha taroccato i conti, sottostimando le entrate fiscali, sovrastimando il rapporto deficit/Pil e paralizzando il Paese per intestarsi un fantomatico rilancio tutto piddino a futura memoria di campagna elettorale. Un autentico imbroglio. La faccenda sarebbe imbarazzante per chiunque, non per un governo che a parole vorrebbe combattere le fake news ma che su due fake news si regge.La seconda è anche più triste perché è costruita sulla buona fede del cittadino che non ha accesso ai summit internazionali e sulla pelle dei disperati in arrivo dal canale di Sicilia. Ricorderete il trionfale annuncio di Luciana Lamorgese, ministro dell'Interno, che a fine settembre ruppe l'operoso silenzio dietro la finestra con la luce sempre accesa al Viminale. E lo fece per dire: «Da oggi l'Italia non è più sola. Dopo gli accordi di Malta chi sbarca in Italia, sbarca in Europa. Quindi ci sarà un meccanismo di redistribuzione automatica dei migranti negli altri Paesi membri». Per la verità aggiunse anche la rotazione dei porti, sulla quale scese subito un pietoso silenzio quando si capì che - da Lampedusa a Catania, da Siracusa a Pozzallo -riguardava solo quelli italiani.L'altroieri è salita prepotentemente alla ribalta la sindrome greca, con 120.000 profughi alle porte (ma i siriani in fuga dalla guerra sono solo il 4%), con le truppe di Recep Tayyip Erdogan che li spingono in Occidente e con le motovedette di Atene che li respingono. Mentre il presidente del Parlamento David Sassoli allegramente sosteneva che «chi entra in Grecia entra in Europa», si è tenuto a Bruxelles il summit dei ministri dell'Interno. Uscita con il viso stravolto dal vertice, la Lamorgese ha dovuto ammettere che non è proprio così. «Non possiamo pensare di avere il principio di solidarietà fra tutti gli Stati per quanto riguarda la redistribuzione. Una parte dei Paesi membri non vuole mai sentire parlare di ripartizione obbligatoria. Sicuramente è stato rilevato il principio di un controllo più forte delle frontiere esterne». Traduzione: l'accordo di Malta era una barzelletta, i ricollocamenti non sono automatici, molti Paesi non ne vogliono sapere e bisogna sostenere la Grecia nel controllare le frontiere. Quindi i tanto vituperati decreti Sicurezza di Matteo Salvini sono in linea con il dettato di Bruxelles; non vengono smantellati perché fanno comodo. «Non c'è pieno sentimento europeo», sussurra la Lamorgese colta in castagna. Cade anche la seconda, pietosa bugia. Ma la tribù dei Nasi Lunghi ritiene di non avere niente da spiegare.