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2022-01-21
Il Cav tiene il banco, ma se alla fine salta proverà a chiudere su Casellati o Draghi
Matteo Salvini e Silvio Berlusconi (Ansa)
Mario Draghi al Quirinale e «governo fotocopia», ovvero composto dagli stessi ministri in carica oggi con Marta Cartabia premier: è la soluzione al rebus istituzionale che si va delineando in queste ore. Intendiamoci: si tratta dello striscione d’arrivo di una tappa ancora assai lunga e piena di salite e insidie. La prima: finché Silvio Berlusconi non scioglierà la riserva, il centrodestra resta congelato. Il Cav, a quanto trapela, entro domenica dovrebbe comunicare agli alleati se ha deciso di giocarsi le sue carte alla quarta votazione oppure no. «Non c’è nessun ritiro», dicono in serata alla Verità altissime fonti di Forza Italia. Il giorno della ufficializzazione della decisione di Berlusconi dovrebbe essere domenica, la prima votazione è prevista per lunedì. Silenzio assoluto sui numeri da Arcore, mentre dal M5s trapela che una ventina di parlamentari pentastellati avrebbero dato l’ok al Cav. Ma se alla fine dovesse ritirarsi, cosa farebbe Berlusconi? Il sospetto di Matteo Salvini e Giorgia Meloni è che Silvio scelga, in caso di rinuncia, di indossare i panni del padre nobile e aprire lui la trattativa con il centrosinistra su un altro nome. L’ipotesi di un via libera a Draghi da parte di Berlusconi resta in campo, anche se dal quartier generale azzurro fioccano smentite; salgono a dismisura, invece, le quotazioni della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. La Casellati è una berlusconiana della prima ora, è stata votata alla seconda carica dello Stato anche dal M5s, libererebbe la sua poltrona seppure per soli sette mesi: per Berlusconi sarebbe una quasi vittoria. Italia viva, a quanto ci risulta, convergerebbe immediatamente sul suo nome allargando ufficialmente il campo del centrodestra e aprendo il varco al M5s. «Siamo di fronte a un quadro chiarissimo», dice alla Verità Gianfranco Rotondi, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, «che ci sforziamo di complicare. Il centrodestra ha candidato Berlusconi, e la verifica sui voti supplementari può avvenire solo in aula. Non c’è una convergenza di partiti, si tratta di agglomerare una serie di consensi personali. Per adesso ha già vinto: il mondo parla solo di lui, ha frenato una candidatura come quella di Draghi che sembrava invincibile, e se anche le cose alla quarta votazione dovessero andare male si iscriverebbe al club dei mancati presidenti della Repubblica». Il ragionamento di Rotondi rispecchia la sensazione di quelli che hanno seguito la parabola politica di Berlusconi: le varie fonti interpellate concordano sul punto che all’ex premier la voglia di giocarsela, la partita della vita, non è passata. Così come è sostanzialmente impossibile fornire agli alleati i nomi e i cognomi dei grandi elettori non di centrodestra disposti a votarlo: un minuto dopo l’operazione sarebbe fallita.
