2020-11-07
Il boia di Vienna ha dietro l’esercito dei Leoni kosovari
Secondo Aise e antiterrorismo il killer che lunedì ha ucciso 4 persone è al centro di una rete balcanica di estremisti.Ci mancavano i leoni del Kosovo. Le prime risultanze investigative operate dagli 007 dell'Aise, agenzia guidata da Giovanni Caravelli, e del nostro antiterrorismo coordinato dal prefetto Lamberto Giannini sulla carneficina di Vienna realizzata dal terrorista Kujtim Fejzulai permettono di ricostruire la rete dell'uomo. Una diramazione che porta direttamente in Kosovo, dove opera un fantomatico gruppo di estremisti (i Leoni, appunto). La notizia non deve stupire. La piccola Repubblica (riconosciuta da un centinaio di Stati membri dell'Onu e situata nel cuore dei Balcani) è stata dilaniata dall'omonima guerra una ventina di anni fa. Il presidente Hashim Thaçi si è dimesso nelle scorse ore, dopo che il Tribunale speciale dell'Aja ha confermato le accuse di crimini di guerra e contro l'umanità commessi durante la guerra contro la Serbia. Tra il 1998 e il 1999 Thaçi era uno dei leader dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (Uck), guerriglieri di origine albanese e di fede musulmana. E sarebbe responsabile di un centinaio di omicidi, torture, rapimenti, persecuzioni ai danni della comunità serba. Per l'Onu, l'Uck era un gruppo terroristico, ma la Nato l'appoggiò contro nella guerra contro Belgrado. Adesso gli eredi dell'Uck in Kosovo e Albania flirtano con ciò che resta dell'Isis, creando un avamposto per la Jihad nel cuore dei Balcani a pochi chilometri dalle coste italiane sul mare Adriatico. Per l'attacco in cui Kujtim, viennese con doppia cittadinanza austriaca e macedone (in quanto figlio di albanesi immigrati in Austria dalla Macedonia del nord), precedenti penali e nel curriculum anche storie di terrorismo, ha sparato lunedì notte a quattro persone, la polizia ha arrestato otto uomini. Quattro di loro erano stati condannati per reati legati al terrorismo, due per reati violenti e due per tentato delitto d'onore. Sono sospettati di aver supportato il terrorista prima dell'attacco. La situazione preoccupa non poco il governo di Vienna, che ha deciso di chiudere tre moschee considerate radicalizzate. Ma dopo Nizza e Vienna, anche Verona si blinda. La questione è stata affrontata durante il Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico. Tutti i luoghi sensibili saranno oggetto di controlli mirati e verranno presidiati dall'esercito.L'Italia segue con attenzione gli sviluppi in campo internazionale e continua ad analizzare le informazioni raccolte dagli 007. Intanto si sa che Kujtim è conosciuto anche con l'alias «Timi». Un nomignolo che, soprattutto negli ultimi due anni, è comparso più volte: ad agosto 2018, per esempio, è finito in una segnalazione ed è stato localizzato a Vienna; a settembre 2018, Timi ha manifestato la volontà di raggiungere l'area afghano-irachena con l'intento di unirsi alle milizie dello Stato islamico. Kujtim avrebbe raggiunto Istanbul a fine settembre per poi essere arrestato e rimpatriato. Per questo motivo nell'aprile del 2019 è stato condannato a 22 mesi da un Tribunale austriaco con l'accusa di terrorismo. È stato rilasciato il 5 dicembre 2019 dopo aver seguito un corso di de-radicalizzazione. Qualcuno, però, a Vienna ha sottovalutato la sua presenza in giro per l'Europa. E mentre i due funzionari del reparto speciale Wega che hanno freddato il terrorista sono stati insigniti della Goldene medaille am roten Bande, il responsabile dell'antiterrorismo, Erich Zwettler, è stato sospeso e si è dimesso. «La polizia ha commesso degli errori», hanno ammesso senza giri di parole il capo della polizia Gerhard Puerstl e il ministro dell'Interno Karl Nehammer. Le stime sulla potenziale minaccia rappresentata da Kujtim, dopo le informazioni ricevute dalla Slovacchia sull'acquisto di munizioni, dovevano