2019-12-03
Alba Parietti: «Rimpiango ancora quando dissi no a Berlusconi e a 9 miliardi»
«Sono figlia di un partigiano e non ho mai nascosto le mie idee, ma oggi siamo visti come un'élite che conduce una vita comoda. Quando eravamo all'asilo, Marco Travaglio mi prendeva a pallonate: ora sostiene perché mi vedeva bellissima e inavvicinabile».Quando mi è stato segnalata la pubblicazione di un volume di Alba Parietti, Da qui non se ne va nessuno, la mia prima reazione è stata quella di evocare il gran capo indiano della tribù degli Estiqaatsi.Mi son detto: «Ecco l'ennesimo manufatto di cui non si sentiva la necessità. Che c'avrà di nuovo da dire la Parietti, la brontosaura di tremila trasmissioni tv (copyright di Guillermo Mariotto)?».Poi, sfogliatolo distrattamente in libreria, sono inciampato nell'ampia (e non banale) parte in cui parla delle malattie che hanno colpito i suoi parenti. E mi sono detto che approfondire il tema forse non sarebbe stato tempo del tutto perso. Parietti, ignoravo l'esistenza del suo libro. Ignoravo fosse una riedizione. Ma per essere sincero: ho ignorato anche la prima edizione. «Crassamente ignorante, dunque. Vabbè, la perdono. Sì, è una riedizione di un libro del 2012, che non fu promosso benissimo. Perfino la copertina non era granché invitante. Il risultato fu una quasi totale invisibilità».Perché riproporlo oggi?«Non è stata una mia idea. Mi sono portata dietro una copia da regalare ad Angelo Guglielmi in occasione dei suoi 90 anni, lo scorso 2 aprile. Ogni 10 anni Guglielmi festeggia con quelli che sono stati alcuni volti della “sua" Raitre. Per dire: c'erano Piero Chiambretti, Gad Lerner, Antonio Albanese. E Elisabetta Sgarbi, che con la sua casa editrice La nave di Teseo, aveva appena pubblicato l'ultimo libro di Guglielmi, Sfido a riconoscermi». Capisco: sapendo di poter incontrare la Sgarbi, era arrivata all'appuntamento preparata.«Lei mi fa più calcolatrice e meschina di quanto io sia. Che Elisabetta sarebbe stata presente l'ho scoperto lì, e di certo non gliel'ho messo in mano io il mio libro. Ma lei l'ha compulsato rapidamente, e mi ha sorpreso: “Lo sai che è proprio bello?"».Così d'emblée, su due piedi?«Elisabetta è come suo fratello Vittorio: hanno la capacità di cogliere subito il punto. Così, rientrata in possesso della titolarità dei diritti, ho fatto un paio di aggiunte alla versione originale, e ho chiesto a Lerner la prefazione».Contenta lei. Il libro sta godendo di quella pubblicità mancata nel 2012. Non sarà che, paraculescamente (mi si passi il termine), avete deciso di cavalcare le polemiche d'attualità?«Adesso tocca a me farle una domanda: in che senso?».Be', il suo è un libro di memorie, scritto allo scadere dei suoi 50 anni. Della storia dei suoi familiari sottolinea il sentimento antifascista e l'impegno nella guerra di Liberazione. Quindi, perché non sfruttare il clima di accesa polemica sul possibile, ventilato, presunto ritorno dell'Uomo Nero?«Anche qui: lei attribuisce a Elisabetta Sgarbi e alla sottoscritta un machiavellismo che non ci appartiene. Le dirò di più: l'interesse credo invece riguardi la parte che ha colpito anche lei».La malattia di suo zio, e la personalità diciamo bipolare di sua madre?«Esattamente. Mio zio fu internato in manicomio e si ridusse a una larva. Non era più una persona, un essere umano, versava in uno stato indescrivibile. Quanto a mia madre, per via della sua schizofrenia poteva essere un mostro maligno o una fata meravigliosa. Mio padre, la vera colonna portante della famiglia, si è sacrificato nel contenere nelle mura domestiche la sua follia, consentendole di condurre una vita normale e dignitosa. In fondo, questo libro è merito suo, di mia madre, che poteva essere un mostro o una fata. Quando è morta, nel 2010, ho trovato una cassettiera con decine e decine di quaderni, i suoi diari, dove è come se mi raccontasse tutto di sé senza peraltro nominarmi mai. E dire che io non l'avevo mai, e dico mai, vista scrivere».In questa lunga seduta di autoanalisi, c'è spazio per gli uomini della sua vita come Franco Oppini, Stefano Bonaga, Christopher Lambert, ma a me ne interessano altri due. Suo padre e suo figlio.«Con mio padre avevo un rapporto intenso, oserei dire morbosamente edipico. Fu un partigiano, combatté con Beppe Fenoglio, ma ancora prima della guerra rifiutò di indossare la divisa da balilla. Del resto quando una volta si permise di dire che era un figlio della Lupa, rimediò uno scappellotto: “Tu sei figlio di tuo padre e tua madre". Quanto a Francesco, posso solo dire che ho il rimorso di essermi persa i suoi primi anni, risucchiata com'ero da una vita in copertina e dal vortice del lavoro, tra programmi e serate».Nel libro racconta anche del grave lutto patito da suo figlio: la morte in un incidente stradale della sua ragazza, Luana.