«Gli alleati devono dare una prova d’amore», azzarda un big azzurro, «l’ultima. Queste storie sui kingmaker sono fuffa per retroscenisti, se Berlusconi cade in aula per il centrodestra non cambia assolutamente niente, i numeri quelli sono, a sinistra non c’è niente. Silvio punta anche sui dispetti incrociati nel campo avverso. Il passo indietro gli farebbe avere qualche complimento dai giornali di sinistra, tutto qui, e forse neanche questo». Mentre ad Arcore si continua a far di conto Matteo Salvini continua a fare incontri: nella giornata di ieri il leader della lega vede Giuseppe Conte e Maurizio Lupi. Con Conte, a quando si apprende, l’incontro va molto male: Giuseppi propone a Salvini alcuni nomi, tra i quali quello di Paola Severino, un modo come un altro per far sobbalzare il capo della Lega sulla sedia. «Conte», sospira una fonte del M5s, «vuole andare alle elezioni anticipate, lo sappiamo da tempo, sta lavorando per far crollare tutto». «La Lega», fanno sapere fonti del Carroccio, «ribadisce il ruolo determinante di Silvio Berlusconi. In tutte le occasioni, pubbliche e private, Matteo Salvini ha sottolineato la volontà di tenere unita la coalizione in ogni passaggio relativo al Quirinale, con l’obiettivo di offrire al paese una scelta di alto profilo». «Quello che ci lascia perplessi», riflette con La Verità una fonte autorevole di Fratelli d’Italia, «è l’immobilismo. Avevamo deciso di riunire i capigruppo, di istituire un tavolo permanente, invece non è stato fatto niente». «Il vertice di centrodestra», incalza Giorgia Meloni, «deve essere ancora convocato. Inevitabile che si svolga prima della fine della settimana. Se non sarà convocato lo chiederò ufficialmente».
Intanto, sembra in via di risoluzione il problema del voto per i grandi elettori positivi al Covid o in quarantena: la proposta del presidente della Camera, Roberto Fico, è quella di allestire una cabina elettorale nel parcheggio della Camera dei deputati, in via della Missione per far votare i grandi elettori senza scendere dall’auto, in modalità drive-in. È necessario un intervento normativo ad hoc del governo. Intanto, Draghi prosegue i suoi faccia a faccia: ieri ha incontrato il direttore generale del Dis, Elisabetta Belloni, e il presidente di Exor, Stellantis, Gedi e Ferrari, John Elkann.
Onorato ebbe un incontro con Toninelli grazie a Grillo
La chat tra l’armatore Vincenzo Onorato e Beppe Grillo è lunghissima, perché come ha spiegato anche l’avvocato dell’imprenditore, Pasquale Pantano, i due sono amici da oltre 40 anni. Sembra addirittura che si conobbero corteggiando la stessa ragazza. Poi l’allora comico iniziò a lavorare sulle navi di Onorato e da allora i due non si sono più persi. Forse l’errore è stato proprio non separare questa loro amicizia dagli affari quando «Beppe», così è salvato sul cellulare di Onorato, è diventato l’ingombrante garante del primo partito italiano.
In quella veste Grillo ha iniziato a preoccuparsi per l’amico quando l’armatore viene travolto dai guai: prima un gruppo di obbligazionisti della Moby fa istanza di fallimento, poi respinta dal giudice di Milano; quindi, per la pressione di alcuni creditori, Onorato è costretto a fare a istanza di concordato; senza dimenticare il sanguinoso contenzioso che contrappone l’armatore al Ministero dello sviluppo economico per un debito di 180 milioni legato all’acquisto della Tirrenia.
Ma i giornali italiani sono più interessati dal procedimento per traffico di influenze illecite coordinato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e da Cristiana Roveda. Un fascicolo che vede indagati Grillo e Onorato in cui sono confluite le chat sequestrate all’imprenditore nell’inchiesta sulla fondazione Open.
I messaggi con esponenti grillini sono più della dozzina citata ieri dai giornali e riguardano diversi temi. Ma le comunicazioni che hanno attirato in particolare l’attenzione degli inquirenti sono quelle propedeutiche a un incontro con l’allora ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. Che, ieri, con La Verità, ha ammesso l’appuntamento e lo ha spiegato così via Whatsapp: «Sì certo che c’è stato l’incontro. Come con tutti o quasi i concessionari di beni o servizi pubblici. Mi pare fosse inizio estate 2019. Si parlò della normativa sul regime fiscale per i marittimi di origine italiana e comunitaria. E visto che me lo chiederà le rispondo già dicendole che non parlammo della concessione in essere. E non avrebbe nemmeno avuto titolo per chiedermelo perché era già partita la pratica tutta interna al ministero per la gara pubblica finalizzata all’assegnazione della nuova concessione, visto che la precedente scadeva il 18 luglio 2020. Quindi si ricordi che la concessione quando io terminai il mandato da ministro era ancora abbondantemente in essere. Non come alcuni suoi colleghi hanno detto. Un saluto».
