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2021-08-01
I vaccini del futuro: la prova che il Covid dovremo tenercelo
iStock
Per il prossimo anno è in arrivo un'abbuffata di oltre 40 nuovi vaccini contro il Covid. Per il 2023 e oltre si stanno già sperimentando i farmaci di terza generazione. Una ventina di aziende, in gran parte americane, ha messo sul tavolo importanti investimenti con l'obiettivo di realizzare nei prossimi due anni altrettanti prodotti da vendere sotto forma di spray nasale, gocce o semplici pastiglie. L'idea di fondo è semplice e chiara. Arrivare in farmacia e vendere a milioni di persone vaccini a tutti gli effetti anti influenzali con una catena logistica uguale a quella di una tachipirina. L'investimento si basa sul presupposto che il Covid diventi endemico e vada oltre il concetto attuale di pandemia per lasciare il posto alla convivenza. Potranno esserci le fasi stagionali (esattamente come con le varianti dell'influenza) o un rischio costante durante l'anno. Molto dipenderà dagli effetti delle attuali varianti. Ma nel complesso cambia poco. L'industria farmaceutica, puntando denaro sui vaccini di terza generazione, già sa di non dover affrontare una sorta di Mers (l'influenza mediorientale considerata l'ebola del virus respiratorio), ma piuttosto una Sars diffusa oltre i confini del Sudest asiatico.
In Canada, Symvivo sta lavorando al Bac Trl Spike. Si tratta di un liquido a base di Dna in plasmide che viaggia con un vettore batterico abituato a vivere nel tratto digestivo delle persone. Una volta superata la Fase 2 verrà trasformato in una pillola. Si potrà comprare in farmacia e avrà esattamente l'aspetto degli helicobacter in tavoletta. Tetherex Pharmaceuticals è un'altra azienda americana. Sta basando il proprio farmaco sul vettore virale. Si assumeranno massimo due dosi in 5 settimane. Al momento l'aspetto è quello della fiala per iniezioni intramuscolari, ma poi prenderà la forma dello spray nasale. Usa un adenovirus con sequenze avanzate e produrrà antigeni per vettore 100 volte maggiori rispetto aivaccini tradizionali. Tetherex ha già chiuso un accordo con la Mayo Clinic per la produzione e distribuzione mondiale. Un bel colpo, visto la capacità di leva economica che offre il colosso americano. Rimanendo sempre negli Stati Uniti, la Codagenix lavora al Covi-Vac. Saranno delle semplici gocce da mettere nel naso. Potrà essere venduto in farmacia come tutte le gocce nasali e al massimo necessiterà dell'assistenza specializzata per l'assunzione. In questo caso, Il codice genetico del Sars-Cov-2 è stato riscritto in modo da eliminare tutte le caratteristiche pericolose. Le proteine esterne del virus sono presenti, quindi le gocce resisteranno bene alle diverse varianti future.
Se usciamo dai confini degli Usa, spicca l'esperimento di Patria, Covivac, e Butanvac. L'università del Texas e altri istituti sparsi per il globo hanno messo sul piatto la cosa più vicina a un vaccino Open source. I Paesi interessati, oltre agli Usa, sono Messico, Vietnam, Brasile e Thailandia. Saranno fiale da iniettarsi ma staranno a temperatura ambiente. Non si sa nulla del grado di efficacia e di chi possa poi aiutare il gruppo di sviluppatori a realizzare una economia di scala adeguata. La lista della terza generazione è lunga. Per di più a differenza delle scelte cristallizzate nel Vecchio Continente, si viaggia dalle proteine al vettore virale fino ai virus sintetici deattivati.
L'Ue marcia invece in un'altra direzione. Il più grande produttore europeo alleato di Pfizer, ovvero la tedesca Biontech, tira dritto con la terza dose a mRna. Ciò dimostra anche che il maxi investimento finanziato da Bruxelles andrà avanti per anni e pare ormai una scelta irreversibile, pur ammortizzando i costi in futuro. Anche noi italiani per ora abbiamo puntato sul cavallo di Pfizer Biontech le nostre fiches. Ovvero oltre 2 miliardi. Eppure, nonostante la narrazione degli ultimi mesi, alimentata anche dalle autorità Ue oltreché dalla propaganda cavalcata dalla stessa Biontech, la tecnologia a vettore virale è tutt'altro che morta. Basta vedere quanti vaccini basati su adenovirus compaiono nella tabella in pagina. Il motivo? Costa poco, dura tanto e si presta ad un'assunzione tramite mucose (gocce o spray).
