2025-09-02
La mail per cedere 100 opere italiane. Gli sloveni: «Riporteremo qui tutto»
Il ministero degli Esteri vuole riaprire il tavolo tra nazioni con l’obiettivo di restituire i nostri capolavori. Giuli ai suoi: non si tocca nessun bene nazionale. E si trova così l’escamotage dei francescani di Padova.Il Giorno del Ricordo è passato solamente da due settimane quando, il 24 febbraio scorso, il Comune di Trieste riceve una mail dal ministero della Cultura. In essa si fa riferimento a una riunione tenutasi presso il ministero degli Esteri finalizzata a riattivare il Gruppo di lavoro italo-sloveno «sulla eventuale restituzione di opere d’arte» provenienti dall’Istria e si chiede un approfondimento sui 21 capolavori portati in Italia nel 1940 e, dal 2010, conservati presso il civico museo Sartorio.La questione è urgente, tanto che già il giorno seguente, il ministero sollecita una risposta. Ma a Trieste si muovono con prudenza. «Questo è un possibile casino», scrivono. Perché la questione è molto sentita dagli esuli in particolare e dai triestini in generale e, soprattutto, perché ha implicazioni culturali, diplomatiche e politiche. Alla fine la risposta arriva il 20 marzo, firmata direttamente dal sindaco, Roberto Dipiazza, e dall’assessore alla Cultura, Giorgio Rossi: le opere si trovano ancora al Sartorio, sono di proprietà dello Stato e «si dichiara l’impossibilità da parte di questa Amministrazione di effettuare la ricognizione richiesta in quanto solo depositaria delle opere, invitando codesto Spettabile Dipartimento per l’Amministrazione Generale a rivolgersi direttamente ai proprietari». Una posizione chiara, per impedire che i capolavori vengano ceduti alla Slovenia.Dal ministero degli Esteri, sollecitando quello della Cultura, si fanno richieste anche per le 61 opere appartenenti all’Ordine francescano, tra cui la Pala di Vittore Carpaccio che il 10 settembre arriverà a Capodistria in occasione della visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e 57 casse conservate presso la Biblioteca Marciana di Venezia. La questione - si legge nella mail del ministero della Cultura - è di «massima urgenza». Le richieste slovene sono infatti pressanti. Come la Verità è in grado di ricostruire, oltre a questi oggetti, Lubiana chiede anche l’originale dello Statuto di Capodistria, che attualmente possiede solo in digitale. Lo rivendica come segno di amicizia, ma il ministero della Cultura dice no. Alessandro Giuli esprime più volte la propria contrarietà, sottolineando come, durante il suo mandato, non verrà ceduto alcun bene di proprietà dello Stato italiano. Anche perché, spiega più volte il ministro durante le riunioni, c’è certamente la necessità di guardare avanti, ma pure di scrivere una storia vera, coerente con il dramma dell’esodo e delle foibe, anche in Slovenia e Croazia, e soprattutto ci sono ancora cicatrici che si devono cauterizzare. Un modo potrebbe essere, come si è detto in questi giorni, quello di creare un museo dell’esodo e delle foibe in Slovenia. Ma anche in questo caso il ministero della Cultura mette dei paletti chiari: deve raccontare la verità, senza cedere al revisionismo titino, che ridurrebbe tutto a una rappresaglia contro gli italiani fascisti, o al negazionismo. Insomma, se le cose devono essere fatte - e il ministero è disposto anche a non farle - devono essere fatte bene. Perché è giusto dare, è giusto il dialogo tra nazioni, ma deve essere fatto su basi paritarie e rispetto reciproco.È a questo punto che, a livello diplomatico, si pensa ad un escamotage: cedere le opere che hanno in custodia i francescani e, in questo modo, soddisfare le richieste di Lubiana. Del resto, quei capolavori fanno capo alla Chiesa, anche se l’Italia può porre un veto. Il problema è che, spiegano fonti di alto livello alla Verità, le trattative vengono svolte altrove. L’asse è tra Quirinale e Vaticano, utilizzando i propri canali diplomatici, e la politica può fare ben poco. La decisione è ormai stata presa. Resta solo da vedere cosa cedere e, soprattutto, cercare di salvare il salvabile. Perché il Gruppo di lavoro italo-sloveno «sulla eventuale restituzione di opere d’arte» deve essere avviato. E così vengono attivati, tramite Vaticano, i francescani di Padova, che organizzano l’addio alla pala di Vittore Carpaccio Madonna col bambino, i santi Ambrogio, Pietro, Francesco, Antonio, Chiara, Giorgio e due angeli musicanti. Proprio in occasione del ritorno dell’opera a Pirano, l’ex ambasciatore sloveno in Italia, Tomaz Kunstelj, intervistato da tv Capodistria, ha dichiarato di impegnarsi a riportare a Lubiana tutte le opere attualmente conservate in Italia e che questo «è soltanto il primo passo verso la restituzione di quello che appartiene alla Slovenia, compresi gli archivi storici di Capodistria, che sono conservati a Venezia». L’obiettivo di Lubiana è chiaro ed è stato esplicitato: far tornare tutto ciò che, dal loro punto di vista, gli è stato strappato. Senza però, a oggi, dare in cambio nulla. Nemmeno un mattone agli esuli o ai loro eredi.