Onorato sarebbe uscito da quell’incontro piuttosto allibito: «Toninelli mi ha chiesto: “Ma lei che lavoro fa?”. Cosa avrei dovuto rispondergli?..» ha confidato ai suoi più stretti collaboratori. Insomma Grillo avrebbe utilizzato la sua «influenza», ma Toninelli, l’ex ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e alcuni senatori e deputati non si sarebbero adoperati più di tanto per la causa. Ben diversa la posizione di un ex parlamentare, oggi potente lobbista, che compare nelle chat di Onorato in modo costante. C’è da capire se abbia ricevuto pagamenti e ottenuto risultati a livello legislativo. Ma il gran agitarsi di Onorato sarebbe motivato dal derby infinito tra armatori con la schiatta dei Grimaldi, che l’indagato considera nelle grazie della Lega di Matteo Salvini, anche perché la proposta di accordo sulla restituzione di 144 milioni (garanti da ipoteca) dei 180 dovuti al Mise è stata bocciata dal ministero guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti. E a rendere ancora più sospettoso Onorato sono stati alcuni titoli di giornale che annunciavano come «top player» della Lega per battere Vincenzo De Luca in Campania proprio un Grimaldi.
E la sindrome da accerchiamento forse trova una giustificazione nelle chat dell’inchiesta Open, da cui risulta che Onorato, storico elettore della sinistra e tesserato del Pd è stato gettato a mare dal suo stesso partito proprio a favore dei Grimaldi. Il casus belli lo spiega lo stesso Onorato ai pm: «Devo premettere che ero iscritto al Partito democratico da tempo; ho stracciato la tessera del partito nella circostanza del ritiro della legge Cociancich (il secondo emendamento Cociancich-deputato del Pd, Ndr-) dal Parlamento da parte dell’allora ministro dei Trasporti Delrio. Tale legge era finalizzata al recupero dell’occupazione dei marittimi italiani».
Ma Onorato forse ignorava che Lotti e il presidente di Open Alberto Bianchi lo avevano già scaricato a favore dei Grimaldi. Il 13 febbraio 2018, nel pieno della campagna elettorale per le politiche Bianchi scrive a Lotti: «A pranzo vedo Grimaldi c’è qualcosa di simpatico che tu pensi possa dirgli?». L’ex ministro risponde: «Poco. Anche se alla fine la battaglia l’ha vinta lui, grazie a Delrio». Bianchi chiede, senza ottenere risposta se Grimaldi «lo sa che è grazie a Delrio?». Qualche ora dopo Bianchi relaziona Lotti sull’incontro: «Buon impatto con Grimaldi. Sabato ti dico, non sarebbe male tu lo vedessi prima del 4 (marzo, giorno delle elezioni politiche 2018, Ndr)».
E il 29 marzo Bianchi certifica con un altro messaggino Whatsapp a Lotti la volontà di sacrificare Onorato a vantaggio del competitor: «Sei d’ accordo nel coltivare rapporto con Grimaldi anche a costo di perdere Onorato, che tende ai grillini? Mi serve saperlo prima possibile». Lapidaria la risposta di Lotti: «Yes».