Vedremo quali saranno le scelte migliori, chi arriverà sul mercato e riuscirà a battere la concorrenza anche a livello di prezzi. Sperando che non spuntino fuori nuove guerre «politiche» o pasticci comunicativi come quelli che hanno visto complicare la campagna vaccinale con i limiti di età imposti ad Astrazeneca e al monodose Johnson&Johnson. Di certo, il Covid è diventato già un business. Basta guardare i risultati pubblicati dalle società farmaceutiche nel secondo trimestre 2021. La lotta alla pandemia ha portato nelle casse di Johnson&Johnson, Pfizer e Astrazeneca complessivamente oltre 8,85 miliardi di dollari. È Pfizer, che nei mesi ha rialzato più volte il prezzo, ad averci guadagnato di più. Il gigante farmaceutico americano ha archiviato il periodo aprile-giugno con vendite in aumento del 92% a 18 miliardi di dollari, di cui 7,8 miliardi direttamente dal vaccino. Astrazeneca, che vende a prezzi più o meno di costo, ne ha ricavato «solo» 894 milioni. Gli anglo-svedesi hanno chiuso il primo semestre con un aumento dei ricavi a 15,5 miliardi. Per Johnson & Johnson i ricavi sono cresciuti del 27% a 23 miliardi. Per completare il quadro bisognerà aspettare il 5 agosto quando anche Moderna licenzierà il suo bilancio e il 9 agosto è in calendario il cda di Biontech. Ma è già chiaro che gli affari di tutti, guardando al numero di vaccini di terza generazione allo studio, verranno garantiti anche per i prossimi anni. Numeri e investimenti che dicono due cose. Per molti sarebbe un peccato se il Covid dovesse finire domani. Al tempo stesso, se gli investitori scommettono così tanto significa che con questo virus dovremo conviverci. Un monito per tutti i politici chiusuristi, liristi del lockdown e delle zone gialle e per i virologi convinti che il virus vada battuto a tutti i costi.
Oltre 40 farmaci per l'anno prossimo. Sul podio lo spray cinese di Bill Gates
Grazie al prezioso contribuito di Oitaf, Osservatorio interdisciplinare trasporto alimenti e farmaci, possiamo mettere in fila i 44 vaccini sparsi per il globo che stanno terminando la Fase 2 o sono già in piena Fase 3. Non abbiamo preso in considerazione i ritardatari ancora in Fase 1 e quei vaccini che non stanno trovando finanziamenti per proseguire la loro corsa verso la somministrazione. Un caso molto vicino a noi è quello di Reithera, ma lo stesso discorso vale per altre piccole realtà in Europa e in Sudamerica. Al contrario, almeno 44 marchi sono pronti per andare sul mercato nella seconda metà del 2022. Se si mette da parte la scelta conservativa dell'Europa che porta avanti il modello mRna di Pfizer Biontech con una sorta di monopolio, a far la parte del leone sono i preparati a base di proteine e di adiuvanti. Tutti cercano una catena logistica molto più semplice rispetto a quelle che oggi consentono le somministrazioni via hub. Soprattutto a temperatura ambiente.
Solo un tipo di vaccino, che punta a essere pronto fra un anno, esce dalla modalità intramuscolare o sottocutanea. Si chiama DelNs1 ed è sviluppato dall'università di Hong kong, Xiamen, e dalla Bejing Wantai Biological Pharmacy. Batte bandiera cinese, viaggia a temperatura ambiente, si inala come un semplice spray nasale e il vettore è un virus influenzale modificato. Ma soprattutto, nonostante il Paese di provenienza, la Cina, è finanziato da Cepi. Acronimo che sta per Coalition for epidemic preparedness innovations e che raggruppa una serie di fondazioni tra cui la più liquida del mondo. A investire su questo vaccino ci sono infatti Bill e Melinda Gates. Tradotto in poche parole, grazie alla semplicità nella logistica e alla spinta finanziaria su cui può contare, DelNs1 è il vaccino che si candida a finire sul podio del prossimo anno. Che ci sia il Covid 19 o il nuovo Covid 21. È probabile infatti che lo spray vada a impattare su quella parte virale che non muta, ma resta identica anche nelle diverse varianti. Molti dei vaccini 2.0, infatti, a differenza di quanto stanno facendo Pfizer, Moderna e gli altri brand protagonisti del 2021, puntano al cosiddetto «pan coronavirus» con l'obiettivo di viaggiare attraverso le mutazioni senza particolari difficoltà.
