2019-07-29
I principi perdenti Disney specchio di una cultura che disprezza la maschilità
Fragili, distruttivi, sottomessi all'eroina di turno. Così i cartoon più famosi del mondo ora portano nelle case l'immagine «tossica» degli uomini imposta dal pensiero unico.Se si vogliono comprendere i cambiamenti della cultura occidentale, non c'è migliore spia dell'intrattenimento di massa. Dunque, per capire come sia cambiata l'immagine del maschio europeo e americano basta dare un'occhiata ai film d'animazione della Disney e alle discussioni che li riguardano. Nel 2016 il Washington Post fece molta pubblicità all'articolo di Carmen Fought, studiosa del Pitzer College, e Karen Eisenhauer, dottoranda dell'università del North Carolina. Le due signore si dedicarono ad analizzare la proporzione dei dialoghi maschili e femminili nelle pellicole disneyane. Il loro scopo era mostrare quanto i cartoon, almeno nei primi anni di attività della casa produttrice americana, fossero profondamente maschilisti. Tuttavia, come ha ben riassunto un articolo di Rivista Studio, nei classici Disney non c'è sproporzione fra dialoghi maschili e femminili. Il rapporto, in Biancaneve, è 50-50, mentre «in Cenerentola e La bella addormentata i personaggi femminili parlano di più (il 60 e il 71% del tempo, rispettivamente)». Al contrario, «in tutti i film dei periodo “Disney's renaissance" (cioè gli anni 1989-1999, considerati una specie di seconda età dell'oro delle creazioni Disney) è netta la prevalenza delle voci maschili: i personaggi maschili pronunciano il 90% dei dialoghi di Aladdin, il 77% dei dialoghi di Mulan, il 76% di quelli di Pocahontas e il 71% di quelli della Bella e la bestia». Dunque le donne sono più discriminate oggi che in passato? Non proprio: le due studiose americane uscirono dall'impiccio spiegando che nei vecchi film le donne parlano tanto, ma hanno ruoli passivi.Biancaneve, Cenerentola e la Bella addormentata, infatti, non farebbero altro che attendere l'arrivo del principe azzurro pronto a salvarle. Sono in tante, specie sul fronte neo o post femminista, a pensarla esattamente così. Keira Knightley, ad esempio, nel 2018 raccontò che proibiva alla figlia di guardare Cenerentola: «Perché, sai, sta lì ad aspettare che quest'uomo ricco che la salvi. Non farlo! Salvati da sola, ovviamente», disse l'attrice. Keira ne aveva anche per La sirenetta: «Insomma, le canzoni sono fantastiche, ma non rinunciare alla tua voce per un uomo!», sbottò.Alcune pellicole, però, a casa Knightley erano permesse, in particolare Frozen e Oceania. Il motivo? Semplice, in questi film le ragazze sono le protagoniste assolute. E i maschi? Beh, come siano rappresentati lo spiega bene un libro appena pubblicato dall'editrice Ultra e firmato da Valeria Arnaldi: L'uomo secondo Disney. Il sottotitolo dice già tutto: Da principi azzurri a single nullafacenti, l'involuzione del maschio in 80 anni di animazione. «Girl power: è stata questa la filosofia che, negli ultimi anni, ha visto la Disney, nei propri film animati e non solo, far primeggiare le donne, non più soltanto bellezze da salvare appunto, ma eroine indipendenti dall'uomo e spesso quasi “contro" l'uomo», scrive l'autrice. «Una scelta figlia del mercato che chiede, e di fatto impone, un differente ruolo per le donne e storie all'insegna di un potere “in rosa" quasi a saldare il conto di secoli di discriminazione di genere e di imposizione di un sistema valoriale maschile».Secondo la Arnaldi, «quando Elsa in Frozen comprende il pericolo in cui si trova la sorella Anna che ha incontrato il principe azzurro, a suo modo vendica l'ingenuità di Biancaneve che, portata al castello dal principe, ha finito solo per cambiare sfondo al suo ruolo di sottoposta. Se in Oceania Vaiana riesce a portare a termine la sua missione - e a realizzare la sua vocazione - nonostante i problemi creati da Maui, è per dire basta al “modello" di Aurora che, ne La bella addormentata nel bosco, si è limitata ad aspettare dormendo l'arrivo del salvatore per poter tornare a vivere».Negli ultimi film compaiono donne forti, che bastano a sé stesse. Del resto questa è la moda. Quanto agli uomini, beh, i principi delle pellicole classiche sono stati sostituiti da personaggi piuttosto tristi e sempre problematici. Ad esempio Ralph di Ralph Spaccatutto e Ralph Spacca Internet. In quest'ultimo film in particolare, appare come una sorta di stalker, l'emblema di una maschilità «tossica» che desidera soltanto il possesso della donna. Discorso molto simile per Maui di Oceania. Qui, dice la Arnaldi, «la Disney mostra l'identità maschile in piena crisi. Non si tratta soltanto di uomini, ma perfino di dei. Sembra proprio che non ci sia salvezza per il maschio che non incontra una donna, quali che siano la sua età e la loro relazione. Anche l'amore vero scompare in questo film, sostituito dal desiderio di una realizzazione personale».Nei cartoni animati che entusiasmano milioni di bambini i personaggi maschili sono sostanzialmente dei perdenti. Le nuove fiabe disneyane politicamente corrette li presentano così, come bruti che, senza una donna a salvarli, finirebbero per distruggere sé stessi, gli altri e forse anche il mondo. Il problema è che questa è esattamente l'immagine del maschio attualmente dominante, quella che tutti i mezzi di comunicazione diffondono. E se pure gli adulti di domani stanno crescendo con modelli come Ralph o Maui, viene da pensare che il futuro, per gli uomini, non sia del tutto roseo. I maschi, probabilmente, non vivranno felici e contenti.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)