2021-02-05
        Il centrodestra si spacca in tre. E La Lega dice di no all’astensione
    
 
Consultazioni separate. Il Cav oggi da Draghi: «È la scelta da noi indicata». Paletti di Matteo Salvini: «O me o Grillo». Giancarlo Giorgetti fa la serenata al premier designato («È come Cr7, non sta in panchina») ma promette un voto chiaroLa parola del giorno nel centrodestra è «pregiudizio», magari senza troppo orgoglio. Comincia Matteo Salvini al mattino. In un'intervista dice: «Su Draghi nessun pregiudizio». Aggiunge: «Ma come si fa a rispondere adesso? Vediamo che idee ha, che squadra per realizzarle e in che tempi. Certo, ridare la parola agli italiani resta la via maestra». E comunque «il centrodestra è compatto e continuerà a muoversi come ha fatto finora: tutto insieme». Per il Salvini mattutino non essere prevenuti significa stare sulla soglia e attendere gli eventi. Ma a metà giornata arriva l'altra faccia dell'assenza di preconcetti, ed è quella di Silvio Berlusconi. «È naturale da parte nostra guardare senza alcun pregiudizio al tentativo del presidente incaricato», fa sapere il leader di Forza Italia. A differenza di Salvini, però, il Cavaliere senza pregiudizio non si ferma all'ingresso, ma entra nella stanza dei bottoni dove ora siede uno come Mario Draghi al quale lo lega «un'antica stima». Uno che incarna «la soluzione da noi indicata» e si prepara a trovargli qualche posto.È qui che si consuma la rottura nel centrodestra. Gli azzurri sono per Draghi, Fratelli d'Italia per il voto anticipato, la Lega per un confronto disincantato. Le posizioni sono troppo distanti e così si decide che alle consultazioni con il presidente incaricato ognuno va per sé. Ieri pomeriggio sono saliti a Montecitorio i gruppi centristi di Udc, Noi con l'Italia e Cambiamo. Oggi toccherà a Fratelli d'Italia, alle 15, e a Forza Italia, alle 17.30. Domani mattina sarà il turno della Lega. La delegazione azzurra sarà guidata dallo stesso Berlusconi, che verrà a Roma dalla Provenza. L'arrivo di Draghi segna il ritorno in prima persona del Cavaliere sulla prima linea della politica.Fallita la sintesi tentata da Giorgia Meloni che ha provato a fare confluire gli alleati in un'astensione comune, naufragato anche l'attendismo di Salvini. Il quale comunque non calca la mano. «È meglio che ognuno dica liberamente e tranquillamente quello che ha in testa», spiega. «La bellezza e la forza della Lega è che è un movimento libero, non siamo costretti a fare niente controvoglia, non siamo legati da interessi economici a nessuno. L'unità del centrodestra per noi è un valore, governiamo 14 Regioni su 20, però per noi prima dell'interesse di partito viene l'interesse del Paese».Tra i due estremi del centrodestra, la Lega sta nel mezzo. Salvini voleva che fosse il presidente incaricato il primo a scoprire le carte. Nel suo partito ci sono posizioni diverse su Draghi. Ci sono quelli che lo considerano il salvatore di un'Europa matrigna, che dal ponte di comando della Banca centrale di Francoforte ha sì ammorbidito il rigore finanziario dei Paesi nordici senza però poter modificare le regole. C'è chi ritiene che la Lega non possa starsene fuori dagli assetti politici ed economici che si delineano, «regalando» una personalità così forte alla riedizione del Conte bis puntellato da Forza Italia: un cuneo leghista nella «coalizione Ursula» la potrebbe depotenziare. Ma nel partito di Salvini ci sono anche imprenditori, partite Iva, gente semplice del Nord prostrata da un anno di pandemia che molto prosaicamente vede in Draghi una speranza per ripartire.Posizioni articolate, alle quali si unisce l'ombra, alimentata anche ad arte, delle divergenze con Giancarlo Giorgetti. Salvini non poteva restare a lungo in questa terra di nessuno. Alle 15 ha convocato la segreteria politica del partito dalla quale è uscito poco dopo le 17 affiancato dallo stesso Giorgetti, a sottolineare che tra loro non ci sono dissidi. L'esito del vertice è una progressiva presa di distanze dalla maggioranza Ursula che sosterrà Draghi. Il leader leghista lo aveva fatto capire entrando alla Camera per la riunione: «Difficile governare con chi mi ha mandato a processo». All'uscita è stato ancora più esplicito: «Draghi dovrà scegliere tra Grillo e la Lega».«Porteremo al presidente Draghi le nostre richieste», ha chiarito Salvini: «Taglio delle tasse, taglio della burocrazia, controllo dei confini, più cantieri. Noi siamo disponibili a ragionare con tutti per il bene dell'Italia. Le richieste di Grillo sono la patrimoniale sui risparmi degli italiani, le nostre sono l'esatto contrario: taglio delle tasse per famiglie e imprese e pace fiscale. Sarà il professor Draghi a dover scegliere se per il futuro dell'Italia sono meglio nuove tasse o meno tasse. Noi a differenza di altri siamo liberi, non abbiamo pregiudizi», ha ribadito il leader della Lega, «non abbiamo già scelto il sì o il no prima di parlare con Mario Draghi. Porteremo quello che secondo noi serve al Paese e in base alle risposte che avremo, serenamente e liberamente faremo le nostre scelte. E qualunque sia, sarà la scelta di tutti. A differenza di altri, dove ci sono correnti, fuoriusciti e ripensanti, noi ci confrontiamo sulle idee e decidiamo come un sol uomo». Poi Salvini, Giorgetti e l'altro vicesegretario Lorenzo Fontana si sono allontanati per un caffè insieme. I cronisti hanno detto a Giorgetti che girava anche il suo nome nel totoministri: «Giocavo al totocalcio ma non ho mai vinto una volta», è stata la risposta. Qualcuno gli ha fatto presente che Borghi e Bagnai avevano definito Draghi «un fuoriclasse». Lo juventino Giorgetti, sorridendo sotto la mascherina, ha confermato: «È come Ronaldo non deve stare in panchina». Sempre Giorgetti, in un'intervista all'Agi, ha sancito il no alla proposta di astensione di Fdi: «L'astensione è stata esclusa. O saremo a favore o voteremo contro». E ha aggiunto: «Se il governo sarà una fotocopia del precedente vorrà dire noi non ci staremo».
        Donald Trump e Vladimir Putin (Getty Images)
    
        La sede del centro sociale Askatasuna a Torino (Ansa)