Dalla lista dei 44 vaccini qui in pagina e dagli oltre già in Fase 3 e finanziati emerge anche la distribuzione geopolitica. Come dimostrano le bandierine accanto ai nomi, non si tratta solo di aziende americane o occidentali. Nuovi Stati si affacciano al business dei vaccini e soprattutto alla protezione dei proprio cittadini. Confermando che la sicurezza nazionale passa attraverso la sovranità vaccinale. Oltre a Cina e Giappone spuntano altri vaccini russi, turchi, iraniani e di ex Paesi sovietici. Fa capolino la Francia con Valneva e Sanofi e la Corea con GeneoneLife Science. Parigi cerca di recuperare il ritardo e Seul di non essere esclusa dall'Asia dove domina in tutti i sensi l'India. New Dehli è infatti il principale produttore di vaccini al mondo e il primo alleato americano in quella parte del globo. Basti solo pensare all'appalto da un miliardo di dosi ricevuto da Johnson & Johnson. Un dettaglio che dimostra come una volta arrivati sul mercato e approvati dalle Autorità di riferimento, i vaccini dovranno superare la sfida dell'economia di scala. Chi non è in grado di portare avanti grandi produzioni verrà automaticamente scartato, a meno che non chiuda alleanze strategiche. Che tengano però conto di due elementi. La possibilità di accedere alle materie prime, i cosiddetti bulk, o la disponibilità da parte degli enti regolatori come Ema o l'americana Fda di aprire rollout di valutazione in modo trasparente e non in risposta a quelli che sono gli stimoli della politica e dei vari governi. L'Europa continua a puntare tutto sugli mRna modello Pfizer Biontech. Chissà se accetterà di buon grado l'arrivo già nel 2022 di nuovi vaccini dentro il perimetro del Vecchio Continente.
Pfizer tira dritto sulla terza dose
Ai vaccini in Fase 2 e a quelli di seconda generazione su cui si giocherà la sfida della produzione dei prossimi anni, si aggiunge un terzo gruppo da tenere monitorato con attenzione anche per capire quali saranno le strategie commerciali delle singole società. Sia Jonhson & Johnson sia Astrazeneca stanno infatti lavorando a una versione modificata dei loro vaccini per risolvere i problemi di coagulo del sangue. Astrazeneca sta anche studiando un booster (un richiamo) contro la variante Beta sudafricana. La big pharma cinese Cansino Bio sta invece studiando per il prossimo futuro un vaccino contro il Covid in versione spray nasale oltre a una dose booster universale, ovvero a una terza dose eterologa. In pista per commercializzare nel quarto trimestre del 2022 un booster universale monodose c'è anche Novavax che punta a lanciare prima anche un booster specifico contro la variante Delta. Nel frattempo, da oggi Israele, primo Paese al mondo, somministrerà la terza dose di Pfizer Biontech agli over 60 che hanno ricevuto la seconda almeno cinque mesi prima. La stessa Pfizer Biontech sta inoltre studiando una terza dose che codifica l'intera proteina S della variante Delta. Quanto a Moderna, ottenuta l'autorizzazione, si potrà già utilizzare la mezza dose monovalente dello Spikevax che nei prossimi mesi verrà rafforzata contro le varianti Beta e Gamma. Moderna sta anche preparando una dose intera multivalente disponibile entro aprile 2022. Tra l'altro, l'Ema ha approvato un aumento del processo di produzione del principio attivo presso i siti della società farmaceutica negli Usa. Gli altri due siti, già autorizzati, si trovano in Svizzera. Si stima che nel terzo trimestre 2021 la filiera Usa fornirà 40 milioni di dosi per il mercato Ue.
