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2021-02-28
I truffatori dei Parioli, tra circoli di tennis, yacht e ville a Capalbio
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Gianfranco Lande (Ansa)
Oltre al mondo del calcio italiano, a finire in questi anni nella rete di un broker come Massimo Bochicchio è stato soprattutto il mondo di Roma Nord, quello dei Parioli, amante dei circoli sportivi, della politica e di Cinecittà. Non è la prima volta. Perché da dieci anni le cronache capitoline raccontano di truffe ai danni di attori, vip e manager da parte di consulenti finanziari, spesso improvvisati ma di sicuro consigliati dai soliti amici degli amici. «Ancora adesso i truffati di Bochicchio, persone che lo conoscevano da una vita e che credevano in lui, continuano a sentirlo mentre se ne sta a Dubai… Sperano ancora di riavere quello che hanno perso. Peccato che rischiano di essere incriminati per riciclaggio se ricevono anche un solo euro. Deve essere una particolarità di Roma Nord quella di finire in mano a questa gente…», spiega una persona che segue da vicino il caso del broker di Capua.
Del resto dieci anni fa ci fu il caso di Gianfranco Lande, il Madoff del Parioli, finito a processo insieme ad altre 12 persone con le accuse di truffa, abusivismo finanziario e ostacolo all'attività della Consob. Anche qui a finire nella rete ci furono ex calciatori, come Ruggero Rizzitelli o Stefano Desideri, ma anche registi come i Vanzina. Lande è stato alla fine condannato per una truffa da almeno 300 milioni di euro. Cifre astronomiche, ma più basse di quelle di Bochicchio che in un'intercettazione parla di investimenti per quasi 2 miliardi di euro. D'altra parte tramite la Tiber e la Kidman il consulente finanziario metteva da parte milioni di euro promettendo a tutti investimenti sicuri, come azioni Facebook o Alibaba. Comprava case, macchine e opere d'arte. Si appoggiava a istituti di credito come Hsbc o Credit Suisse. A volte fingeva persino di usare uffici o carta intestata di queste banche.
In questi anni non c'è stato solo il caso Lande. Meno noto è quello di Giovanni Paganini Marana, altro broker capace di truffare sempre nelle stesse zone della Capitale più di centinaia di persone per centinaia di milioni di euro. Il copione è lo stesso di Lande e Bochicchio. Si raccolgono i soldi, si promettono rendite altissime su investimenti sicuri, ma poi qualcosa inizia a non funzionare. Le telefonate sono sempre di meno. Poi il broker scompare. Peccato che Paganini Marana abbia deciso di suicidarsi nel 2012, proprio dopo un'accesa discussone con uno dei suoi clienti che chiedeva indietro 2 milioni e mezzo di euro: si era chiuso in bagno e si era gettato dalla finestra. Nelle carte del decreto di sequestro preventivo della procura di Milano, dove i magistrati chiedono alla finanza di bloccare a Bochicchio beni per quasi 11 milioni di euro, c'è uno spaccato di questa Roma divisa tra i campi da tennis, le partite di calcio all'Olimpico di Lazio e Roma, le ville a Porto Ercole, Sabaudia e Capalbio. Sono i circoli come l'Aniene di Giovanni Malagò, ma soprattutto quello dei Parioli, dove Bochicchio raccoglieva la maggior parte dei suoi clienti.
E in questi ambienti si può incrociare di tutto. Non a caso nelle carte, oltre al mister truffato dell'Inter Antonio Conte, a Davide Lippi (figlio di Marcello) a giocatori della Roma come Stephan El Sharaawy, compare anche Augusto Santacatterina, nipote dell'ex presidente Giuseppe Saragat (sul sito del Quirinale ci sono sue foto da piccolo), ora alto funzionario del Quirinale, definito nelle carte della procura milanese come «Capo servizio dell'ufficio servizio patrimonio della segreteria della presidenza della Repubblica». Un incarico capace di mettere in imbarazzo il Marchese Conte Piermatteo Barambani di Fantozzi. Alla fine di agosto dello scorso anno, dopo l'uscita della notizia su Bochicchio, tutto questo universo mondano inizia a muoversi, a preoccuparsi e a telefonare a chiunque per sapere chi è stato truffato e come. La guardia di finanza che sta investigando sul caso dei diritti televisivi ascolta tutto. Certo, c'è chi vuole rivedere i suoi soldi ed è preoccupato.