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Centrodestra congelato, domenica la decisione di Berlusconi. Giuseppe Conte propone la Severino a Salvini. Ipotesi Cartabia premier.L’inchiesta sui finanziamenti al fondatore dei 5 stelle: Onorato, mollato dai renziani, fu messo in condizione di fare le sue richieste direttamente al ministro. Il quale però assicura: «Non parlammo delle concessioni».Lo speciale contiene due articoli.Mario Draghi al Quirinale e «governo fotocopia», ovvero composto dagli stessi ministri in carica oggi con Marta Cartabia premier: è la soluzione al rebus istituzionale che si va delineando in queste ore. Intendiamoci: si tratta dello striscione d’arrivo di una tappa ancora assai lunga e piena di salite e insidie. La prima: finché Silvio Berlusconi non scioglierà la riserva, il centrodestra resta congelato. Il Cav, a quanto trapela, entro domenica dovrebbe comunicare agli alleati se ha deciso di giocarsi le sue carte alla quarta votazione oppure no. «Non c’è nessun ritiro», dicono in serata alla Verità altissime fonti di Forza Italia. Il giorno della ufficializzazione della decisione di Berlusconi dovrebbe essere domenica, la prima votazione è prevista per lunedì. Silenzio assoluto sui numeri da Arcore, mentre dal M5s trapela che una ventina di parlamentari pentastellati avrebbero dato l’ok al Cav. Ma se alla fine dovesse ritirarsi, cosa farebbe Berlusconi? Il sospetto di Matteo Salvini e Giorgia Meloni è che Silvio scelga, in caso di rinuncia, di indossare i panni del padre nobile e aprire lui la trattativa con il centrosinistra su un altro nome. L’ipotesi di un via libera a Draghi da parte di Berlusconi resta in campo, anche se dal quartier generale azzurro fioccano smentite; salgono a dismisura, invece, le quotazioni della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. La Casellati è una berlusconiana della prima ora, è stata votata alla seconda carica dello Stato anche dal M5s, libererebbe la sua poltrona seppure per soli sette mesi: per Berlusconi sarebbe una quasi vittoria. Italia viva, a quanto ci risulta, convergerebbe immediatamente sul suo nome allargando ufficialmente il campo del centrodestra e aprendo il varco al M5s. «Siamo di fronte a un quadro chiarissimo», dice alla Verità Gianfranco Rotondi, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, «che ci sforziamo di complicare. Il centrodestra ha candidato Berlusconi, e la verifica sui voti supplementari può avvenire solo in aula. Non c’è una convergenza di partiti, si tratta di agglomerare una serie di consensi personali. Per adesso ha già vinto: il mondo parla solo di lui, ha frenato una candidatura come quella di Draghi che sembrava invincibile, e se anche le cose alla quarta votazione dovessero andare male si iscriverebbe al club dei mancati presidenti della Repubblica». Il ragionamento di Rotondi rispecchia la sensazione di quelli che hanno seguito la parabola politica di Berlusconi: le varie fonti interpellate concordano sul punto che all’ex premier la voglia di giocarsela, la partita della vita, non è passata. Così come è sostanzialmente impossibile fornire agli alleati i nomi e i cognomi dei grandi elettori non di centrodestra disposti a votarlo: un minuto dopo l’operazione sarebbe fallita. «Gli alleati devono dare una prova d’amore», azzarda un big azzurro, «l’ultima. Queste storie sui kingmaker sono fuffa per retroscenisti, se Berlusconi cade in aula per il centrodestra non cambia assolutamente niente, i numeri quelli sono, a sinistra non c’è niente. Silvio punta anche sui dispetti incrociati nel campo avverso. Il passo indietro gli farebbe avere qualche complimento dai giornali di sinistra, tutto qui, e forse neanche questo». Mentre ad Arcore si continua a far di conto Matteo Salvini continua a fare incontri: nella giornata di ieri il leader della lega vede Giuseppe Conte e Maurizio Lupi. Con Conte, a quando si apprende, l’incontro va molto male: Giuseppi propone