2021-10-08
Il caso Bibbiano non era l’eccezione. A dirlo è il Garante per l’infanzia
Dopo la prima richiesta di condanna nel processo «Angeli e demoni», in Commissione parlamentare Carla Garlatti interviene per chiedere di «rafforzare i controlli sulle comunità di accoglienza dei minori»Il ritornello ormai è noto: Bibbiano «si è sgonfiata», era una montatura «della destra» con, di fatto, zero anomalie riscontrate. Insomma, tanto rumore per nulla. Peccato che le cose stiano in modo assai diverso. Intanto perché il processo Angeli e Demoni sugli affidi di minori nella Val d'Enza Reggiana, con ben 24 imputati, continua. Anzi, è di alcuni giorni fa la notizia della prima richiesta di condanna - ad un anno e sei mesi di reclusione - avanzata dalla pm Valentina Salvi nei confronti dell'assistente sociale Beatrice Benati, una delle due imputate ad aver scelto il rito abbreviato. Ma al di là degli affidi in Val d'Enza, le cui irregolarità sono indiscutibili - tanto che, a febbraio, la pm Salvi ha confermato che tutti i minori coinvolti nella vicenda processuale son rientrati nelle loro famiglie di origine -, il problema va oltre i confini regionali emiliani. E, quel che è peggio, è ancora pressoché irrisolto. A dirlo, ascoltata nelle scorse ore dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, è stata una fonte assai autorevole, ossia Carla Garlatti, che da gennaio è la Garante per l'infanzia e l'adolescenza.Senza riferirsi ad un caso specifico, la dottoressa Garlatti ha infatti dichiarato che «è necessario rafforzare i controlli sulle comunità di accoglienza dei minori». In seno alla Commissione presieduta dalla deputata leghista Laura Cavandoli, la Garante per l'infanzia ha nello specifico evidenziato l'importanza di dare più margini di manovra alla magistratura. «I pm minorili», ha sottolineato, «dovrebbero poter condurre ispezioni non circoscritte alle sole verifiche finalizzate alla dichiarazione di adottabilità», ma che possano spingersi oltre. Per fare cosa? «Accertare pure le condizioni di vita e il benessere dei ragazzi, il funzionamento delle strutture, la qualità dell'accoglienza, la dotazione e le competenze del personale e la validità del progetto educativo».Il lavoro da fare è ancora dunque non molto, bensì moltissimo. E non riguarda solo i poteri ispettivi, al momento limitati, della magistratura sulle comunità di accoglienza dei minori. Garlatti ha difatti rimarcato la necessità di dare più spazi alla stessa Autorità garante che presiede, che, «quando vuole effettuare dei sopralluoghi è tenuta a darne preavviso ai gestori delle strutture». «È evidente», ha aggiunto, «che questa modalità fa perdere efficacia alla verifica». Attenzione, perché un rimedio a questa situazione già ci sarebbe. Basterebbe applicare le Linee di indirizzo per l'accoglienza nei servizi residenziali per i minorenni approvate sin dal 2017 in seno alla Conferenza Stato-Regioni. Garlatti ha pure richiamato l'attenzione sulla necessità sia di adottare, al posto delle macro voci attuali, linee di indirizzo per il tariffario nazionale relativo ai costi dei minorenni in comunità e ai costi di gestione delle strutture, sia di attuare quanto richiesto dal Comitato Onu sui diritti dell'infanzia rispetto all'esigenza, per il nostro Paese, di istituire un registro nazionale dei minorenni privi di un ambiente familiare. Non secondaria, poi, è l'esigenza di individuare una nomenclatura comune. Diversamente, finché si parlerà di comunità per minorenni in generale, senza una adeguata differenziazione di categorie e denominazioni, sarà «difficile il monitoraggio». Morale della favola, per quanto riguarda i controlli delle comunità di minori, se non siamo all'anno zero, sostanzialmente poco ci manca. Il che non può non sollevare pesanti interrogativi, anzitutto sul piano istituzionale.Viene in particolare da chiedersi come mai, visto anche l'impegno dei media, Verità in primis, su questo prioritario versante, si sia ancora fermi al palo. Ricordiamoci che gli arresti conseguenti all'inchiesta Angeli e Demoni risalgono al giugno 2019. Sono quindi trascorsi ben oltre due anni. Che aspetta allora la politica a far la propria parte? Tanto più che, si badi, la Garlatti non ha detto nulla di nuovo, evidenziando temi più che noti. Certo, la Commissione parlamentare dove la Garante è stata ascoltata è operativa solo da fine maggio. Ma il Parlamento e, in particolare, il governo avrebbero già avuto tutto il tempo e il modo di approntare un inasprimento dei controlli sulle comunità per minori del quale, invece, al momento non c'è traccia. Ciò appare grave non solo perché lo scandalo Bibbiano, come già detto, non si è affatto «sgonfiato», ma perché non è la sola anomalia di un sistema che pare averne parecchie. Regione Piemonte, per dire, ha prodotto un'indagine conoscitiva di una novantina di pagine con cui si è scoperto come il 70 se non 80% dei bambini oggetto dei provvedimenti non avrebbe dovuto essere allontanato, mentre in Trentino la Commissione d'indagine sui minori, presieduta dalla leghista Mara Dalzocchio, è ancora al lavoro e prossimamente produrrà le sue conclusioni.Quello dei controlli sulle comunità di minori non è dunque il tema di una zona, di una singola valle né di una regione. Non è neppure qualcosa che interessi il colore politico di una determinata amministrazione. Al contrario, come ben esplicitato dalla Garante per l'infanzia, è un tema strutturale rispetto al quale a tutt'oggi financo magistratura ha poteri limitati. Per questo, sarebbe ora che il legislatore nazionale prendesse finalmente l'iniziativa. Gli spunti su dove intervenire non mancano, ma bisogna muoversi. Perché al prossimo scandalo nessuno potrà più dire che non sapeva.
Charlie Kirk (Getty Images
Alan Friedman, Cathy Latorre e Stephen King (Ansa)