Ma c'è anche chi lo fa forse per semplice pettegolezzo. Per esempio Santacatterina - una lunga carriera al Colle sia con Giorgio Napolitano e ora con Sergio Mattarella - si domanda se siano finiti nella rete di Bochicchio anche i fratelli Filosa, petrolieri romani con residenza a Montecarlo. «Dato i soldi a Bochicchio? Ma che so scemi?». Santacatterina è iscritto all'Aniene, come iscritto all'Aniene da socio onorario era anche Antonio Catricalà, da poco scomparso, storico civil servant dello Stato italiano. Ma perché interessarsi del Filosa? Perché anche loro come tutti gli altri sono molto conosciuti nella Roma che conta. Massimo Filosa ha la villa più bella di Porto Ercole, in collina, con piscina a sfioro e cespugli di rosmarino. E' mentore del figlio di Franco Chimenti, presidente Federgolf, Ugo Chimenti. Non solo. Nel giro degli amici ci sarebbe anche l'avvocato Riccardo Pieroni ex presidente della Magiste di Stefano Ricucci, che salì agli onori delle cronache negli anni d'oro dei furbetti del quartierino. E poi ci sono le barche e gli yacht. Quello di Bochicchio purtroppo è andato a fuoco qualche anno fa, di fronte all'Argentario.
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Il broker che avrebbe aggirato l'allenatore dell'Inter Antonio Conte è solo uno degli ultimi ad aver segnato le cronache di Roma. Prima di lui ci sono stati Gianfranco Lande e Giovanni Paganini Marana: quest'ultimo si è suicidato dopo aver fatto sparire più di 100 milioni di euro.Oltre al mondo del calcio italiano, a finire in questi anni nella rete di un broker come Massimo Bochicchio è stato soprattutto il mondo di Roma Nord, quello dei Parioli, amante dei circoli sportivi, della politica e di Cinecittà. Non è la prima volta. Perché da dieci anni le cronache capitoline raccontano di truffe ai danni di attori, vip e manager da parte di consulenti finanziari, spesso improvvisati ma di sicuro consigliati dai soliti amici degli amici. «Ancora adesso i truffati di Bochicchio, persone che lo conoscevano da una vita e che credevano in lui, continuano a sentirlo mentre se ne sta a Dubai… Sperano ancora di riavere quello che hanno perso. Peccato che rischiano di essere incriminati per riciclaggio se ricevono anche un solo euro. Deve essere una particolarità di Roma Nord quella di finire in mano a questa gente…», spiega una persona che segue da vicino il caso del broker di Capua.Del resto dieci anni fa ci fu il caso di Gianfranco Lande, il Madoff del Parioli, finito a processo insieme ad altre 12 persone con le accuse di truffa, abusivismo finanziario e ostacolo all'attività della Consob. Anche qui a finire nella rete ci furono ex calciatori, come Ruggero Rizzitelli o Stefano Desideri, ma anche registi come i Vanzina. Lande è stato alla fine condannato per una truffa da almeno 300 milioni di euro. Cifre astronomiche, ma più basse di quelle di Bochicchio che in un'intercettazione parla di investimenti per quasi 2 miliardi di euro. D'altra parte tramite la Tiber e la Kidman il consulente finanziario metteva da parte milioni di euro promettendo a tutti investimenti sicuri, come azioni Facebook o Alibaba. Comprava case, macchine e opere d'arte. Si appoggiava a istituti di credito come Hsbc o Credit Suisse. A volte fingeva persino di usare uffici o carta intestata di queste banche. In questi anni non c'è stato solo il caso Lande. Meno noto è quello di Giovanni Paganini Marana, altro broker capace di truffare sempre nelle stesse zone della Capitale più di centinaia di persone per centinaia di milioni di euro. Il copione è lo stesso di Lande e Bochicchio. Si raccolgono i soldi, si promettono rendite altissime su investimenti sicuri, ma poi qualcosa inizia a non funzionare. Le telefonate sono sempre di meno. Poi il broker scompare. Peccato che Paganini Marana abbia deciso di suicidarsi nel 2012, proprio dopo un'accesa discussone con uno dei suoi clienti che chiedeva indietro 2 milioni e mezzo di euro: si era chiuso in bagno e si era gettato dalla finestra. Nelle carte del decreto di sequestro preventivo della procura di Milano, dove i magistrati chiedono alla finanza di bloccare a Bochicchio beni per quasi 11 milioni di euro, c'è uno spaccato di questa Roma divisa tra i campi da tennis, le partite di calcio all'Olimpico di Lazio e Roma, le ville a Porto Ercole, Sabaudia e Capalbio. Sono i circoli come l'Aniene di Giovanni Malagò, ma soprattutto quello dei Parioli, dove Bochicchio raccoglieva la maggior parte dei suoi clienti.E in questi ambienti si può incrociare di tutto. Non a caso nelle carte, oltre al mister truffato dell'Inter Antonio Conte, a Davide