a Salvini alcuni nomi, tra i quali quello di Paola Severino, un modo come un altro per far sobbalzare il capo della Lega sulla sedia. «Conte», sospira una fonte del M5s, «vuole andare alle elezioni anticipate, lo sappiamo da tempo, sta lavorando per far crollare tutto». «La Lega», fanno sapere fonti del Carroccio, «ribadisce il ruolo determinante di Silvio Berlusconi. In tutte le occasioni, pubbliche e private, Matteo Salvini ha sottolineato la volontà di tenere unita la coalizione in ogni passaggio relativo al Quirinale, con l’obiettivo di offrire al paese una scelta di alto profilo». «Quello che ci lascia perplessi», riflette con La Verità una fonte autorevole di Fratelli d’Italia, «è l’immobilismo. Avevamo deciso di riunire i capigruppo, di istituire un tavolo permanente, invece non è stato fatto niente». «Il vertice di centrodestra», incalza Giorgia Meloni, «deve essere ancora convocato. Inevitabile che si svolga prima della fine della settimana. Se non sarà convocato lo chiederò ufficialmente». Intanto, sembra in via di risoluzione il problema del voto per i grandi elettori positivi al Covid o in quarantena: la proposta del presidente della Camera, Roberto Fico, è quella di allestire una cabina elettorale nel parcheggio della Camera dei deputati, in via della Missione per far votare i grandi elettori senza scendere dall’auto, in modalità drive-in. È necessario un intervento normativo ad hoc del governo. Intanto, Draghi prosegue i suoi faccia a faccia: ieri ha incontrato il direttore generale del Dis, Elisabetta Belloni, e il presidente di Exor, Stellantis, Gedi e Ferrari, John Elkann.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-cav-tiene-il-banco-ma-se-alla-fine-salta-provera-a-chiudere-su-casellati-o-draghi-2656444928.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="onorato-ebbe-un-incontro-con-toninelli-grazie-a-grillo" data-post-id="2656444928" data-published-at="1642765602" data-use-pagination="False"> Onorato ebbe un incontro con Toninelli grazie a Grillo La chat tra l’armatore Vincenzo Onorato e Beppe Grillo è lunghissima, perché come ha spiegato anche l’avvocato dell’imprenditore, Pasquale Pantano, i due sono amici da oltre 40 anni. Sembra addirittura che si conobbero corteggiando la stessa ragazza. Poi l’allora comico iniziò a lavorare sulle navi di Onorato e da allora i due non si sono più persi. Forse l’errore è stato proprio non separare questa loro amicizia dagli affari quando «Beppe», così è salvato sul cellulare di Onorato, è diventato l’ingombrante garante del primo partito italiano. In quella veste Grillo ha iniziato a preoccuparsi per l’amico quando l’armatore viene travolto dai guai: prima un gruppo di obbligazionisti della Moby fa istanza di fallimento, poi respinta dal giudice di Milano; quindi, per la pressione di alcuni creditori, Onorato è costretto a fare a istanza di concordato; senza dimenticare il sanguinoso contenzioso che contrappone l’armatore al Ministero dello sviluppo economico per un debito di 180 milioni legato all’acquisto della Tirrenia. Ma i giornali italiani sono più interessati dal procedimento per traffico di influenze illecite coordinato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e da Cristiana Roveda. Un fascicolo che vede indagati Grillo e Onorato in cui sono confluite le chat sequestrate all’imprenditore nell’inchiesta sulla fondazione Open. I messaggi con esponenti grillini sono più della dozzina citata ieri dai giornali e riguardano diversi temi. Ma le comunicazioni che hanno attirato in particolare l’attenzione degli inquirenti sono quelle propedeutiche a un incontro con l’allora ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. Che, ieri, con La Verità, ha ammesso l’appuntamento e lo ha spiegato così via Whatsapp: «Sì certo che c’è stato l’incontro. Come con tutti o quasi i concessionari di beni o servizi pubblici. Mi pare fosse inizio estate 2019. Si parlò della normativa sul regime fiscale per