2020-10-26
Adolfo Urso: «I nuovi colonizzatori accelerano però mezzo governo sta con loro»
Il vicepresidente del Copasir: «I ministri Guerini e Di Maio sembrano più consapevoli dei rischi, ma resta molto forte l'influenza “aperturista" di Grillo tra i 5 stelle e di Prodi nel Pd verso gli investimenti orientali».«La Cina è tornata a crescere e chiuderà anche il 2020 in positivo con +2% mentre l'Europa è in una fase di grave recessione e segnerà -7%. Persino l'economia degli Stati Uniti è in affanno. Pechino potrebbe approfittarne per accelerare la colonizzazione predatoria. Se oggi non ci tuteliamo, rischiamo di essere dominati domani». Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), più volte ha messo in guardia dal pericolo cinese anche quando una parte della politica indicava, invece, i vantaggi di una apertura verso il Dragone: «Ora tenere la guardia alta è ancora più importante. Il pericolo per l'economia europea e in particolare per quella italiana, strategica nell'area del Mediterraneo, è maggiore».Il Covid ha mutato i rapporti di forza tra i blocchi politici mondiali?«L'economia della Cina ha ripreso a marciare ed è aumentato il divario con il resto del mondo, in drammatica crisi per il contagio».Un vantaggio pericoloso. Pechino ne approfitterà?«Il sistema totalitario ha consentito al governo cinese di estendere il controllo assoluto del territorio, giustificato ovviamente dalla necessità di fermare la diffusione del Covid-19, con misure tali da aumentarne il controllo sociale e reprimere ogni dissenso interno. La loro economia dopo una prima significativa flessione ha ricominciato subito a crescere. Il pericolo che approfitti di questo accresciuto vantaggio per espandere la propria influenza è reale. Ma è anche vero che se la Cina ha allungato il passo, nel mondo c'è maggiore consapevolezza del pericolo che essa rappresenta».Abbiamo gli anticorpi contro gli assalti cinesi?«Il lockdown è stato un acceleratore della storia. Con la minaccia della pandemia in pochi giorni si sono prese decisioni per le quali sarebbero serviti anni di discussioni. Come la condivisione del debito pubblico con gli eurobond, la rapidità con cui è stato sospeso il patto di stabilità, la politica industriale per arginare l'invasione delle acquisizioni straniere con le misure europee sullo screening degli investimenti esteri, l'estensione della Golden power, le misure di protezione del sistema infrastrutturale europeo. Tutto è accaduto in pochi giorni anticipando una rivoluzione sociale e produttiva che si sarebbe dispiegata in decenni».Il Covid ha accelerato anche la competizione tra Cina ed Europa?«Proprio così. Era chiaro ai più avveduti che era una sciocchezza firmare quell'accordo sulla Via della seta quando gli Usa si stavano ponendo il problema di come fermare l'avanzata cinese. È passato poco più di un anno e oggi, in Europa, le posizioni verso Pechino si sono irrigidite. Persino la Svezia liberista ha bandito la tecnologia cinese del 5G; Gran Bretagna, Germania, Francia, prima riluttanti, hanno predisposto severe misure per tutelare le infrastrutture tecnologiche dalla minaccia del Dragone».La pandemia ci ha aperto gli occhi sul pericolo cinese?«Ci ha resi più consapevoli. L'India, una volta leader dei cosiddetti “non allineati", ora ha scelto di schierarsi con il mondo occidentale, di allearsi con gli Stati Uniti per arginare la minaccia cinese. E con essa, tutti i Paesi attorno alla Cina, persino il Vietnam comunista. È vero che la Cina sta approfittando del Covid per aumentare il proprio predominio tecnologico, produttivo, commerciale, scientifico e anche militare, ma il mondo si è risvegliato. Molti si sono resi conto dei rischi».Con Joe Biden gli Usa cambierebbero strategia?«No: utilizzeranno forse un linguaggio diverso ma la sostanza non cambierà, perché il pericolo è sistemico e se ne sono resi conto anche coloro che pensavano che in fondo “il denaro non ha colore". Invece il denaro ha colore, come dimostra quel che è accaduto ai Paesi che sono caduti in tentazione, per esempio entrando nella spirale del debito nei confronti della Cina. Gli investimenti cinesi sono sempre “predatori" perché rispondono a una regia statuale che ha un progetto espansionista, innanzitutto per il dominio del mare, delle infrastrutture, fisiche e immateriali, del pianeta».La Cina ha puntato a penetrare nei porti italiani a cominciare da Taranto nell'indifferenza della politica se non addirittura con il favore del M5s. Le infrastrutture portuali sono a rischio?