2022-08-24
Sei mesi di guerra han confermato
le previsioni: ora rischiamo noi
Putin regge nonostante lo stallo sul campo: l’embargo non ha distrutto l’economia russa. L’Europa invece non sa come affrontare la crisi del gas. In autunno, l’inflazione farà esplodere una bomba sociale. Sono trascorsi sei mesi esatti dal giorno in cui i carri armati di Vladimir Putin hanno invaso l’Ucraina. Doveva essere una guerra lampo, ma i soli lampi cui abbiamo assistito sono stati quelli dei missili lanciati contro le città. Doveva anche essere il primo conflitto asimmetrico degli anni Duemila, ma in realtà ci siamo trovati di fronte alla prima guerra combattuta per interposto esercito, nel senso che lo scontro è fra Russia e Paesi occidentali, ma questi combattono per delega, visto che le armi le impugnano solo gli ucraini. Soprattutto, doveva essere una battaglia in difesa della giovane democrazia di Kiev, ma purtroppo, più passano i giorni e più si comprende che in pericolo non c’è la fragile Repubblica ucraina, bensì quelle più temprate dei Paesi occidentali. Sì, so di dire cose scomode, ma siccome non mi piace essere ipocrita preferisco parlare chiaro. Sei mesi dopo l’invasione, tocca riconoscere che quasi tutte le preoccupazioni manifestate fin dall’inizio si stanno rivelando fondate. Ancora ricordo quando gli esperti definirono l’esclusione della Russia dal circuito Swift, per le transazioni finanziarie internazionali, la bomba atomica bancaria che avrebbe fermato l’avanzata di Putin. Oggi, a distanza di mesi, possiamo dire che il blocco delle operazioni creditizie non era un ordigno nucleare, ma un petardo, prova ne sia che 180 giorni dopo l’adozione di questa misura Mosca non ha ancora dichiarato bancarotta. È vero, il Pil è sceso e l’inflazione è salita, ma meno di quanto era stato previsto. L’economia russa arranca, ma non molto di più di quella di altri Paesi. Anzi, per certi versi, in particolare per ciò che riguarda la bilancia commerciale, molto meno di quello che sarebbe stato legittimo immaginarsi. Sei mesi dopo l’inizio del conflitto, nessuno ipotizza più un termine della guerra perché forse la battaglia è diventata endemica, nel senso che siamo di fronte a uno scontro ad alta intensità, ma con un sostanziale stallo delle forze in campo. I russi avanzano di pochissimo, ma soprattutto tengono le posizioni. Gli ucraini, nonostante il forte sostegno dei Paesi occidentali, ogni tanto mettono a segno qualche tiro azzeccato, colpendo obiettivi strategici, tutto qui. Niente fa pensare che quanto era stato promesso, ovvero un rovesciamento delle forze in campo, sia possibile. Nulla induce a ritenere che presto sarà possibile deporre le armi e avviare una trattativa di pace. Il pericolo di una guerra a oltranza, che potrebbe protrarsi per anni nel cuore dell’Europa, dunque si fa sempre più palpabile e i governi occidentali non paiono avere idee su come interromperla. Quando i Parlamenti europei decisero di sostenere la resistenza ucraina, la scelta di campo fu spiegata con la ragione di sostenere la democrazia di un Paese invaso. Motivazione nobile, però sei mesi dopo la democrazia di Kiev non è stata salvata, mentre sembrano un po’ barcollanti quelle occidentali. La mia vi sembra una considerazione priva di fondamento? Provate a pensare che cosa accadrà in Europa se il prezzo del gas continuerà a salire. Già ora si segnalano situazioni allarmanti. In Gran Bretagna le bollette sono alle stelle e mentre si registra un’inflazione che sfiora il 20 per cento, il numero degli utenti morosi perché non in grado di far fronte al salasso di riscaldamento e luce aumenta. In Germania si discute da prima dell’estate di come affrontare la situazione, mentre da noi il governo ha preferito rinviare qualsiasi decisione, ma nelle prossime settimane la questione potrebbe diventare esplosiva. Ecco, voi pensate che Paesi da tempo non più abituati a fare sacrifici siano pronti a fronteggiare una tale emergenza? Credete davvero che la crescita dell’inflazione, accompagnata dalla crisi economica e dal rischio di distacchi di luce e gas, non avrà effetti sulla situazione politica e sociale dell’area economicamente più progredita del mondo? Io temo che le conseguenze saranno pesanti, e da difensori della democrazia ucraina rischiamo di vedere attaccata la democrazia in casa nostra. Del resto, questo è ciò che vuole Putin, il quale non ha dichiarato guerra solo a Kiev, ma al mondo occidentale, giudicato da lui e dalla sua banda decadente e degenerato. Vi sembro eccessivamente pessimista? Non credo di esserlo: semplicemente guardo i fatti. Siamo entrati in guerra convinti che non ci saremmo sporcati le mani perché a farlo sarebbero stati gli ucraini. In realtà, Putin ci ha messo nel mirino usando le materie prime e il rubinetto del gas, mandando in crisi il nostro sistema. L’astuzia di aggirare l’articolo della Costituzione che impedisce all’Italia di partecipare a una guerra è servita a poco, perché, a differenza di ciò che hanno sempre detto i sostenitori dell’aiuto a mano armata di Kiev, noi siamo già in guerra e gli effetti li stiamo già toccando con mano. Non so che cosa vorrà fare il governo che uscirà dalle prossime elezioni, ma credo che dopo il voto un bilancio dei primi sette mesi di guerra non sarà solo utile, ma indispensabile per decidere il da farsi.