i marittimi di origine italiana e comunitaria. E visto che me lo chiederà le rispondo già dicendole che non parlammo della concessione in essere. E non avrebbe nemmeno avuto titolo per chiedermelo perché era già partita la pratica tutta interna al ministero per la gara pubblica finalizzata all’assegnazione della nuova concessione, visto che la precedente scadeva il 18 luglio 2020. Quindi si ricordi che la concessione quando io terminai il mandato da ministro era ancora abbondantemente in essere. Non come alcuni suoi colleghi hanno detto. Un saluto». Onorato sarebbe uscito da quell’incontro piuttosto allibito: «Toninelli mi ha chiesto: “Ma lei che lavoro fa?”. Cosa avrei dovuto rispondergli?..» ha confidato ai suoi più stretti collaboratori. Insomma Grillo avrebbe utilizzato la sua «influenza», ma Toninelli, l’ex ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e alcuni senatori e deputati non si sarebbero adoperati più di tanto per la causa. Ben diversa la posizione di un ex parlamentare, oggi potente lobbista, che compare nelle chat di Onorato in modo costante. C’è da capire se abbia ricevuto pagamenti e ottenuto risultati a livello legislativo. Ma il gran agitarsi di Onorato sarebbe motivato dal derby infinito tra armatori con la schiatta dei Grimaldi, che l’indagato considera nelle grazie della Lega di Matteo Salvini, anche perché la proposta di accordo sulla restituzione di 144 milioni (garanti da ipoteca) dei 180 dovuti al Mise è stata bocciata dal ministero guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti. E a rendere ancora più sospettoso Onorato sono stati alcuni titoli di giornale che annunciavano come «top player» della Lega per battere Vincenzo De Luca in Campania proprio un Grimaldi. E la sindrome da accerchiamento forse trova una giustificazione nelle chat dell’inchiesta Open, da cui risulta che Onorato, storico elettore della sinistra e tesserato del Pd è stato gettato a mare dal suo stesso partito proprio a favore dei Grimaldi. Il casus belli lo spiega lo stesso Onorato ai pm: «Devo premettere che ero iscritto al Partito democratico da tempo; ho stracciato la tessera del partito nella circostanza del ritiro della legge Cociancich (il secondo emendamento Cociancich-deputato del Pd, Ndr-) dal Parlamento da parte dell’allora ministro dei Trasporti Delrio. Tale legge era finalizzata al recupero dell’occupazione dei marittimi italiani». Ma Onorato forse ignorava che Lotti e il presidente di Open Alberto Bianchi lo avevano già scaricato a favore dei Grimaldi. Il 13 febbraio 2018, nel pieno della campagna elettorale per le politiche Bianchi scrive a Lotti: «A pranzo vedo Grimaldi c’è qualcosa di simpatico che tu pensi possa dirgli?». L’ex ministro risponde: «Poco. Anche se alla fine la battaglia l’ha vinta lui, grazie a Delrio». Bianchi chiede, senza ottenere risposta se Grimaldi «lo sa che è grazie a Delrio?». Qualche ora dopo Bianchi relaziona Lotti sull’incontro: «Buon impatto con Grimaldi. Sabato ti dico, non sarebbe male tu lo vedessi prima del 4 (marzo, giorno delle elezioni politiche 2018, Ndr)». E il 29 marzo Bianchi certifica con un altro messaggino Whatsapp a Lotti la volontà di sacrificare Onorato a vantaggio del competitor: «Sei d’ accordo nel coltivare rapporto con Grimaldi anche a costo di perdere Onorato, che tende ai grillini? Mi serve saperlo prima possibile». Lapidaria la risposta di Lotti: «Yes».
Ansa
Secondo quanto riferito, i militari della Bundeswehr saranno impiegati principalmente in attività di ingegneria militare. Un portavoce del dicastero ha spiegato che il loro compito consisterà in «attività di ingegneria», che potrebbero includere «la costruzione di fortificazioni, lo scavo di trincee, la posa di filo spinato o la costruzione di barriere anticarro». Sempre secondo il ministero, il dispiegamento non richiederà però un mandato parlamentare, poiché «non vi è alcun pericolo immediato per i soldati legato a un conflitto militare».