«Era l'ottobre del 2006. Luana perse la vita nel giorno del suo 25esimo compleanno. Si schiantò per non investire un uomo in bicicletta. La sua memoria è presente nella nostra famiglia, il dolore ancora vivo. L'ho voluta ricordare un mese fa quando è venuta a mancare sua madre Franca, che ha vissuto questi anni interrogandosi, lei come noi, sul senso di questa irrimediabile ingiustizia».Lei avrà anche condotto un'esistenza frenetica. E se è vero che i soldi non danno la felicità, lei comunque di certo non si può lamentare. Mi è rimasta la curiosità di capire chi fosse il signore che, volendola alla sua tavola alla cena di Capodanno, arrivò a offrirle prima il doppio, 120 milioni di lire, della cifra che lei avrebbe preso animando tre serate in giro per locali (60), arrivando poi a raddoppiarla ulteriormente, fino a 240. Che lei rifiutò.«Avevo preso un impegno e io alla mia parola ci ho sempre tenuto. A Cortina comunque la storia la conoscevano in molti».Oltre al rimpianto di aver vissuto poco e male l'infanzia di suo figlio, so che si è pentita di non aver accettato i nove miliardi di lire che le offriva, ai bei tempi, Silvio Berlusconi.«Con il senno di poi, ho fatto una bella caz...ta. Con una battuta posso aggiungere che l'unica persona più dispiaciuta di me fu il mio agente dell'epoca, Beppe Caschetto».Si sarà consolato con la provvigione sul megacontratto di Fabio Fazio. Mi ha fatto molto ridere il racconto della cena a tre ad Arcore: lei, Bonaga e il Cavaliere.«Stefano mi aveva caricato a molla per spingermi a rifiutare, per non tradire il mio essere dura e pura di sinistra, così io fui educatamente scorbutica tutta la sera, mentre lui faceva il brillante con Berlusconi. Lo possino...».Altri a sinistra si sono fatti meno scrupoli a siglare un contratto con Mediaset. Penso per esempio a Michele Santoro e a Serena Dandini. «Guardi, io Berlusconi l'ho sempre rispettato. Penso tuttora sia molto più simpatico di tanti tromboni della sinistra che incontrandomi hanno sempre fatto finta di non conoscermi. Quando Berlusconi mi chiamò stava fondando Forza Italia e io non volevo che qualcuno potesse cercare di impormi di cambiare le mie idee. Il bello è che Berlusconi, nonostante il mio rifiuto, è sempre stato gentile e cortese nei miei riguardi, mentre la sinistra non mi ha mai riconosciuto nulla, nemmeno la coerenza».Davvero Marco Travaglio le tirava le pallonate quando la vedeva all'asilo?«Abbiamo frequentato non solo l'asilo, ma anche la stessa scuola e lo stesso oratorio. Di recente ha detto che mi bersagliava perché, bontà sua, mi vedeva bellissima ma inavvicinabile, e me la tiravo. Ma forse era solo che a lui mancava il coraggio. Fin da piccole le donne imparano che gli uomini, se ti ritengono irraggiungibile, ti fanno i dispetti (ride, ndr)».Di Travaglio ho sempre pensato quel che Umberto Bossi diceva di Pier Ferdinando Casini: «Un carugnet de sacrestia». Travaglio ha subito il fascino di Beppe Grillo e dei Cinquestelle, lei mai?«No. Alla nascita di questo governo, ho pensato che il connubio Pd-M5s fosse il male minore. Peccato che i cinquestelle abbiano buoni propositi, ma non risultino attrezzati per realizzarli». Non le chiedo di Matteo Salvini perché conosco già la risposta...«Salvini ha sdoganato la belva che è in noi, le ha dato visibilità e dignità».Non è che a sinistra siano tutte educande e mammolette.«No, però quando vedo che Casapound e Forza Nuova dichiarano di appoggiarlo, da figlia e nipote di antifascisti non posso che esprimere, come vogliamo definirlo?, il mio rigetto, ecco».Non tutti gli elettori leghisti sono fascisti o nostalgici.«Sono d'accordo, e le dirò di più: credo che ci siano stati anche fascisti in buona fede. Ma questo non può farci dimenticare che c'era una parte giusta e una parte sbagliata: sembra quasi che a instaurare la dittatura e a portarci in guerra siano stati i partigiani, e a liberarci le camicie nere. Ora, va bene tutto, però così mi pare un po' troppo».Le viene mai il dubbio che se sono arrivati «questi qua» è perché prima c'erano «quelli là», anche della sua parte politica, che evidentemente non devono aver fatto un ottimo lavoro se alla fine gli elettori li hanno «rimbalzati»?«Non ho difficoltà ad ammettere che la rivoluzione, paradossalmente, sembra l'abbia fatta Salvini. Agli occhi delle classi sociali più deboli, e del sottoproletariato di pasoliniana memoria, appare una specie di vendicatore dei torti. Questa riflessione noi privilegiati non lo facciamo mai. È difficile essere di sinistra - per come la sinistra è percepita oggi, cioè élite - se non vivi abbastanza comodo».Secondo una rilevazione Giorgia Meloni ha superato Salvini nella classifica dei politici più graditi, seconda solo a Giuseppe Conte. Nello stucchevole gioco della torre, e al netto della sua acclarata pregiudiziale ideologica, tra i due chi butterebbe (vietato rispondere: mi butto io)?«Mi tengo la Meloni».Perché è una donna? Perché è una madre? Perché è cristiana?«Perché è una donna».
Questa puntata di KISS è dedicata agli errori di progettazione, quelli che accadono quando gli ingegneri si dimenticano di pensare a chi dovrà usare le loro invenzioni.