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Big Pharma sa perfettamente che l'obiettivo di «sconfiggere» il virus, vagheggiato dai virologi da tv, non è raggiungibile e investe miliardi per perfezionare i farmaci. Dallo spray cinese finanziato da Bill Gates fino alle pillole americane, vi raccontiamo quello che ci aspetta. Con l'Europa arroccata sulla tecnologia a mRna.Lo speciale contiene tre articoli.!function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async"); Per il prossimo anno è in arrivo un'abbuffata di oltre 40 nuovi vaccini contro il Covid. Per il 2023 e oltre si stanno già sperimentando i farmaci di terza generazione. Una ventina di aziende, in gran parte americane, ha messo sul tavolo importanti investimenti con l'obiettivo di realizzare nei prossimi due anni altrettanti prodotti da vendere sotto forma di spray nasale, gocce o semplici pastiglie. L'idea di fondo è semplice e chiara. Arrivare in farmacia e vendere a milioni di persone vaccini a tutti gli effetti anti influenzali con una catena logistica uguale a quella di una tachipirina. L'investimento si basa sul presupposto che il Covid diventi endemico e vada oltre il concetto attuale di pandemia per lasciare il posto alla convivenza. Potranno esserci le fasi stagionali (esattamente come con le varianti dell'influenza) o un rischio costante durante l'anno. Molto dipenderà dagli effetti delle attuali varianti. Ma nel complesso cambia poco. L'industria farmaceutica, puntando denaro sui vaccini di terza generazione, già sa di non dover affrontare una sorta di Mers (l'influenza mediorientale considerata l'ebola del virus respiratorio), ma piuttosto una Sars diffusa oltre i confini del Sudest asiatico. In Canada, Symvivo sta lavorando al Bac Trl Spike. Si tratta di un liquido a base di Dna in plasmide che viaggia con un vettore batterico abituato a vivere nel tratto digestivo delle persone. Una volta superata la Fase 2 verrà trasformato in una pillola. Si potrà comprare in farmacia e avrà esattamente l'aspetto degli helicobacter in tavoletta. Tetherex Pharmaceuticals è un'altra azienda americana. Sta basando il proprio farmaco sul vettore virale. Si assumeranno massimo due dosi in 5 settimane. Al momento l'aspetto è quello della fiala per iniezioni intramuscolari, ma poi prenderà la forma dello spray nasale. Usa un adenovirus con sequenze avanzate e produrrà antigeni per vettore 100 volte maggiori rispetto aivaccini tradizionali. Tetherex ha già chiuso un accordo con la Mayo Clinic per la produzione e distribuzione mondiale. Un bel colpo, visto la capacità di leva economica che offre il colosso americano. Rimanendo sempre negli Stati Uniti, la Codagenix lavora al Covi-Vac. Saranno delle semplici gocce da mettere nel naso. Potrà essere venduto in farmacia come tutte le gocce nasali e al massimo necessiterà dell'assistenza specializzata per l'assunzione. In questo caso, Il codice genetico del Sars-Cov-2 è stato riscritto in modo da eliminare tutte le caratteristiche pericolose. Le proteine esterne del virus sono presenti, quindi le gocce resisteranno bene alle diverse varianti future. Se usciamo dai confini degli Usa, spicca l'esperimento di Patria, Covivac, e Butanvac. L'università del Texas e altri istituti sparsi per il globo hanno messo sul piatto la cosa più vicina a un vaccino Open source. I Paesi interessati, oltre agli Usa, sono Messico, Vietnam, Brasile e Thailandia. Saranno fiale da iniettarsi ma staranno a temperatura ambiente. Non si sa nulla del grado di efficacia e di chi possa poi aiutare il gruppo di sviluppatori a realizzare una economia di scala adeguata. La lista della terza generazione è lunga. Per di più a differenza delle scelte cristallizzate nel Vecchio Continente, si viaggia dalle proteine al vettore virale fino ai virus sintetici deattivati. L'Ue marcia invece in un'altra direzione. Il più grande produttore europeo alleato di Pfizer, ovvero la tedesca Biontech, tira dritto con la terza dose a mRna. Ciò dimostra anche che il maxi investimento finanziato da Bruxelles andrà avanti per anni e pare ormai una scelta irreversibile, pur ammortizzando i costi in futuro. Anche noi italiani per ora abbiamo puntato sul cavallo di Pfizer Biontech le nostre fiches. Ovvero oltre 2 miliardi. Eppure, nonostante la narrazione degli ultimi mesi, alimentata anche dalle autorità Ue oltreché