Ma se il pericolo non c’è allora perché inviarli oltretutto senza passare dal Parlamento? Il rafforzamento delle difese lungo il confine orientale dell’Alleanza si inserisce in un contesto segnato dal protrarsi della guerra in Ucraina e dall’intensificarsi delle operazioni militari russe sul terreno. Secondo un rapporto analitico dell’intelligence britannica datato 13 dicembre, rilanciato da Rbc, le forze russe stanno tentando di avanzare nell’area di Siversk, nella regione di Donetsk, approfittando delle difficili condizioni meteorologiche. Londra smentisce però le dichiarazioni di Mosca sul controllo totale della città. Gli analisti ritengono che reparti russi siano riusciti a infiltrarsi nella zona centrale sfruttando la nebbia, mentre le Forze di difesa ucraine continuano a presidiare i quartieri occidentali, a conferma che i combattimenti sono ancora in corso anche se la città risulta ormai in gran parte perduta e per tentare di riconquistarla sarebbero necessarie nuove riserve. L’intelligence britannica sottolinea inoltre come Siversk rappresenti da tempo un obiettivo strategico per Mosca. Il controllo della città, spiegano gli analisti, consentirebbe alle forze russe di aprire un corridoio verso centri urbani più grandi e decisivi del Donetsk, come Sloviansk e Kramatorsk, che restano sotto il controllo ucraino. Il rapporto segnala inoltre una capacità limitata delle truppe ucraine di condurre operazioni di raid localizzate nella parte settentrionale di Pokrovsk e sottolinea come le forze russe continuino a subire perdite consistenti lungo l’intera linea del fronte. Secondo le stime di Londra, nel 2025 il numero complessivo di morti e feriti tra le fila russe potrebbe arrivare a circa 395.000 unità.
Sul piano umanitario ed energetico, l’Ucraina sta affrontando le conseguenze degli ultimi attacchi russi contro le infrastrutture elettriche. Dopo i bombardamenti notturni, oltre un milione di utenze sono rimaste senza corrente. Le squadre di emergenza hanno però già avviato gli interventi di ripristino. «Attualmente oltre un milione di utenze sono senza elettricità. Ma le squadre di riparazione, sia di UkrEnergo che degli operatori del sistema di distribuzione, hanno già avviato i lavori di riparazione per garantire la fornitura ai consumatori. Spero che oggi riusciremo a riparare la maggior parte di ciò che è stato interrotto durante la notte», ha dichiarato Vitaliy Zaychenko, presidente del cda dell’operatore pubblico della rete elettrica, citato dall’agenzia statale Ukrinform. Zaychenko ha aggiunto che le situazioni più critiche si registrano nelle regioni di Odessa, Mykolaiv e Kherson, confermando come il conflitto continui a colpire in modo diretto la popolazione civile e le infrastrutture essenziali del Paese.
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Donald Trump (Ansa)
Insomma, se di nuovo attaccato, in soccorso del Paese di Volodymyr Zelensky scenderebbero gli Stati membri dell’Alleanza. Probabilmente - come nel caso dell’organizzazione nordatlantica - non ci sarebbero automatismi e sarebbero necessarie prima delle consultazioni politiche. La Russia, però, sarebbe avvisata. E la novità è che anche gli Stati Uniti, benché recalcitranti a impegnarsi per Kiev e per il Vecchio continente, hanno accolto il lodo Meloni.
Axios, citando fonti dell’amministrazione americana, ha scritto che la Casa Bianca sarebbe pronta a dare il suo assenso, sottoponendo comunque l’intesa al voto del Congresso. «Vogliamo offrire agli ucraini», ha dichiarato un funzionario Usa, «una garanzia di sicurezza che non sia un assegno in bianco da un lato, ma che sia sufficientemente solida dall’altro».
La definizione dello scenario postbellico sarebbe uno dei tre accordi da firmare separatamente: uno per la pace, uno per la sicurezza, uno per la ricostruzione. L’esponente dell’esecutivo statunitense considera positivo che, per la prima volta, la nazione aggredita abbia mostrato una visione per il dopoguerra. A dispetto dell’apparente stallo dei negoziati, peraltro, il collaboratore di Donald Trump ha riferito ad Axios che, negli Usa, l’apertura di Zelensky almeno a un referendum sullo status dei territori occupati viene considerata «un progresso». All’America sarebbe stato giurato che gli europei sosterrebbero il capo della resistenza, se decidesse di mandare in porto la consultazione.
