
Al sindaco Beppe Sala ha promesso di offrire lavoro a rifugiati e cittadini in difficoltà. Una nuova missione etica dopo quelle per l'ecologia e i diritti gay. Ma il vero scopo è aumentare i profitti con manovalanza a basso costo.A Milano, ormai città luna park dove ogni giorno ci s'inventa qualcosa, è in arrivo una nuova attrazione. Il 6 settembre, nel vecchio palazzo delle Poste di piazza Cordusio, s'inaugura Starbucks, la caffetteria americana. È il loro primo negozio in Italia e perciò Howard Schultz - che ai bar milanesi deve la prima idea del suo business - ha voluto un opening in stile hollywoodiano con tanto di blocco del traffico, megaschermi con film autocelebrativo ed esibizione dal vivo dei ballerini della Scala. Poi a 1.200 fortunati sarà concesso - quasi fosse un vernissage - di entrare nel tempio del «frappuccino» che per tutti aprirà il giorno dopo. I bene informati dicono che a breve ne arriverà pure uno in corso Garibaldi, dirimpetto a Eataly, per la gioia di Oscar Farinetti (chi la fa l'aspetti).Intanto, però, un reportage shock appena realizzato dalla tv svizzera Rts rischia di rovinare la festa, incrinando per sempre il mito della Starbucks experience. Girato a Parigi con una telecamera nascosta, ha svelato le brutture e i ritmi inumani di lavoro all'interno della catena americana: «Dobbiamo essere come dei robot. Il cliente, da quando entra, deve sedersi ed essere servito in meno di 3 minuti», spiega un responsabile al neoassunto, entrambi ripresi a loro insaputa.Il logo verdastro di Starbucks con la sirena - malefica incantatrice - ben simboleggia la globalizzazione disumana e frangi-tradizioni. Eppure, anche ai colossi qualche volta va male: in Australia, dove Starbucks ha aperto nel 2000, ha accumulato perdite per 105 milioni di dollari, dovendo chiudere 61 degli 84 locali iniziali (e licenziare circa 700 dipendenti); perché quel Paese, forte di una presenza italo-greca, possiede - come hanno addotto i suoi manager - «una cultura del caffè molto sofisticata». È pertanto una scommessa l'apertura di Starbucks in Italia, nazione esigentissima in materia di caffè. La scuffia australiana ha comunque messo sul chi vive i manager che per noi si sono inventati un locale ibrido - o roastery come dicono - dove cioè si assiste, come in un elegante atelier, alla torrefazione del caffè.Oltre alla strategia manageriale, ce n'è poi una anche politica, assai subdola: l'uso dei migranti come lavoratori a basso costo. Starbucks ha dichiarato di voler assumere 2.500 rifugiati in Europa (per un totale di 10.000 nel mondo) e ciò per una sorta di afflato etico a cui nessuno ha creduto. Forse anche per questo sono venuti in Italia, a Milano, dove gli immigrati, nuova forza-lavoro delle multinazionali, non mancano. Qui grazie soprattutto alla politica di Giuseppe Sala e del Pd (i quali idealmente hanno donato le chiavi della città ai migranti) Starbucks può davvero fregarsi le mani. Al sindaco Sala - non si sa in cambio di cosa - l'azienda americana ha promesso di assumere solo migranti e «milanesi in difficoltà», ma, visto come viene poi trattato il personale lì dentro, non pare un gran successo.I vertici di Starbucks sono abilissimi nel flirtare con l'etica, l'hanno dimostrato con l'incidente di Filadelfia di qualche tempo fa (alcuni afroamericani erano stati cacciati dal locale perché non consumavano). Ebbene, in seguito all'ondata di proteste e boicottaggi, hanno colto subito la palla al balzo per inventarsi corsi aziendali per i dipendenti a base di galateo e antirazzismo, passando così per dei paladini neoilluministi. Sotto questa vernice etica sberluccicante, c'è però quel che si vede nel reportage elvetico: il plumbeo incremento del profitto a ogni costo. Per quelli di Starbucks l'impegno etico è all'incirca come una cravatta vistosa, per nulla stretta, da cambiare ogni giorno: ieri indossarono l'ecologia e i diritti dei gay, oggi esibiscono civettuoli i rifugiati e l'antirazzismo, domani si vedrà ciò che più conviene.Dato che il loro nuovo abito etico (ancorché da parata) è quello dell'inclusione amorevole dell'altro, il negozio Starbucks di piazza Cordusio si candida a divenire subito l'oasi di tutti i migranti colored di Milano, i quali come mosche da bar affliggono già diversi locali del centro. Da questo punto di vista possono esser certi di sbaragliare la concorrenza dei vari McDonald's, Spizzico e Burger King, esasperati da anni da questa gente.E chissà, stante la vicinanza topografica, che il sindaco Sala non elegga la nuova caffetteria americana a suo bar per la pausa caffè, apprezzandone in particolar modo (da perfetto uomo di sinistra del Pd) la rapidità nel servizio: «Un frappuccino per il signor sindaco in meno di 3 minuti!».
