2024-08-06
Che dogmi demenziali. L’inclusività olimpica farà perdere lo sport
Chi blatera di «diritti» a tutti i costi falsa la sana competizione. Non c’è parità per le donne se affrontano chi ha maggiore forza.Pietro Dubolino, Presidente di sezione a riposo della Corte di Cassazione Molto rumore per nulla? A tale conclusione, riprendendo il titolo della nota commedia di William Shakespeare, si potrebbe pensare che debba giungersi con riguardo alle polemiche che hanno preceduto, accompagnato e seguito l’incontro di boxe femminile tra l’algerina Imane Khelif e l’italiana Angela Carini ai Giochi olimpici di Parigi.Sembra, infatti, prevalere, ultimamente, l’opinione di «esperti» (o presunti tali) secondo cui la Khelif sarebbe puramente e semplicemente una donna a tutti gli effetti, non potendosi il contrario desumere - si afferma - dalla sola presenza, nel suo organismo, del cromosoma Y, caratteristico del sesso maschile; elemento, questo, sulla cui base, com’è noto, l’Iba (International boxing association) l’aveva esclusa dai campionati mondiali tenutisi a Nuova Dehli nel 2023. Sul nulla sarebbero state, quindi, montate, le affermazioni di quanti, a cominciare da Elon Musk e J.K. Rowling, poi seguiti, tra gli altri, dal nostro Matteo Salvini (tutti sbrigativamente definiti «di destra» se non addirittura, ovviamente, «fascisti»), hanno pubblicamente inteso denunciare l’assurdità che in una gara sportiva come è quella del pugilato, caratterizzato dall’impiego della forza fisica di ciascun contendente nei confronti dell’altro, venisse ammesso a competere con una donna un soggetto che, siccome dotato di caratteristiche maschili, era per ciò stesso da ritenersi anche dotato di una forza superiore. Le polemiche Di qui l’accusa di totale irresponsabilità (se non peggio) che, da tutto il mondo «progressista» - fin dall’inizio massicciamente schierato a favore dell’atleta algerina - viene oggi rovesciata sugli autori della suddetta denuncia, ai quali si addebita, tra l’altro, di aver preso per oro colato il giudizio espresso a suo tempo dall’Iba; giudizio che sarebbe stato, invece, da riguardarsi non solo come privo di validità scientifica ma anche fortemente sospetto di condizionamento politico, per via del fatto che presidente dell’Iba è il russo Umar Kremlev, ritenuto fedele amico dello «zar» Vladimir Putin e, quindi, ben disposto a compiacere quest’ultimo nel suo presumibile intento di sabotare in tutti i modi possibili il buon andamento dei Giochi olimpici nei quali un suo nemico - quale ormai è da considerarsi il presidente francese Emmanuel Macron - ha impegnato tutto il proprio prestigio. In realtà, non risulta ben chiaro come e perché potesse prevedersi che l’esclusione della Khelif dai campionati mondiali di Nuova Dehli, nel 2023, si sarebbe poi prestata a costituire causa di contestazioni e di polemiche nei Giochi olimpici programmati per l’anno successivo. Ma non è questo il punto che più interessa. E neppure interessa, in fin dei conti, se la presenza del cromosoma Y nell’organismo della Khelif (sulla quale, comunque, non sembrano esservi dubbi) fosse o meno compatibile, scientificamente, con la sua pacifica assegnazione al sesso femminile. Quel che invece interessa, e che rende macroscopicamente incoerente la posizione del fronte «progressista», è che quest’ultimo, nel sostenere a spada tratta il diritto della Khelif a partecipare alle gare olimpiche di pugilato femminile, non si basava sull’assunto - ora dato per acquisito - che si trattasse di persona da considerare comunque, per le sue proprie caratteristiche organiche e morfologiche, come una donna «normale», ma pretendeva, invece, che per tale la si «dovesse» considerare, nonostante che, per la pur riconosciuta anomalia riscontrata dall’Iba, sarebbe stata da qualificare, se non come «transgender», quanto meno come «intersex». Ora, come si legge nel sito internet dell’Istituto superiore di sanità, «Intersex è un termine ombrello che include tutte le variazioni innate (ovvero presenti fin dalla nascita) nelle caratteristiche del sesso, caratteristiche che non rientrano nelle tipiche nozioni dei corpi considerati femminili o maschili». E, ancora, secondo l’enciclopedia Treccani on line, l’intersessualità è un «fenomeno che si manifesta con la coesistenza in uno stesso individuo (intersessuale) di caratteri maschili e femminili più o meno intermedi fra i due». Ciò in quanto «tutte le cellule del corpo hanno il corredo cromosomico di un sesso, ma durante lo sviluppo avviene un’inversione per cui l’individuo, che aveva incominciato a svilupparsi come maschio, continua il suo sviluppo nel sesso femminile e viceversa».gli ultrà pericolosi Essendosi data, dunque, per ammessa la validità scientifica di tali definizioni (sulle quali, in realtà, per quanto è dato sapere, la discussione tra «esperti» è tutt’altro che chiusa), ne deriva che a muovere lo sdegno delle «anime belle» della sinistra - quali, ad esempio, quelle di Monica Cirinnà, Laura Boldrini, Nicola Fratoianni, Alessandro Zan e compagnia cantando - non era il fatto che si volesse togliere alla Khelif il diritto di partecipare, come una vera e propria «donna», alla competizione con un’altra «donna». Era, invece, il fatto che quel diritto le venisse negato in violazione del dogma della «inclusività» per cui, a qualsiasi fine, quella che dovrebbe contare è solo la percezione che il soggetto abbia della propria sessualità a prescindere anche da anomalie (tra le quali, indubbiamente, rientra anche la «intersessualità»), che la rendano oggettivamente incerta e dalle quali possa derivare ad altri soggetti un ingiusto pregiudizio. Il che risulta particolarmente demenziale in un campo come quello delle discipline sportive, in cui il confronto fra i contendenti in tanto può essere ritenuto valido in quanto sia accertata, per quanto possibile, la oggettiva parità, a termini di regolamento, delle condizioni di partenza. Indipendentemente, quindi, dalla validità o meno dei presupposti di fatto sui quali si basavano, a ben vedere, tanto i critici quanto i fautori della partecipazione della Khelif alle Olimpiadi femminili di pugilato, rimane la fondamentale differenza che i primi si battevano in favore delle donne in quanto tali e, quindi, del diritto di ciascuna di esse a non essere esposta a danni o pericoli incompatibili con la sua natura e le sue caratteristiche fisiche, mentre i secondi si battevano in favore di un preconcetto ideologico del quale proprio le donne (e, nella specie, la nostra Angela Carini) erano chiamate a fare, volenti o nolenti, le spese.Lasciamo al sagace lettore il compito di stabilire quale delle due posizioni sarebbe stata da considerare la più vicina ai movimenti femministi e a quanti, più in genere, hanno a cuore la tutela delle donne da tutto ciò che può ledere la loro dignità e la loro sicurezza.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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