dalla propaganda cavalcata dalla stessa Biontech, la tecnologia a vettore virale è tutt'altro che morta. Basta vedere quanti vaccini basati su adenovirus compaiono nella tabella in pagina. Il motivo? Costa poco, dura tanto e si presta ad un'assunzione tramite mucose (gocce o spray). Vedremo quali saranno le scelte migliori, chi arriverà sul mercato e riuscirà a battere la concorrenza anche a livello di prezzi. Sperando che non spuntino fuori nuove guerre «politiche» o pasticci comunicativi come quelli che hanno visto complicare la campagna vaccinale con i limiti di età imposti ad Astrazeneca e al monodose Johnson&Johnson. Di certo, il Covid è diventato già un business. Basta guardare i risultati pubblicati dalle società farmaceutiche nel secondo trimestre 2021. La lotta alla pandemia ha portato nelle casse di Johnson&Johnson, Pfizer e Astrazeneca complessivamente oltre 8,85 miliardi di dollari. È Pfizer, che nei mesi ha rialzato più volte il prezzo, ad averci guadagnato di più. Il gigante farmaceutico americano ha archiviato il periodo aprile-giugno con vendite in aumento del 92% a 18 miliardi di dollari, di cui 7,8 miliardi direttamente dal vaccino. Astrazeneca, che vende a prezzi più o meno di costo, ne ha ricavato «solo» 894 milioni. Gli anglo-svedesi hanno chiuso il primo semestre con un aumento dei ricavi a 15,5 miliardi. Per Johnson & Johnson i ricavi sono cresciuti del 27% a 23 miliardi. Per completare il quadro bisognerà aspettare il 5 agosto quando anche Moderna licenzierà il suo bilancio e il 9 agosto è in calendario il cda di Biontech. Ma è già chiaro che gli affari di tutti, guardando al numero di vaccini di terza generazione allo studio, verranno garantiti anche per i prossimi anni. Numeri e investimenti che dicono due cose. Per molti sarebbe un peccato se il Covid dovesse finire domani. Al tempo stesso, se gli investitori scommettono così tanto significa che con questo virus dovremo conviverci. Un monito per tutti i politici chiusuristi, liristi del lockdown e delle zone gialle e per i virologi convinti che il virus vada battuto a tutti i costi. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-vaccini-del-futuro-la-prova-che-il-covid-dovremo-tenercelo-2654320470.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="oltre-40-farmaci-per-l-anno-prossimo-sul-podio-lo-spray-cinese-di-bill-gates" data-post-id="2654320470" data-published-at="1627765148" data-use-pagination="False"> Oltre 40 farmaci per l'anno prossimo. Sul podio lo spray cinese di Bill Gates Grazie al prezioso contribuito di Oitaf, Osservatorio interdisciplinare trasporto alimenti e farmaci, possiamo mettere in fila i 44 vaccini sparsi per il globo che stanno terminando la Fase 2 o sono già in piena Fase 3. Non abbiamo preso in considerazione i ritardatari ancora in Fase 1 e quei vaccini che non stanno trovando finanziamenti per proseguire la loro corsa verso la somministrazione. Un caso molto vicino a noi è quello di Reithera, ma lo stesso discorso vale per altre piccole realtà in Europa e in Sudamerica. Al contrario, almeno 44 marchi sono pronti per andare sul mercato nella seconda metà del 2022. Se si mette da parte la scelta conservativa dell'Europa che porta avanti il modello mRna di Pfizer Biontech con una sorta di monopolio, a far la parte del leone sono i preparati a base di proteine e di adiuvanti. Tutti cercano una catena logistica molto più semplice rispetto a quelle che oggi consentono le somministrazioni via hub. Soprattutto a temperatura ambiente. Solo un tipo di vaccino, che punta a essere pronto fra un anno, esce dalla modalità intramuscolare o sottocutanea. Si chiama DelNs1 ed è sviluppato dall'università di Hong kong, Xiamen, e dalla Bejing Wantai Biological Pharmacy. Batte bandiera cinese, viaggia a temperatura ambiente, si inala come un semplice spray nasale e il vettore è un virus influenzale modificato. Ma soprattutto, nonostante il Paese di provenienza, la Cina, è finanziato da Cepi. Acronimo che sta per Coalition for epidemic preparedness innovations e che raggruppa una serie di fondazioni tra cui la più liquida del mondo. A investire su questo vaccino ci sono infatti Bill e Melinda Gates. Tradotto in poche parole, grazie alla semplicità nella logistica e alla spinta finanziaria su cui può contare, DelNs1 è il vaccino che si candida a finire sul podio del prossimo