«Negli ultimi mesi si è parlato tanto e giustamente del 5G, proprio perché il Copasir ha lanciato l'allarme. E sembra che finalmente anche il governo abbia imboccato, anche se con troppe titubanze, la strada giusta. Ora i riflettori sono sull'altro grande asset: i porti. Il post con cui Grillo, ancora una volta, sposa la tesi dell'importanza di lasciare alla Cina i porti di Taranto e di Gioia Tauro ci fa capire che sarà un tema decisivo nei prossimi mesi. L'obiettivo dei cinesi è controllare la triangolazione Taranto, Brindisi, Gioia Tauro. E fare della Puglia una piattaforma logistica, commerciale, economica e produttiva cinese. Peraltro, il porto di Taranto è centrale nella difesa militare dell'Alleanza atlantica. I fondi cinesi sono già presenti in Cdp reti e in Ansaldo energia e si nota una convergenza di investimenti cinesi proprio nell'area di Taranto, come se ciò rispondesse a una precisa regìa e non solo ai vantaggi fiscali che il governo ha ritenuto di conferire. Sullo sfondo resta sempre l'Ilva, oggi nelle mani degli indiani che vorrebbero uscirne: chissà che in futuro non possa parlare mandarino».I porti sono più strategici delle telecomunicazioni?«Lo sono in egual misura. L'Italia è al centro dell'attenzione internazionale. Siamo il terminale della Via della seta e quindi il confine tra l'Occidente e l'Asia, siamo nel cuore del Mediterraneo dove tornano gli Imperi: la Turchia di Erdogan e la Russia di Putin, persino l'Iran, cioè l'antica Persia che punta al Libano. L'Italia è l'epicentro dei nuovi conflitti globali; è in atto un conflitto per la supremazia sulle infrastrutture e sul sistema finanziario bancario che sono i due polmoni del Paese. Infrastrutture materiali, cioè porti e autostrade, e infrastrutture immateriali, come la rete unica a fibre ottiche e il 5G, sui quali incombe la presenza cinese e non solo. E, allo stesso tempo, il sistema bancario e assicurativo, da sempre obiettivo dei francesi. È evidente a tutti quali siano gli attori in campo e quale la posta in palio. Non possiamo cedere la nostra sovranità. Il controllo di questi hub significa il controllo della spina dorsale del Paese e degli accessi in Europa».Il governo ha capito?«In parte. Il ministro Guerini e oggi anche Di Maio mi sembrano più consapevoli. Nel Pd, però, resta forte l'influenza di Romano Prodi, da sempre aperturista sulla Cina, e del cosiddetto “partito francese" sul fronte finanziario. Nel M5s Conte sembra attento a non scontentare Grillo che, improvvisamente, tre anni fa, si è “convertito" sulla via di Pechino, che aveva sempre aspramente criticato. Ma si sa, anche le vie del Signore cinese sono infinite».
Ecco #DimmiLaVerità del 9 settembre 2025. Il deputato di Azione Fabrizio Benzinai commenta l'attacco di Israele a Doha, la vicenda di Flotilla e chiede sanzioni nei confronti dei ministri di Israele.
Nel riquadro il professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana (iStock)
Il 10 ottobre Palermo celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale con eventi artistici, scientifici e culturali per denunciare abbandono e stigma e promuovere inclusione e cura, su iniziativa della Fondazione Tommaso Dragotto.
Il 10 ottobre, Palermo non sfila: agisce. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la città lancerà per il secondo anno consecutivo un messaggio inequivocabile: basta con l’abbandono, basta con i tagli, basta con lo stigma. Agire, tutti insieme, con la forza dei fatti e non l’ipocrisia delle parole. Sul palco dell’evento – reale e simbolico – si alterneranno concerti di musica classica, teatro militante, spettacoli di attori provenienti dal mondo della salute mentale, insieme con tavoli scientifici di livello internazionale e momenti di riflessione pubblica.
Di nuovo «capitale della salute mentale» in un Paese che troppo spesso lascia soli i più fragili, a Palermo si costruirà un racconto, fatto di inclusione reale, solidarietà vera, e cultura della comunità come cura. Organizzato dalla Fondazione Tommaso Dragotto e realizzato da Big Mama Production, non sarà solo un evento, ma una denuncia trasformata in proposta concreta. E forse, anche una lezione per tutta l’Italia che alla voce sceglie il silenzio, tra parole come quelle del professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana che ha detto: «I trattamenti farmacologici e psicoterapici che abbiamo oggi a disposizione sono tra i più efficaci tra quelli disponibili in tutta la medicina. È vero che in molti casi si parla di trattamenti sintomatici e non curativi, ma molto spesso l’eliminazione del sintomo è di per sé stesso curativo. È bene - continua Fiorillo - diffondere il messaggio che oggi si può guarire dai disturbi mentali, anche dai più gravi, ma solo con un approccio globale che miri alla persona e non alla malattia».
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