2018-08-08
Il consigliere di Conte sarà Benassi, l'ambasciatore che ci difese dallo «Spiegel»
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Vittoria del segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni, che piazza un fedelissimo a Palazzo Chigi dal prossimo 20 agosto. Il diplomatico oggi a Berlino fu il primo ad alzare la voce dopo l'editoriale in cui il giornale tedesco ci definiva «scrocconi» e da anni denuncia la scarsa solidarietà europea sull'immigrazione. Intanto, da Bruxelles rientra Giovanni Pugliese: sarà al fianco del ministro Luigi Di Maio sui dossier caldi che riguardano l'antitrust Ue. Pasquale Salzano resta in Qatar. Sarà Pietro Benassi, attuale ambasciatore d'Italia a Berlino, il nuovo consigliere diplomatico del premier Giuseppe Conte. A confermare alla Verità il flash lanciato qualche giorno fa dal sito Dagospia sono fonti della Farnesina, che offrono anche una data: firmato il decreto di nomina, Benassi sarà operativo dal 20 agosto. L'ambasciatore ha battuto al fotofinish Pasquale Salzano, attualmente di stanza in Qatar, e Maurizio Massari, che, dopo una parentesi al Cairo conclusasi su pressioni del governo egiziano del presidente Abdel Fattah Al Sisi dopo la morte di Giulio Regeni, a maggio 2016 è stato nominato rappresentante dell'Italia a Bruxelles. All'Ue ha preso il posto di Carlo Calenda, chiamato a Roma dall'allora premier Matteo Renzi per guidare il ministero dello Sviluppo economico.Benassi fu il primo a difendere il nostro Paese dai pesanti attacchi della stampa estera nel periodo di formazione del governo di Movimento 5 stelle e Lega, quando i vertici dell'Unione europea temevano l'Italexit minacciata più o meno velatamente in campagna elettorale dai due partiti. «La dialettica politica appartiene alla libertà di stampa e al discorso democratico. Ciò che lascia un retrogusto pessimo è il modo in cui questa critica è indirizzata a un intero popolo», aveva scritto Benassi stigmatizzando l'articolo intitolato Gli scrocconi di Roma pubblicato dalla testata tedesca Der Spiegel. «Si tratta di un sistema molto facile e seducente per eccitare gli animi. Ne è capace chiunque. Ma è una strada pericolosa per condurre la dialettica in Europa. Alla sua fine ci sono solo perdenti». Più recentemente, l'ambasciatore Benassi è stato intervista alla Luiss Guido Carli da Marco Valerio Lo Prete del Tg1 sulle relazioni economiche tra Italia e Germania ma anche sui processi di integrazione e immigrazione nell'Unione europea. Nell'occasione Benassi ha sottolineato che «l'Italia è stata lasciata sola nella fase migratoria, a fronteggiare un fenomeno epocale. C'è stato un difetto di solidarietà da parte degli altri Paesi europei». Difetto che Benassi ha riscontrato con chiarezza ai tempi delle primavere arabe, quando era ambasciatore in Tunisia. Ha raccontato di ricordare spesso ai suoi colleghi tedeschi che per loro la questione migratoria è esplosa nel settembre 2015, l'Italia già nel gennaio 2011 doveva confrontarsi con questo fenomeno. Parole che suonano come musica per le orecchie del premier Conte e dei leader della maggioranza, il pentastellato Luigi Di Maio ma soprattutto il leghista Matteo Salvini.La nomina di Massari è una vittoria di Elisabetta Belloni, segretario generale della Farnesina. È stata lei il principale sponsor di Benassi, su cui fa totale affidamento. Pasquale Salzano era invece sostenuto dai pentastellati, in primis dal vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio e dal sottosegretario Vincenzo Spadafora. Non è bastata a Salzano per entrare a Palazzo Chigi neppure la sponda leghista, su cui puntava dopo la maxicommessa arrivata dal Qatar per il gruppo Leonardo. Un affare da 3 miliardi per 28 elicotteri al quale l'ambasciatore ha dedicato molto tempo assieme a Francesco Giorgetti, campaign manager del settore elicotteri di Leonardo e fratello di Giancarlo, sottosegretario di Stato e «Richelieu» della Lega.Il premier Conte invece inizialmente caldeggiava la nomina di Massari, uno dei diplomatici più importanti della Farnesina, oltre che grande esperto di Russia, dove iniziò la sua carriera diplomatica (era il 1986 e si chiamava ancora Unione sovietica). Massari si è dovuto fermare davanti alle resistenze di chi al ministero degli Esteri temeva che spostarlo dall'Ue avrebbe generato confusione presso i partner europei in un periodo in cui a Bruxelles si discutono temi spinosi (come riforma dall'eurozona, immigrazione e Brexit) ed è per questo saggio muoversi con cautela. Inoltre, Massari ha dovuto recentemente salutare Giovanni Pugliese, rappresentante permanente aggiunto, passato da inizio mese alla corte di Luigi Di Maio in qualità di consigliere diplomatico. Pugliese ha ceduto ai corteggiamenti dello staff del vicepremier che ha individuato in lui l'uomo giusto, nonostante un passato vicino al centrodestra (ma anche un po' inviso alla sinistra), da affiancare a Di Maio. Infatti, in virtù del ruolo si occupava a Bruxelles di molti temi di competenza del Mise, come occupazione e competitività (sua la competenza sui dossier dell'antitrust europeo che ha vagliato, tra le altre cose, l'intesa tra Ilva e ArcelorMittal a maggio). A Bruxelles al posto di Pugliese come braccio destro di Massari è arrivato Michele Quaroni, consigliere diplomatico del Mef nominato ai tempi di Fabrizio Saccomani (governo Letta) e rimasto al fianco di Pier Carlo Padoan (governi Renzi e Gentiloni).Benassi andrà a riempire la casella lasciata vuota il 31 luglio scorso da Mariangela Zappia, volata destinazione New York in qualità di rappresentante permanente presso le Nazioni Unite. La Zappia, scelta da Matteo Renzi e confermata dal successore Paolo Gentiloni, aveva più volte chiesto per ragioni personali la nomina a New York. Quella scelta, sostenuta da Gentiloni e gestita da Elisabetta Belloni, generò un terremoto al ministero. Luca Giansanti, allora direttore generale per gli Affari politici e in passato ambasciatore a Teheran, a poche ore dalla nomina (era fine marzo) ha annunciato l'addio alla carriera diplomatica. Dover aver perso l'aereo per Parigi per motivi politici (gli fu preferita Teresa Castaldo che, proveniente da Buenos Aires, aveva presenziato a un comizio dell'allora ministro per le Riforme Maria Elena Boschi per il Sì al referendum del 2016), a Giansanti fu promessa New York con l'ok dell'allora ministro Angelino Alfano. Ma con quella seconda promessa tradita, l'ambasciatore, in pratica il numero due della macchina della Farnesina dopo la Belloni, decise l'uscita di scena.