anno. Che ci sia il Covid 19 o il nuovo Covid 21. È probabile infatti che lo spray vada a impattare su quella parte virale che non muta, ma resta identica anche nelle diverse varianti. Molti dei vaccini 2.0, infatti, a differenza di quanto stanno facendo Pfizer, Moderna e gli altri brand protagonisti del 2021, puntano al cosiddetto «pan coronavirus» con l'obiettivo di viaggiare attraverso le mutazioni senza particolari difficoltà. Dalla lista dei 44 vaccini qui in pagina e dagli oltre già in Fase 3 e finanziati emerge anche la distribuzione geopolitica. Come dimostrano le bandierine accanto ai nomi, non si tratta solo di aziende americane o occidentali. Nuovi Stati si affacciano al business dei vaccini e soprattutto alla protezione dei proprio cittadini. Confermando che la sicurezza nazionale passa attraverso la sovranità vaccinale. Oltre a Cina e Giappone spuntano altri vaccini russi, turchi, iraniani e di ex Paesi sovietici. Fa capolino la Francia con Valneva e Sanofi e la Corea con GeneoneLife Science. Parigi cerca di recuperare il ritardo e Seul di non essere esclusa dall'Asia dove domina in tutti i sensi l'India. New Dehli è infatti il principale produttore di vaccini al mondo e il primo alleato americano in quella parte del globo. Basti solo pensare all'appalto da un miliardo di dosi ricevuto da Johnson & Johnson. Un dettaglio che dimostra come una volta arrivati sul mercato e approvati dalle Autorità di riferimento, i vaccini dovranno superare la sfida dell'economia di scala. Chi non è in grado di portare avanti grandi produzioni verrà automaticamente scartato, a meno che non chiuda alleanze strategiche. Che tengano però conto di due elementi. La possibilità di accedere alle materie prime, i cosiddetti bulk, o la disponibilità da parte degli enti regolatori come Ema o l'americana Fda di aprire rollout di valutazione in modo trasparente e non in risposta a quelli che sono gli stimoli della politica e dei vari governi. L'Europa continua a puntare tutto sugli mRna modello Pfizer Biontech. Chissà se accetterà di buon grado l'arrivo già nel 2022 di nuovi vaccini dentro il perimetro del Vecchio Continente. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-vaccini-del-futuro-la-prova-che-il-covid-dovremo-tenercelo-2654320470.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="pfizer-tira-dritto-sulla-terza-dose" data-post-id="2654320470" data-published-at="1627765148" data-use-pagination="False"> Pfizer tira dritto sulla terza dose Ai vaccini in Fase 2 e a quelli di seconda generazione su cui si giocherà la sfida della produzione dei prossimi anni, si aggiunge un terzo gruppo da tenere monitorato con attenzione anche per capire quali saranno le strategie commerciali delle singole società. Sia Jonhson & Johnson sia Astrazeneca stanno infatti lavorando a una versione modificata dei loro vaccini per risolvere i problemi di coagulo del sangue. Astrazeneca sta anche studiando un booster (un richiamo) contro la variante Beta sudafricana. La big pharma cinese Cansino Bio sta invece studiando per il prossimo futuro un vaccino contro il Covid in versione spray nasale oltre a una dose booster universale, ovvero a una terza dose eterologa. In pista per commercializzare nel quarto trimestre del 2022 un booster universale monodose c'è anche Novavax che punta a lanciare prima anche un booster specifico contro la variante Delta. Nel frattempo, da oggi Israele, primo Paese al mondo, somministrerà la terza dose di Pfizer Biontech agli over 60 che hanno ricevuto la seconda almeno cinque mesi prima. La stessa Pfizer Biontech sta inoltre studiando una terza dose che codifica l'intera proteina S della variante Delta. Quanto a Moderna, ottenuta l'autorizzazione, si potrà già utilizzare la mezza dose monovalente dello Spikevax che nei prossimi mesi verrà rafforzata contro le varianti Beta e Gamma. Moderna sta anche preparando una dose intera multivalente disponibile entro aprile 2022. Tra l'altro, l'Ema ha approvato un aumento del processo di produzione del principio attivo presso i siti della società farmaceutica negli Usa. Gli altri due siti, già autorizzati, si trovano in Svizzera. Si stima che nel terzo trimestre 2021 la filiera Usa fornirà 40 milioni di dosi per il mercato Ue.
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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