Ursula von der Leyen (Ansa)
La Commissione prepara nuove regole per la circolazione rapida (massimo tre giorni) di truppe e cingolati tra i Paesi dello spazio Schengen. Un tempo simbolo di pace...
«Vi sono molte cose che contrassegnano l’Ue e la sua storica integrazione, ma due ne esprimono appieno l’anima: Erasmus e Schengen. È poco responsabile mettere a rischio la libertà di movimento degli europei». Firmato Sergio Mattarella. Correva l’anno 2018 e l’Austria in accordo con la Germania aveva proposto di chiudere il confine con l’Italia per non far arrivare i migranti. Sono passati sette anni e la Commissione europea presenta un regolamento per far viaggiare i carri armati senza frontiere. Schengen doveva essere il simbolo della pace e della libertà e ora diventa la Schengen con le stellette che ci costa malcontati 270 miliardi in dieci anni, in modo che le truppe si muovano liberamente e velocemente.
Sergio Mattarella e Giorgia Meloni (Ansa)
Dalla riforma della giustizia alla politica estera: sono molti i temi su cui premier e capo dello Stato dovranno confrontarsi nei prossimi mesi, malgrado le tensioni.
Come in una qualsiasi relazione, quando si insinua nella coppia lo spettro del tradimento, i rapporti si incrinano e non possono più tornare ad essere come erano prima. Lo tsunami che si è abbattuto sul Quirinale a seguito dello scoop della Verità, rischia di avere gravissime ripercussioni a lungo termine, sui legami tra governo e presidente della Repubblica. E anche se il Colle sminuisce la questione, definendola «ridicola», il consigliere per la Difesa del capo dello Stato, Francesco Saverio Garofani, non solo conferma ma aggiunge particolari che mettono a dir poco in imbarazzo i soggetti coinvolti. E hai voglia a dire che quelle fossero solo battute tra amici. La pezza peggiore del buco.
Galeazzo Bignami (Ansa)
Malan: «Abbiamo fatto la cosa istituzionalmente più corretta». Romeo (Lega) non infierisce: «Garofani poteva fare più attenzione». Forza Italia si defila: «Il consigliere? Posizioni personali, non commentiamo».
Come era prevedibile l’attenzione del dibattito politico è stata spostata dalle parole del consigliere del presidente della Repubblica Francesco Saverio Garofani a quelle del capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio Galeazzo Bignami. «L’onorevole Bignami e Fratelli d’Italia hanno tenuto sulla questione Garofani un comportamento istituzionalmente corretto e altamente rispettoso del presidente della Repubblica», ha sottolineato il capo dei senatori di Fdi, Lucio Malan. «Le polemiche della sinistra sono palesemente pretestuose e in mala fede. Ieri un importante quotidiano riportava le sorprendenti frasi del consigliere Garofani. Cosa avrebbe dovuto fare Fdi, e in generale la politica? Bignami si è limitato a fare la cosa istituzionalmente più corretta: chiedere al diretto interessato di smentire, proprio per non tirare in ballo il Quirinale e il presidente Mattarella in uno scontro istituzionale. La reazione scomposta del Pd e della sinistra sorgono dal fatto che avrebbero voluto che anche Fdi, come loro, sostenesse che la notizia riportata da La Verità fosse una semplice fake news.