Steve Witkoff e Jared Kushner si sarebbero confrontati su piano per creare una zona demilitarizzata a ridosso del fronte, insieme ai consiglieri per la sicurezza di Ucraina, Germania, Francia e Regno Unito. I passi avanti sarebbero stati tali da convincere Trump a spedire il genero e l’inviato speciale in Europa. Entrambi, in vista del vertice di domani, sono attesi oggi a Berlino per dei colloqui con rappresentanti ucraini e tedeschi. Domani, invece, i delegati di The Donald vedranno il cancelliere, Friedrich Merz, Macron e il premier britannico, Keir Starmer. Al summit parteciperanno anche altri leader Ue e Nato, tra cui Giorgia Meloni. Reduce, a questo punto, da un successo politico e diplomatico.
Un’accelerazione delle trattative potrebbe aiutarla a trarsi d’impaccio pure dalle difficoltà interne: i malumori della Lega per il decreto armi e l’intervento a gamba tesa del Colle sulla necessità di sostenere Kiev. La reprimenda di Sergio Mattarella poteva certo essere diretta contro il Carroccio, che infatti ieri ha risposto, con toni insolitamente duri, tramite Paolo Borchia: al capo dello Stato, ha lamentato l’eurodeputato, «piace far politica». A giudicare dai commenti di Matteo Salvini e Claudio Borghi, però, sembra improbabile una crisi della maggioranza. Ma la coincidenza davvero interessante è che l’inquilino del Quirinale ha pronunciato il suo discorso appena dopo il faccia a faccia tra Meloni e Zelensky, cui il nostro premier avrebbe fatto presente l’inevitabilità di «concessioni territoriali dolorose». Ieri è toccato ad Antonio Tajani smentire le presunte pressioni italiane affinché l’Ucraina accetti le condizioni del piano di Trump. «Sui territori», ha precisato il ministro degli Esteri, seguito a ruota da Guido Crosetto, «la decisione è solo degli ucraini». Fatto sta che, pure sull’utilizzo degli asset russi - una partita delicatissima, nella quale nemmeno la posizione della Germania è priva di ambiguità - Roma sta cercando di disinnescare le mine piazzate dalla Commissione europea, che sarebbero di intralcio alla pace.
Chi, intanto, si sta riaffacciando nella veste di mediatore è Recep Tayyip Erdogan. Teme che il Mar Nero, nel quale Ankara mantiene interessi vitali, diventi «un campo di battaglia», come ha detto ieri il Sultano. Non a caso, Kiev ha accusato Mosca di aver colpito un cargo turco che trasportava olio di girasole. Erdogan ha garantito che «la pace non è lontana» ed espresso apprezzamenti per l’iniziativa di The Donald. «Discuteremo il piano anche con il presidente degli Stati Uniti Trump, se possibile», ha annunciato. Con Vladimir Putin, ha aggiunto il presidente, «abbiamo parlato degli sforzi della Turchia per raggiungere la pace. Entrambi riteniamo positivo il tentativo di impostare un dialogo per porre fine al conflitto. Trump si è attivato e noi siamo al suo fianco, i nostri contatti con gli Usa sono continui».
Ieri, sono stati trasferiti in Ucraina quasi tutti i prigionieri liberati dalla Bielorussia in cambio dello stop alle sanzioni statunitensi, compresa l’oppositrice al regime Maria Kolesnikova. Pure questo è un piccolo segnale. Se ne attende qualcuno dall’Europa. Prima che la guerra diventi la sua tragica profezia che si autoavvera.
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Il trionfo globale del carbone. Assalto AI alle reti elettriche. Shale oil, parte il consolidamento negli USA. Aumentano i conflitti commerciali sulle risorse critiche. Volatilità sui mercati dei metalli.