2022-05-27
I sindacati divisi si scordano il nodo salari
Maurizio Landini (Imagoeconomica)
Cgil e Uil ieri hanno disertato il congresso della Cisl. Sbarra tenta di buttare acqua sul fuoco, ma la tensione è iniziata con la rottura sullo sciopero generale di dicembre. Lavoratori abbandonati: nessuna proposta per proteggere gli stipendi dall’inflazione.Aria di crisi tra le tre principali sigle sindacali. I segretari generali di Cgil e Uil, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri, non hanno partecipato alla seconda giornata del congresso della Cisl. «Ieri (l’altro ieri, ndr) abbiamo apprezzato la presenza al congresso di Landini, di Bombardieri, delle altre sigle sindacali. L’assenza di oggi (ieri, ndr), da ciò che mi è stato comunicato personalmente, è legata a inaspettati impegni di natura familiare e personale». Cerca di gettare acqua sul fuoco così il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. Però le voci che arrivano da Riccione riferiscono di un certo malumore di Landini e Bombardieri nei confronti del segretario della Cisl. Il motivo risiederebbe nel fatto che non sono stati invitati a fare un saluto sul palco. Ma questo non sarebbe che un pretesto. Sono mesi che corre una seria spaccatura tra i principali sindacati che non riescono in nessun modo a incanalare e a rappresentare i bisogni dei lavoratori. Lo strappo era iniziato con lo sciopero generale del 16 dicembre scorso al quale la Cisl non aveva aderito. L’invito declinato ieri consisteva nella partecipazione a una tavola rotonda per parlare di Unione europea con il segretario della Ces Luca Visentini, il vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Amendola. Alla tavola alla fine hanno partecipato due semplici responsabili di dipartimento, che di regola non rappresentano il sindacato in pubblico.La verità è che c’era grande imbarazzo in sala e lo stesso Mario Draghi, ospite d’onore, si è trovato in difficoltà. Il premier ha cercato di mettere una toppa ringraziando anche le altre due sigle per lo spirito di «leale e franca collaborazione con l’auspicio che possa rafforzarsi ulteriormente». Il presidente del Consiglio nel suo discorso ha detto che «il governo si è mosso con rapidità per tutelare i lavoratori di fronte alle molte crisi di questi anni. Abbiamo introdotto l’assegno unico per i figli», «con la riforma dell’Irpef abbiamo sostenuto i redditi delle famiglie, soprattutto le più deboli. Questi maggiori trasferimenti valgono a regime quasi 14 miliardi di euro e rendono il nostro sistema fiscale più razionale e progressivo. Prevediamo che la pressione fiscale quest’anno cali di 0,4 punti percentuali rispetto all’anno scorso - la riduzione più consistente degli ultimi sei anni». Peccato che Draghi non abbia citato il reddito di cittadinanza, misura che il suo governo non è riuscito ad abolire e che nei primi tre anni ha drenato dalle casse dello Stato quasi 20 miliardi di euro (per l’esattezza 19,83 miliardi) erogati a 2 milioni di nuclei familiari, per un totale di 4,65 milioni di persone. I dati si riferiscono a un periodo che va da aprile 2019 a dicembre 2021. Una misura puramente assistenzialista che non ha prodotto nuovi posti di lavoro e che anzi ha innescato il fenomeno inverso: alcuni settori oggi, infatti, non riescono a trovare occupati. Su questo i sindacati non hanno saputo produrre una linea. Il tema più importante che non si vuole affrontare, però, resta quello dei salari, incompatibili con il costo della vita, soprattutto a fronte di un’inflazione che corre sempre di più. La Cisl nello specifico, non si è occupata di produrre una proposta, ma il suo segretario Luigi Sbarra ha ritenuto di concentrarsi sulle quote rosa. La Cisl propone di aumentarle ulteriormente perché la percentuale indistinta del 30% per i contratti di giovani e donne penalizzerebbe l’inclusione delle lavoratrici. L’altro tema affrontato da Sbarra sono le pensioni: il sindacato propone di rilanciare la flessibilità in uscita per consentire a ogni persona di lasciare il lavoro dopo 41 anni di contributi e raggiunti i 62 anni di età. Il tema è che poi non esistono politiche serie in entrata. Il decreto Dignità, che doveva servire per consentire l’assunzione a tempo indeterminato dei precari ha, in alcuni casi ha creato un cortocircuito contrario. Molti lavoratori, neanche più tanto giovani, si vedono costretti a casa perché hanno raggiunto i 12 mesi di contratto a tempo determinato senza causale. Così invece di lavorare, anche se come precari, si trovano di nuovo ai margini, obbligati a un tour di nuove posizioni che ogni volta li costringe a una gavetta senza una seria possibilità di crescita. Questi problemi i sindacati non solo non li rappresentano, ma neanche li comprendono, isolati in una dimensione completamente distaccata dai problemi reali del lavoro di oggi. Le loro dinamiche assomigliano a quelle della maggioranza di governo, divisa su tutto per un guadagno meramente politico. L’Europa intende risolvere la crisi del lavoro con la manodopera dei profughi, disposti a lavorare con paghe misere. I diritti dei lavoratori, invece, oggi non li difende più nessuno. E se non si interviene subito, tornare indietro sarà sempre più difficile e il reddito di cittadinanza non basterà più.
Era il più veloce di tutti gli altri aeroplani ma anche il più brutto. Il suo segreto? Che era esso stesso un segreto. E lo rimase fino agli anni Settanta