essere diverse. Su richiesta di Berlino, inoltre, la polizia austriaca aveva monitorato lo scorso luglio un incontro fra estremisti tedeschi e l'attentatore islamista. Ma è la rete di relazioni che aveva intorno a sé a mostrare la sua chiara appartenenza ad ambienti connotati da una spiccata caratterizzazione radicale e dall'adesione all'Islam militante. Tra i suoi contatti ci sono personaggi ampiamente noti all'intelligence. C'è ad esempio l'uomo che è considerato uno dei terminali in Europa dei Leoni dei Balcani. Che a sua volta è in diretto contatto con l'armiere del gruppo. Ma è anche incaricato di costituire una rete in Europa attraverso la ricerca di fidati seguaci dell'islam militante. È in questo contesto che si collocano le interlocuzioni cominciate nel 2019 e continuate fino a settembre. Dall'analisi delle comunicazioni emergono connessioni con uomini del Tagikistan, uno dei quali è stato arrestato di recente a Tirana (Albania) per un mandato d'arresto emesso dalla Germania. È accusato di far parte di una cellula dello Stato islamico localizzata in territorio tedesco, composta da altri quattro membri, tutti di nazionalità tagika, arrestati lo scorso 15 aprile perché sospettati di pianificare attacchi terroristici contro le forze militari statunitensi nel Paese.Proprio in Germania ieri la polizia ha effettuato alcune perquisizioni in tre località nel nord-ovest: Osnabrueck, Kassel e Pinneberg, all'interno di locali appartenenti a persone che «non sono sospettate di essere coinvolte nell'attacco», ma che probabilmente erano in contatto con Kujtim.Nella rete del terrorista risulta poi l'elemento di collegamento: un kosovaro islamista che vive in Germania ed è legato ai Leoni dei Balcani (ma ha anche una rete in Svizzera, con due uomini sul posto). Nella cerchia tedesca c'è un contatto ritenuto interessante perché appartenente alla corrente takfirista, ispirata dal noto predicatore radicale Nedzad Balkan, del quale è un fervente seguace, e si è reso protagonista nell'ultimo periodo dell'iniziativa volta alla ricostituzione, proprio in Austria, di un network direttamente riconducibile a Balkan. E da lì si torna a Vienna. Perché nella rete c'è anche un giovanissimo kosovaro, nato nel 2004, residente in Austria.È stato arrestato in Turchia nel 2018 per adesione ad associazioni terroristiche, ma dopo aver scontato una pena di 15 mesi in Austria è stato liberato nel dicembre 2019. Attualmente utilizza un profilo Facebook con lo stesso nome dell'attentatore, Kujtim, e al posto del cognome c'è una K puntata. La sua timeline è completamente priva di contenuti pubblici e l'unica foto presente raffigura un leone. Il profilo è stato messo in relazione con un account Twitter («Abdlmuntaqeem Al Iraqi or Lloyd Al Amriki») che la sera dell'attentato, sotto il post del profilo ufficiale della polizia di Vienna che avvertiva dell'operazione antiterrorismo, ha commentato con queste parole: «Giuro su Allah che non avete visto ancora nulla da noi». E non è l'unico commento che ha destato l'interesse dell'intelligence: rivolgendosi ai fratelli «muwahhidin», chiedeva loro di tenersi pronti. Il messaggio, hanno valutato gli analisti, era rivolto ai «fratelli» in Francia, ma è scritto in maniera tale da lasciare aperte altre interpretazioni sui destinatari, che potrebbero vivere in altri Paese europei. Nell'ultimo post, invece, rivolgendosi agli «infedeli», afferma: «In nome di Allah avrete paura di camminare per le strade. Avrete paura di lavorare nei vostri uffici. Sarete terrorizzati e vi sentirete depressi anche a casa vostra».L'account è stato bannato. Ma è ricomparso nelle ultime ore con un altro indirizzo, con la stessa foto profilo e gli stessi post pregni di propaganda islamista. È tornato a cinguettare, pubblicando video di tagliagole accompagnati da parole che puzzano di dichiarazione di guerra: «Muhammad non accetta la sottomissione».