Lippi (figlio di Marcello) a giocatori della Roma come Stephan El Sharaawy, compare anche Augusto Santacatterina, nipote dell'ex presidente Giuseppe Saragat (sul sito del Quirinale ci sono sue foto da piccolo), ora alto funzionario del Quirinale, definito nelle carte della procura milanese come «Capo servizio dell'ufficio servizio patrimonio della segreteria della presidenza della Repubblica». Un incarico capace di mettere in imbarazzo il Marchese Conte Piermatteo Barambani di Fantozzi. Alla fine di agosto dello scorso anno, dopo l'uscita della notizia su Bochicchio, tutto questo universo mondano inizia a muoversi, a preoccuparsi e a telefonare a chiunque per sapere chi è stato truffato e come. La guardia di finanza che sta investigando sul caso dei diritti televisivi ascolta tutto. Certo, c'è chi vuole rivedere i suoi soldi ed è preoccupato.Ma c'è anche chi lo fa forse per semplice pettegolezzo. Per esempio Santacatterina - una lunga carriera al Colle sia con Giorgio Napolitano e ora con Sergio Mattarella - si domanda se siano finiti nella rete di Bochicchio anche i fratelli Filosa, petrolieri romani con residenza a Montecarlo. «Dato i soldi a Bochicchio? Ma che so scemi?». Santacatterina è iscritto all'Aniene, come iscritto all'Aniene da socio onorario era anche Antonio Catricalà, da poco scomparso, storico civil servant dello Stato italiano. Ma perché interessarsi del Filosa? Perché anche loro come tutti gli altri sono molto conosciuti nella Roma che conta. Massimo Filosa ha la villa più bella di Porto Ercole, in collina, con piscina a sfioro e cespugli di rosmarino. E' mentore del figlio di Franco Chimenti, presidente Federgolf, Ugo Chimenti. Non solo. Nel giro degli amici ci sarebbe anche l'avvocato Riccardo Pieroni ex presidente della Magiste di Stefano Ricucci, che salì agli onori delle cronache negli anni d'oro dei furbetti del quartierino. E poi ci sono le barche e gli yacht. Quello di Bochicchio purtroppo è andato a fuoco qualche anno fa, di fronte all'Argentario.
Giorgio Locatelli, Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri al photocall di MasterChef (Ansa)
Sono i fornelli sempre accesi, le prove sempre uguali, è l'alternarsi di casi umani e talenti ai Casting, l'ansia palpabile di chi, davanti alla triade stellata, non riesce più a proferire parola.
Sono le Mistery Box, i Pressure Test, la Caporetto di Iginio Massari, con i suoi tecnicismi di pasticceria. Sono, ancora, i grembiuli sporchi, le urla, le esterne e i livori fra brigate, la prosopopea di chi crede di meritare la vittoria a rendere MasterChef un appuntamento imperdibile. Tradizionale, per il modo silenzioso che ha di insinuarsi tra l'Immacolata e il Natale, addobbando i salotti come dovrebbe fare l'albero.
MasterChef è fra i pochissimi programmi televisivi cui il tempo non ha tolto, ma dato forza. E il merito, più che dei giudici, bravissimi - loro pure - a rendere vivo lo spettacolo, è della compagine autoriale. Gli autori sono il vanto dello show, perfetti nel bilanciare fra loro gli elementi della narrazione televisiva, come comanderebbe l'algoritmo di Boris. La retorica, che pur c'è, con l'attenzione alla sostenibilità e alla rappresentazione di tutte le minoranze, non ha fagocitato l'impianto scenico. L'imperativo di portare a casa la doggy bag sfuma, perché a prevalere è l'esito delle prove. Il battagliarsi di concorrenti scelti con precisione magistrale e perfetto cerchiobottismo. Ci sono, gli antipatici, quelli messi lì perché devono, perché il politicamente corretto lo impone. Ma, tutto sommato, si perdono, perché accanto hanno chi merita e chi, invece, riesce con la propria goffaggine a strappare una risata sincera. E, intanto, le puntate vanno, queste chiedendo più attenzione alla tradizione, indispensabile per una solida innovazione. Vanno, e poco importa somiglino alle passate. Sono nuovi i concorrenti, nuove le loro alleanze. Pare sempre sincero il divertimento di chi è chiamato a giudicarle, come sincero è il piacere di vedere altri affannarsi in un gesto che, per ciascuno di noi, è vitale e quotidiano, quello del cucinare.
Bene, male, pazienza. L'importante, come ci ha insegnato MasterChef, è farlo con amore e rispetto. E, pure, con un pizzico di arroganza in più, quella dovuta al fatto che la consuetudine televisiva ci abbia reso più istruiti, più pronti, più giudici anche noi del piatto altrui.
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Ecco #DimmiLaVerità del 12 dicembre 2025. Il nostro Alessandro Da Rold ci rivela gli ultimi sviluppi dell'inchiesta sull'urbanistica di Milano e i papabili per il dopo Sala.